Idee Elezioni nei Paesi Bassi

La “Nexit” è scongiurata, ma il paese è diviso più che mai

La diga contro Geert Wilders ha tenuto, ma le idee del leader populista e xenofobo ossigenato si ritrovano nei discorsi dei vincitori, a cominciare dai liberali del premier uscente Mark Rutte. Che dovrà faticare non poco per formare una coalizione di governo.

Pubblicato il 16 Marzo 2017 alle 16:10

Questa mattina i grandi mezzi d’informazione olandesi e internazionali hanno accolto con entusiasmo i risultati delle elezioni legislative nei Paesi Bassi. Finalmente una vittoria “contro il populismo”, dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump. La valanga di voti annunciata per Geert Wilders non c’è stata; la maionese antieuropea del candidato nazional-populista non ha preso. Il leader del Pvv ha soprattutto pagato lo scotto della sua assenza dai dibattiti in pubblico. Ha partecipato a poche riunioni e organizzato pochissimi comizi, preferendo riservare i suoi interventi ai social media. Una strategia che si è rivelata fallimentare.

Eppure, guardando la situazione da vicino, ci si rende conto che le cose sono un po’ più sfumate. Dopo quasi sette anni al potere il premier liberale Mark Rutte è riuscito a mantenersi, con 33 seggi (sui 150 della Camera bassa). Malgrado questo egregio risultato Rutte è stato pesantemente sanzionato dagli elettori olandesi: i partiti che formano la maggioranza uscente hanno perso quasi il 50 per cento dei voti!

È una sconfitta ma, siccome il suo partito, il Vvd, rimane il primo, il premier l’ha trasformata in vittoria. Il pessimo risultato del governo uscente può sorprendere. Il paese se la cava abbastanza bene, soprattutto se paragonato all’Italia o alla Francia. La disoccupazione è bassa (intorno al 5 per cento), l’orario di lavoro è fra i più bassi al mondo (29 ore settimanali), la ricchezza è distribuita in modo tutto sommato abbastanza equo, le carceri chiudono per mancanza di detenuti e gli olandesi sono fra i popoli più felici del pianeta.

“Abbiamo fermato il populismo cattivo” ha dichiarato Rutte una volta conosciuti i primi risultati, sottointendendo che la sua politica sarà invece un tipo di populismo buono e accettabile. E non ha torto: durante la campagna il Vvd e i cristiano-democratici della Cda hanno integrato un tale numero di espressioni e di idee del leader ossigenato da essere ormai diventati dei partiti populisti “light”. Una tendenza rafforzata dall’apparizione del Forum per la democrazia (FvD), una versione intellettuale ma ancora più virulenta del Pvv, guidata dallo storico e polemista Thierry Baudet, che ha ottenuto due seggi.

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L’aspetto più importante di questa tornata elettorale è senz’altro l’ottimo risultato dei due partiti più filoeuropei: la Sinistra verde (GL) e i social-liberali di D66. Soprannominato “il Jessia”, il leader di Gl, il trentenne Jesse Klaver, ha compiuto una campagna perfetta. Con 14 seggi ha quasi quadruplicato la presenza in parlamento del suo partito, un record assoluto per Gl. Con il suo discorso ottimista e aperto verso gli stranieri e l’esterno, D66 (19 seggi) guadagna voti per la nona volta consecutiva ed è praticamente assicurato di far parte della prossima coalizione di governo. A votare per questi due partiti sono state soprattutto le grandi conurbazioni.

Come al solito in questo paese in cui le coalizioni sono la regola, il paesaggio politico è estremamente frammentato. Per formare una coalizione Rutte dovrà scegliersi i partner fra i tredici partiti che saranno presenti nella nuova Camera. Oggi si è svolta la prima fase, quella di esplorazione, ed è cominciata quella di informazione, affidata a Edith Schippers (Vvd), che precede la formazione del governo. Ma Rutte ha già messo in guardia sulla la complessità dei negoziati e detto di temere che “durino molto più a lungo dell’ultima volta”. Nel 2012 Rutte aveva avuto bisogno di quasi due mesi per formare il suo governo con i socialdemocratici del PvdA, che hanno subìto ieri la loro peggiore sconfitta, passando da 38 a 9 seggi.

All’epoca i due partiti disponevano di una maggioranza chiara. Oggi la situazione è diversa. Rutte dovrà trovarsi almeno altri due partner di coalizione : il Cda e D66, che hanno ottenuto 19 seggi entrambi. Ma gli occorrono almeno altri cinque seggi per ottenere la maggioranza. Poiché ha categoricamente escluso una coalizione con il Pvv, gli rimangono diverse opzioni: Gl, con 14 seggi (ipotesi più probabile) oppure, meno probabile ma non del tutto esclusa, i Cristiano ortodossi o il Partito per gli animali. Non è detto però che riesca a convincerli: dopo il tracollo degli alleati del PvdA tutti sanno che è estremamente rischioso formare un governo con Rutte.

All’indomani delle elezioni la “Nexit”, l’uscita dei Paesi Bassi dall’Ue propugnata da Wilders, è scongiurata, ma il pericolo populista è lungi dall’essere stato sconfitto e il paese è più diviso che mai.

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