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È il momento dell'Unione

Riunire i cinque stati del nord d’Europa sotto un’unica corona: è l’idea lanciata su Dagens Nyheter del 27 ottobre dallo storico svedese Gunnar Wetterberg, che riprende un vecchio progetto adattandolo all’economia moderna. Ma non tutti sembrano d'accordo.

Pubblicato il 2 Novembre 2009 alle 15:17
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Le prospettive per il futuro di un’Unione nordica, se mai sarà realizzata, sono indubbiamente rosee. I cinque paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia) contano complessivamente oltre 25 milioni di abitanti. Nel 2006 il loro Pil complessivo ha superato i 1.200 miliardi di dollari (circa 800 miliardi di euro), il che fa dell’area nordica la decima economia mondiale subito dietro a Canada e Spagna e ben prima di Brasile e Russia.

Sarebbe ora che questa unione nascesse davvero. L’ultima crisi finanziaria sembra aver rafforzato la cooperazione politica internazionale e i controlli. In un tale contesto, è essenziale partecipare ai colloqui internazionali ad alto livello. La Federazione nordica avrebbe diritto a un posto nella maggior parte dei vertici.

I paesi nordici avrebbero molto di più da offrire se l’economia di ciascuno godesse del sostegno dei vicini. Al momento, i paesi più piccoli sono spesso troppo dipendenti da pochi settori o mercati. Quando l’Unione Sovietica si è disgregata, la Finlandia si è trovata in difficoltà. Oggi, invece, sono la Svezia e la sua industria automobilistica a essere in cattive acque. Finché ognuno di questi paesi sarà costretto a sbrogliarsela da solo i rischi saranno inevitabili. In Finlandia la Nokia e l’industria del legno sono il cuore dell’economia. La Norvegia ha una manifattura molto fragile. Un’unione di questi paesi conferirebbe stabilità a questo insieme eterogeneo e offrirebbe più opzioni ai giovani nordici nella scelta della loro professione.

Occorrerà senza dubbio attendere numerose generazioni prima che la coesione europea diventi una realtà, e in tale ambito un’Unione nordica potrebbe difendere più energicamente i valori e gli interessi del nord del continente. I responsabili politici della regione saranno tentati di dedicarsi di più all’Ue, quando i posti chiave alla Commissione e al Parlamento saranno maggiormente alla loro portata. Ma come arrivarci?

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Parlamento federale

Non sarebbe realistico intraprendere direttamente un cammino che porti alla creazione di un unico stato e neppure auspicabile, dato che ogni paese ha sue caratteristiche e peculiarità che meritano di rimanere indipendenti. Più naturale sarebbe iniziare a costruire una comunità nella quale i cinque paesi diventino membri alla pari.

In un primo tempo, l’Unione nordica dovrebbe essere oggetto di un negoziato tra i governi, che approdi a un consenso unanime. Poi si potrà forse puntare a una federazione dotata di una struttura bicamerale – con una camera bassa eletta con scrutinio proporzionale e liste transnazionali, e un senato nel quale le dimensioni di ogni paese avrebbero un ruolo minore nella ripartizione dei seggi. La comunità così creata dovrebbe avere un unico leader. La regina di Danimarca Margrethe II pare una scelta naturale: il suo nome è una garanzia, e in ogni paese diverrebbe la seconda sovrana, quella dell’Unione. Qualora invece ciò non dovesse risultare gradito agli altri paesi, il suo posto potrebbe in seguito essere occupato a rotazione da esponenti degli stati membri – come accade in Malesia dove sette sultani si alternano alla testa della federazione – a patto che l’amministrazione resti stabile.

Il problema della lingua

La lingua è uno dei prerequisiti essenziali di questa Unione, ma è un problema: un soluzione potrebbe essere quella di insegnare una seconda lingua nordica agli scolari dalle elementari in poi, che vada ad aggiungersi a quella materna.

Di norma, sarebbe sufficiente pubblicare tutti i documenti ufficiali in due lingue, il finlandese e un’altra lingua scandinava, anche se l’islandese può apparire un po’ enigmatico.

L'idea dell'Unione non è un'utopia, tanto più che nel corso degli ultimi decenni l’arroganza svedese è sfumata, l’economia norvegese è quella in migliori condizioni, la Finlandia è il paese più avanti nella ricerca e nel processo di modernizzazione e la Danimarca ha saputo affrontare efficacemente le ristrutturazioni economiche.

I responsabili politici odierni potrebbero riportare in vita l’unione di Kalmar (fusione dei regni di Svezia, Norvegia e Danimarca, che ebbe vita dal 1397 al 1524). Sul piano politico l’impresa sarebbe sicuramente di proporzioni colossali, ma il gioco varrebbe la candela. Meglio tardi che mai.

FEDERAZIONI

Un progetto irrealistico

Secondo Hans Mouritzen, politologo dell’Istituto danese di studi internazionali, l’idea di un’Unione nordica è irrealistica. Le divergenze di opinione tra gli scandinavi e gli stati baltici siano troppo profonde, soprattutto su politica estera e difesa. Anche nella sfera economica ci sono conflitti di interesse non trascurabili, e gli allevamenti ittici ne sono soltanto un esempio. Mouritzen ritiene che gli svedesi sarebbero diffidenti all’idea di costituire un’Unione con la monarchia danese che, fino all’indipendenza conquistata dalla Svezia nel 1523, dominò l’intera regione.

Il fascino della federazione sta comunque guadagnando terreno, non soltanto al nord, ma anche al sud del continente europeo. Rzeczpospolita scrive che la dibattuta “Unione iberica” tra Portogallo e Spagna gode dell’approvazione del 40 per cento dei portoghesi e del 30 per cento degli spagnoli. “Una federazione con la Spagna ci consentirebbe di emergere dall’ombra, di aprirci all’Europa, al Mediterraneo, alla Francia” ha dichiarato João Guerreiro, politologo dell’università di Lisbona. Nei Balcani si parla di ricostituire l’ex Jugoslavia, perfino tra gli sloveni che furono i primi a entrare nell’Ue e nella Nato e ad adottare l’euro. Anche Repubblica Ceca e Slovacchia, separatesi dal 1993, vorrebbero tornare insieme. “Una grande maggioranza di cechi e di slovacchi sarebbe favorevole a una federazione, ma i politici hanno deciso altrimenti” osserva Matusz Kostolny, direttore del quotidiano Sme.

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