La manifestazione del 16 ottobre 1989 a Lipsia (Deutsches Bundesarchiv)

Il muro è caduto a Lipsia

Berlino e il suo muro sono il simbolo della fine del comunismo in Europa. Tuttavia è nella capitale della Sassonia che il 9 ottobre 1989 il muro ha cominciato a vacillare. Senza la grande manifestazione di quel giorno, ricorda Die Zeit, la storia sarebbe stata diversa.

Pubblicato il 9 Ottobre 2009 alle 12:04
La manifestazione del 16 ottobre 1989 a Lipsia (Deutsches Bundesarchiv)

Tutti gli avvenimenti della storia del mondo sono raccontati due volte: la prima come racconto storico, la seconda come evento, disincantato e ironico. Oggi siamo piuttosto scettici nei confronti degli eroi, perché abbiamo imparato a diffidare dell'eroismo come effetto secondario della guerra e della dittatura. Finora si preferiva ridurre la cosiddetta "Wende" ["la svolta", periodo della transizione democratica in Germania orientale] alla caduta del muro di Berlino, quasi come un miracolo arrivato dal cielo. Ma sulle commemorazioni limitate alla capitale è sempre rimasta l'ombra di una bugia, perché il momento più drammatico non è stato al Politburo, ma a Lipsia.

È qui che, il 9 ottobre, lo stato si è trovato per la prima volta nell'incapacità di reagire, quando 70mila persone hanno invaso la città e paralizzato l'apparato repressivo. Questo evento ha dato coraggio a tutto il paese e demoralizzato il potere. In effetti, si può dire che il muro è caduto a Lipsia. Senza il 9 ottobre non ci sarebbe stato il 9 novembre. Oggi, in occasione del ventesimo anniversario della caduta del muro, cominciamo a rendercene conto.

Rivoluzione pacifica

Si mostrano sempre meno le scene trionfali di abbracci sul muro a Berlino, e sempre di più il flusso irreale degli abitanti di Lipsia che scorre tranquillamente. L'espressione "die Wende", questa invenzione del penultimo presidente del Consiglio di stato Egon Krenz, comincia a essere utilizzata per indicare quello che realmente significa: non la caduta del muro, ma una rivoluzione pacifica. La leggenda della rivoluzione ha un obiettivo serio – sottolineare il coraggio dimostrato dai sassoni e la vigliaccheria di molti altri tedeschi, scesi in piazza troppo tardi. Questa leggenda vuole che un'automobile con un distintivo del distretto del nord, forse la "I" di Berlino, la capitale della Ddr, sia arrivata a una stazione di servizio di Lipsia, nel settembre/ottobre 1989.

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I benzinai sassoni si sarebbero rifiutato di dare la benzina dicendo: "tornate dopo essere andati a manifestare!" Non sappiamo se la storia sia andata realmente così, ma la disputa dura da 20 anni: qual è la vera città eroica? Lipsia o Berlino? Questa disputa ha assunto importanza quando si è parlato della costruzione del monumento all'unità. Gli abitanti di Lipsia si sono sentiti dimenticati e hanno dovuto essere calmati con una sovvenzione di 15 milioni di euro per erigere il loro memoriale. Ciò non ha risolveto una disputa che ha radici profonde, che risalgono all'epoca della Ddr, quando il disprezzo per la capitale era alimentato dalla collera verso il potere dello stato e dalla gelosia di fronte ai privilegi di cui godevano i berlinesi dell'est.

L'oblio di Lipsia

La "vetrina sull'occidente" era stata preparata a fini propagandistici con prodotti rari nel resto del paese. In provincia si riteneva che i berlinesi fossero leali con il sistema perché erano materialmente vicini al potere, un'idea che prese forza nel 1989: gli abitanti della capitale erano in ritardo rispetto agli altri. La loro più grande manifestazione, il 4 novembre, era stata autorizzata. Oggi la concorrenza tra le due città è alimentata dal fatto che Berlino è diventata il simbolo della riunificazione. È vero che il muro di Berlino simboleggiava la divisione tedesca, ma chi l'ha preso d'assalto ballando non può mascherare il silenzio angoscioso che regnava quel giorno là dove tutto si è deciso.

La paura è un po' caduta nell'oblio perché esistono poche immagini delle prime manifestazioni del lunedì che si sono svolte da settembre al 9 ottobre 1989. I giornalisti occidentali aveva l'accredito solo per Berlino. Inoltre era pericoloso filmare, come mostrano le immagini girate in segreto. Si vedono la folla dispersa e la repressione sui manifestanti accerchiati. Quello che non si vede sono la mezza dozzina di carri armati, il nervosismo dei Bereitschaftspolizei e la minaccia di morte che aleggiava dopo che Egon Krenz aveva giustificato il massacro di Pechino durante una visita in Cina alla fine di settembre. La gente non si è fatta fermare da queste minacce e questo è il suo grande merito.

Gli eroi silenziosi

Ironia della storia, i funzionari del Sed [il partito unico della Germania orientale] a Lipsia e i dirigenti berlinesi hanno rivendicato il merito dello svolgimento pacifico della manifestazione del 9 ottobre. Egon Krenz, che ha telefonato alla fine della manifestazione per dare la sua approvazione alla "decisione" di non ricorrere alle armi, merita di figurare tra i falsificatori più sfrontati di questa storia. In realtà questa decisione non è mai stata confermata. Molti elementi tendono a dimostrare che solo l'assenza di ordini ha impedito una risposta sanguinosa. Dobbiamo ancora dare il giusto valore agli eroi di questa lotta. In realtà non c'era alcuna differenza tra Berlino e Lipsia, la rete di dissidenti si estendeva a tutta la repubblica.

In settembre alcuni berlinesi hanno partecipato alle prime manifestazioni di Lipsia, e all'inizio di ottobre alcuni abitanti di Lipsia si sono recati a Berlino. Non esistono immagini di tutte le manifestazioni di quell'autunno, ma c'è stato un numero incalcolabile di città e di villaggi eroici. E se oggi alcuni di essi non sono celebrati, questo si spiega con la natura di questi rivoluzionari pacifici, che non hanno accompagnato i loro atti rivoluzionari con alcuna rivendicazione. Il coraggio era la loro arma, la calma la loro tattica, l'umiltà la loro strategia. Riconosciamo gli eroi del 1989 dal fatto che non volevano essere chiamati eroi.

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