Roma, 14 ottobre. Manifestazione davanti alla Camera dei deputati.

La democrazia è stanca

La crisi ha mostrato i limiti della politica di fronte allo strapotere dell'economia e i movimenti popolari denunciano la distanza dei sistemi occidentali dai loro cittadini. Il modello rappresentativo non è più inattaccabile.

Pubblicato il 14 Ottobre 2011 alle 14:40
Roma, 14 ottobre. Manifestazione davanti alla Camera dei deputati.

Con gli indignados di Wall Street, il malcontento popolare scatenato dalla crisi interessa ormai tutto lo spettro politico e geografico, dagli Stati Uniti alla Grecia. A prima vista si tratta di due casi ben distinti tra loro. Mentre la Grecia di Papandreou è in crisi a causa di uno stato clientelare e inefficiente che si è indebitato a più non posso, gli Stati Uniti di Obama sono vittima dei mercati finanziari che hanno portato l’economia al collasso. Per semplificare, potremmo parlare in un caso di un fallimento statale, nell’altro di un fallimento del mercato.

Tuttavia, visti i tempi che corrono, Grecia e Stati Uniti si assomigliano ben più di quanto si potrebbe immaginare. Atene e Washington sono entrambe culle della democrazia. La Grecia inventò la democrazia diretta, gli Stati Uniti la democrazia rappresentativa. Questo ideale, illustrato a meraviglia in due testi di una somiglianza impressionante – l’orazione funebre di Pericle e il discorso di Lincoln a Gettysburg – oggi è rimesso completamente in discussione.

La democrazia diretta è stata la prima a degenerare in populismo, demagogia e ingovernabilità. Non stupisce che, vedendo la tragica fine di Socrate, obbligato a bere la cicuta, i padri fondatori degli Stati Uniti non abbiano voluto parlare di democrazia e abbiano preferito descrivere il loro sistema politico come “governo rappresentativo”, in altre parole un regime nel quale più che permettere alla popolazione di autogovernarsi le si accorda il potere di eleggere e destituire i suoi stessi governanti in modo regolare, per tutelare le proprie libertà.

Malgrado tutte le sue carenze, questo sistema di governo ha avuto un enorme successo. Almeno nella nostra comunità politica e geografica, la democrazia rappresentativa ha trionfato sia sul fascismo che sul comunismo, e anche se su di essa continuano a incombere minacce populiste e nazionaliste l’abbinamento di governi rappresentativi ed economie di mercato in genere ha dato luogo a società aperte, rispettose delle libertà e della diversità.

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Il problema nasce dal fatto che la democrazia rappresentativa è diventata non solo inestirpabile dall’esterno, ma anche dall’interno, perché la democrazia diretta non è un’alternativa valida per governare società complesse come le nostre. In questo processo, la democrazia si è sclerotizzata proprio nel suo punto centrale, la rappresentatività dei governi nei confronti delle domande dei governati.

Crisi di sistema

Col tempo, questi governi si sono fatti prendere in trappola da due fattori: da un lato, i partiti hanno trasformato i nostri sistemi politici in partitocrazie, governate da una classe politica che non rende conto a nessuno del proprio operato e non è trasparente; dall’altra, i mercati hanno sottomesso il potere politico ai loro interessi, diventando una sfera di potere autonomo e indipendente. Il risultato è che l’interesse collettivo è relegato in secondo piano, come principio ispiratore delle politiche pubbliche, mentre l’obbligo di rendere conto del proprio operato diventa inefficace come meccanismo di controllo dei cittadini. Così, mentre dal punto di vista quantitativo le democrazie trionfano nel mondo, dal punto di vista qualitativo si sono considerevolmente deteriorate.

In maggioranza, i nostri paesi oggi sono democrazie sotto tutti gli aspetti, ma sono ben lungi dall’avere le qualità della democrazia alle quali aspirano i cittadini. Nei periodi di crescita economica, quando i problemi di redistribuzione erano più facili a risolversi, la tensione implicita tra efficacia e rappresentatività si risolveva facilmente a favore della prima e a discapito della seconda. Ma quando la crisi economica ha colpito con tutta la sua forza, i nostri sistemi politici sono stati messi letteralmente a nudo: la loro incapacità di amministrare l’economia (vuoi per incompetenza, vuoi perché le questioni vanno al di là della sfera nazionale) è ormai sotto gli occhi di tutti, come pure la loro insufficienza rappresentativa e la loro sottomissione ai poteri dei mercati, i cui eccessi si dimostrano incapaci di regolamentare.

L’ideale democratico ateniese è fallito, ed erano occorsi secoli e secoli perché fosse messo a punto. Quanto alla democrazia rappresentativa, anche se non è sottoposta a un attacco dall’esterno, entrerà in una grave crisi interna se non riuscirà a regolamentare la crisi della rappresentanza e a governare efficacemente i mercati nell’interesse generale. Da Atene a Wall Street, l’ideale della democrazia sta lottando per sopravvivere. (traduzione di Anna Bissanti)

Verso il 15 ottobre

Il movimento diventa globale

"Indignati di tutti i paesi, unitevi!", scrive Adevărul parafrasando il Manifesto del partito comunista in occasione della prima manifestazione internazionale indetta per il 15 ottobre in più di 80 paesi. "Quella che all'inizio era solo una manifestazione locale è diventata un fenomeno globale contro la dittatura delle banche. Dopo la nascita in Spagna e l'esaltazione in Italia, gli indignati internazionali sono convinti che il 15 ottobre rappresenterà un nuovo impulso al cambiamento mondiale".

Secondo Le Temps "diversamente dal movimento altromondista, che chiedeva giustizia per i paesi poveri dell'emisfero sud, gli indignati rispondono a preoccupazioni su scala locale proprie dell'Europa e degli Stati Uniti, falcidiati dalla crisi finanziaria, dalla recessione e dalla crisi del debito".

"Le prime vittime della Grande Depressione, cioè i giovani, mirano più in alto. Da temerari, lanciano una sfida globale contro la superpotenza finanziaria", scriveva Gad Lerner su Repubblica. "Se la primavera araba ha abbattuto dei tiranni decrepiti, l’autunno occidentale si misura con l’anonimato di un’altra tirannia che traballa: i dogmi di un’economia incapace di distribuire equamente il benessere".

Se in Italia diverse centinaia di persone hanno manifestato davanti alla sede della Banca d'Italia a Roma e a quella della Goldman Sachs a Milano, in Germania bisognerà ancora attendere. Come spiega Die Welt, "in confronto all'Italia e alla Francia, in Germania la cultura della resistenza è meno sviluppata e gli scioperi politici sono spesso 'criminalizzati'. […] Fino a quando le conseguenze della crisi sui cittadini rimarranno astratte, la Germania si limiterà alla sua cultura di protesta borghese e provinciale, improntata al credo ' Think local, act local'”.

Tags
Ti è piaciuto questo articolo? Noi siamo molto felici. È a disposizione di tutti i nostri lettori, poiché riteniamo che il diritto a un’informazione libera e indipendente sia essenziale per la democrazia. Tuttavia, questo diritto non è garantito per sempre e l’indipendenza ha il suo prezzo. Abbiamo bisogno del tuo supporto per continuare a pubblicare le nostre notizie indipendenti e multilingue per tutti gli europei. Scopri le nostre offerte di abbonamento e i loro vantaggi esclusivi e diventa subito membro della nostra community!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni il giornalismo europeo indipendente

La democrazia europea ha bisogno di una stampa indipendente. Voxeurop ha bisogno di te. Abbònati!

Sullo stesso argomento