Manifestazione degli operai Opel ad Anversa, 23 settembre 2009. (Afp)

Gm lascia a piedi Berlino

La decisione della General Motors di annullare la cessione della Opel al consorzio russo-canadese Magna-Sberbank, desiderata da Berlino, ha provocato reazioni contrastanti in Europa. Mentre in Germania esplode l'indignazione, altrove si sottolinea che l'intervento del governo tedesco era stato perlomeno inopportuno, anche se la sua reazione è comprensibile.

Pubblicato il 5 Novembre 2009 alle 17:21
Manifestazione degli operai Opel ad Anversa, 23 settembre 2009. (Afp)

Davvero un brutto inizio per il governo tedesco, nota la Süddeutche Zeitung, che ricorda come l'appena rieletta cancelliera Angela Merkel abbia ricevuto la notizia di ritorno da Washington dove era intervenuta al Congresso. Il quotidiano di Monaco parla dello “stupore sull'aereo” di un governo ridicolizzato. La Tageszeitung attribuisce la strumentalizzazione dell'affare Opel da parte di Angela Merkel alla campagna elettorale tedesca: “I tedeschi, che pretendono di essere aperti al mondo, hanno mostrato il loro lato peggiore. Gli americani? Mercanti turbo-capitalisti . Gli italiani? Venditori di tappeti attirati dalle sovvenzioni statali tedesche. Gli altri europei, con le loro fabbriche Opel? Non ci interessano. Contano solo i lavoratori tedeschi”. La Frankfurter Allgemeine Zeitung rincara la dose titolando sulla “fallita politicizzazione” dell'accordo Gm-Magna da parte di una cancelleria che ha voluto intromettersi a ogni costo nell'economia di mercato.

Lo stupore domina anche in altri paesi europei: “L'America sorprende l'Europa”,titola La Tribune, che ricorda che raramente una questione di mercato aveva scatenato “simili reazioni politiche e diplomatiche”, da Berlino a Mosca, passando per Madrid e Bruxelles. Il timore principale, sottolinea il quotidiano economico francese, sono i licenziamenti di massa. Peggio, fa notare la Vanguardia, “la fredda determinazione strategica di Washington di non permettere l'operazione tedesca, contrasta con la disorganizzazione europea dove ogni paese difende le proprie fabbriche manifestando disinteresse per qualunque politica sovranazionale”. La Tribune spiega inoltre che “se gli europei hanno reagito così male dipende dai fantasmi di Vilvoorde e dalla chiusura della grande fabbrica Renault in Belgio nel 1997” e dei tremila licenziamenti che ne seguirono. Ecco perché, prevede La Libre Belgique, “ci sarà presto una mobilitazione anti Gm nel vecchio continente”, dove nei paesi che ospitano fabbriche Opel si attendono grandi manifestazioni. “In questa lotta impari le Fiandre si schierano a difesa degli interessi della fabbrica di Anversa”, in cui lavorano seicento persone e il cui futuro è minacciato.

In realtà, scrive su De Morgen l'analista del settore automobilistico Vic Heylen, la ragione principale della decisione presa da Gm riguarda l'interesse americano per il mercato russo: “Per la Gm era impensabile lasciare quel mercato al consorzio Magna-Sberbank, che lo ha messo al centro del suo business plan”. Da parte spagnola c'è maggiore ottimismo: la fabbrica Opel di Saragozza non dovrebbe avere problemi, scrive Público, secondo cui “Figueruelas migliora la propria posizione nell'inevitabile processo di ristrutturazione delle fabbriche Opel in Europa”. Enrico Digirolamo, vicepresidente di Gm in Europa, ha assicurato al quotidiano che la fabbrica resterà “centrale” nella futura strategia del gruppo Gm in Europa. In Italia, La Stampa sottolinea la coincidenza dell'annuncio con il rilancio del suo concorrente Chrysler da parte di Fiat, che l'aveva acquistata quest'anno. Il quotidiano del gruppo automobilistico italiano, la cui offerta di acquisto di Opel era stata respinta da Berlino, assapora la rivincita e cita l'amministratore delegato Sergio Marchionne, secondo il quale “Gm ha fatto bene a mantenere il controllo di Opel”.

Secondo il Financial Times crede, “la decisione di Gm è vantaggiosa per l'industria automobilistica europea”. Per il quotidiano economico londinese infatti “la Germania ha fatto di tutto per impedire la ristrutturazione del settore, che attraversa una crisi di sovrapproduzione”, e che “la crisi avrebbe dovuto giocare un ruolo di catalizzatore e accelerare un cambiamento strutturale indispensabile. L'accordo tra Gm e Berlino sfidava la logica commerciale: l'investitore belga Rhj, che Gm aveva preferito in una fase della trattativa, offriva 3,2 miliardi di euro per Opel. Ma Magna sembrava più disposta ad andare incontro alle richieste di Berlino, che chiedeva di distribuire i licenziamenti in proporzioni più elevate negli altri paesi europei. Questa costosa politica protezionistica violava in modo flagrante lo spirito del mercato unico europeo”. Ecco perché, ritiene Handelsblatt, “politica e sindacati non devono frapporre ulteriori ostacoli nel processo di risanamento di Opel”. Anche Rzeczpospolita crede che “le cose sono tornate alla normalità: se Opel dovesse fallire, sarà colpa del mercato e non della politica”.

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