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Consiglio europeo
Chi saranno nominati presidente del Consiglio europeo e capo della diplomazia europea? La risposta in questi giorni. Foto: Tiago Cabral/Flickr

Piccoli negoziati tra amici

Il 19 novembre i leader dei 27 devono scegliere chi presiederà il Consiglio e la diplomazia dell'Ue. Ma quello che avrebbe dovuto essere un passo cruciale della costruzione europea si è trasformato in una fiera delle poltrone, si lamenta la stampa europea.

Pubblicato il 18 Novembre 2009 alle 17:25
Chi saranno nominati presidente del Consiglio europeo e capo della diplomazia europea? La risposta in questi giorni. Foto: Tiago Cabral/Flickr

Uomo o donna? Di destra o di sinistra? Carismatico o riservato? Alla vigilia del summit informale dei leader dell’Unione europea a Bruxelles, si moltiplica la ridda di ipotesi sull’identità del presidente del Consiglio europeo e dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza che dovranno essere eletti. I capi di stato e di governo, che dovranno giungere a un accordo durante una cena, hanno a disposizione “gli strumenti per assegnare le tre cariche più importanti dell’Ue” scrive Jurnalul National, che spiega che tra le capitali europee “le linee telefoniche dirette sono ormai roventi”.

Da Madrid, El País fa notare che “è il caos ad avere la meglio nel processo di elezione del presidente dell’Ue, al punto tale che a Bruxelles si dubita giovedì prossimo di approdare a un risultato certo durante il summit”. “E tutto ciò grazie al paese che presiede l’Ue, la Svezia” ironizza lo Standaard. Il quotidiano belga infatti ritiene che il 9 novembre, quando le autorità di governo si sono incontrate a Berlino, il governo svedese “ha esitato e si è lasciato sfuggire un’occasione storica”, col la quale avrebbe potuto “mettere al suo posto la prima tessera del mosaico”. Poi, il 16 novembre, il ministro degli esteri Carl Bildt, ha liquidato la faccenda con una risposta-cliché: “Non restano che tre giorni: quasi un’eternità, in termini politici”. La procedura di selezione delle nomine rischia dunque di somigliare sempre più a una “partita di flipper”, lamenta il quotidiano.

"Come l'Unione sovietica"

Sulle pagine del Daily Telegraph un diplomatico dell’Europa dell’est deplora invece che “cercare di indovinare chi sarà il presidente del Consiglio europeo è un po' com'era negli anni settanta capire chi fosse in auge o in disgrazia presso il Cremlino. È strano per molti di noi, a venti anni di distanza dalla caduta del muro di Berlino, dover rispolverare le nostre competenze di cremlinologia”, situazione che il quotidiano estone Postimees attribuisce all’assenza di una vera opinione pubblica in Europa.

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Per il momento, il favorito è il primo ministro belga Herman Van Rompuy, ma ci sono altri tre candidati: il primo ministro del Lussemburgo Jean-Claude Juncker e due baltici, la lettone Vaira Vike-Freiberga e il presidente estone Toomas Hendrik Ilves. Quanto alla Polonia, aveva chiesto in via ufficiale – per poi fare marcia indietro – che tutte le candidature fossero ufficiali e le consultazioni organizzate, proposta appoggiata da Vaira Vike-Freiberga, che ha esortato l’Ue a “smettere di funzionare come l’Unione Sovietica”. Non è certo un caso che questa critica delle abitudini europee provenga da “tre esponenti di altrettanti nuovi stati membri, che non hanno ancora compreso il metodo da adottare” osserva Volkskrant. “Nell’arena diplomatica, ciò tende a suscitare sorrisetti subdoli”, rincara il quotidiano olandese, secondo il quale i nuovi stati membri “non sguazzano da neppure mezzo secolo nelle acque di Bruxelles e credono sempre che l’Unione sia un’unione”.

Gorilla nella nebbia

Se la maggior parte dei candidati preferisce “agire nell’ombra”, è perché il corpo elettorale che eleggerà le figure di riferimento dell’Ue “è composto da appena 27 persone”, sostiene Libération. “La sua decisione sarà innanzi tutto l’esito di un delicato equilibrio geografico, politico e di genere, e soltanto in seguito entreranno in gioco le qualità personali degli eletti (…). Le trattative si svolgono pertanto in gran segreto, e la presidenza svedese non nasconde la loro complessità”. Per tutto ciò vi è una spiegazione molto semplice, risponde Die Presse: “Nessuno può perderci la faccia”. “Nulla sarebbe più imbarazzante per questi capibranco che essere ammettere la propria candidatura per poi uscire sconfitti”, analizza il quotidiano viennese, che paragona i politici europei a “gorilla nella nebbia”.

Peccato, si lamenta Libération, che i dirigenti riuniti a Bruxelles sembrino pronti ad affidare a “degli ectoplasmi” due cariche che temevano potessero diventare troppo importanti. “È come stravolgere il corso della Storia su un pianeta di giorno in giorno sempre più interdipendente. L’Europa che sta nascendo appare molto intergovernativa e va paradossalmente in direzione opposta alla logica voluta dal trattato di Lisbona”.

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