Un'immagine di "Karla og Jonas", di Charlotte Sachs Bostrup.

Il segreto del successo danese

Mentre la maggior parte dei governi tagliano i finanziamenti alla cultura, il cinema danese continua a svilupparsi grazie a una politica lungimirante che favorisce le nuove generazioni.  

Pubblicato il 20 Gennaio 2012 alle 17:26
Jens Juncker-Jensen  | Un'immagine di "Karla og Jonas", di Charlotte Sachs Bostrup.

Mentre in Portogallo si continua a discutere sulle politiche di finanziamento per le arti, la Danimarca è diventata uno dei più importanti paesi produttori di film. Come hanno fatto? Semplice, puntando sul pubblico più giovane. Ma perché spendere il denaro dei contribuenti per produrre film? I produttori non possono sbrigarsela da soli? Secondo Henrik Bo Nielson, direttore del Dansk Filminstitut (Istituto del cinema danese), i politici hanno già risposto a queste domande agli inizi degli anni 70, in maniera convincente e lungimirante.

Un tempo in Danimarca il dibattito sui finanziamenti al cinema era particolarmente serrato, ma oggi non è più così. Le risposte di allora prendevano in considerazione le ambizioni dei progetti nazionali, soprattuto quelli destinati ai più giovani. Ambizioni che non hanno smesso di crescere. Tutto ciò si riflette perfettamente in una legge che risale agli anni ottanta e stabilisce che un quarto delle sovvenzioni per il cinema - circa 70 milioni di euro all'anno - venga destinato alle produzioni per bambini e ragazzi.

Le cifre parlano da sole: ogni anno le 162 sale cinematografiche danesi vendono circa 13 milioni di biglietti, con una media di 60 spettatori a spettacolo. Nella top 20 dei film di maggior successo il numero di produzioni danesi oscilla tra le 5 e le 8, a seconda degli anni. Lo stato finanzia in media 25 lungometraggi e 30 documentari ogni anno. Il budget medio per produzione è di circa 2,5 milioni di euro, e le sovvenzioni statali coprono quasi il 33 per cento delle spese. In Portogallo, nel 2010, sono stati venduti 16,5 milioni di biglietti e sono stati prodotti 22 lungometraggi, ma nessun film è riuscito a entrare nella top 40 degli incassi. In Danimarca le produzioni locali rappresentano il 22 per cento dei film proiettati nelle sale nazionali e sulle emittenti pubbliche, mentre in Portogallo la percentuale è appena del 2,5 per cento.

Bo Nielsen non ha alcun dubbio che queste cifre straordinarie siano il risultato dell'attenzione per la qualità del cinema danese, delle sovvenzioni statali e soprattutto del "talento" e della "passione" dei danesi, che non hanno mai smesso di crescere. "Se si vuole che le cose vadano per il verso giusto bisogna stabilire una politica cinematografica nazionale e stanziare sovvenzioni importanti. Non si può sopravvivere soltanto grazie ai meccanismi del mercato e contemporaneamente continuare a produrre film di qualità. Fortunatamente i governi di quasi tutti i paesi europei hanno capito che è necessario finanziare il cinema. L'idea, che attraversa l'Europa intera, è che ognuno deve avere la possibilità di raccontare la sua storia.

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D'altronde i cittadini che pagando le tasse finanziano i film sono i beneficiari del prodotto finale, come dimostrano i dati sull'affluenza nelle sale".

Questa storia di successo è cominciata quando l'attenzione si è spostata sulla formazione di professionisti del settore, anni prima che la politica delle sovvenzioni prendesse piede. La Scuola di cinema danese, che nel tempo ha ricevuto enormi sovvenzioni da parte dello stato, negli anni settanta ha attraversato un periodo di grande sviluppo.

Negli anni migliori la Scuola lancia fino a 6 nuovi registi, uno dei quali proviene solitamente da un altro paese scandinavo. Tutto ciò ha creato un clima di sana competizione che attira i giovani creativi. "Non è necessario dedicare la maggior parte del budget ai film che tutti vogliono vedere", spiega Bo Nielsen. "Se lo facessimo, le sovvenzioni andrebbero a finire quasi per intero nella produzione di commedie romantiche e film di vampiri. Come per gli aiuti alle arti, bisogna concentrarsi sugli argomenti che il mercato tende a snobbare. Il fatto che i nostri politici accettino di investire quasi 1,5 milioni di euro in un film che quasi nessuno vuole vedere, a condizione che sia artisticamente valido, fa bene al progresso del cinema".

La chiave del successo del cinema danese è l'attenzione nei confronti dei più giovani. Un quarto del budget annuale dedicato al settore cinematografico è destinato ai film per ragazzi. Questo tipo di approccio ha un forte impatto sul mercato, e diventa più semplice finanziare produzioni di altri generi quando aumenta il numero di spettatori. Nel 2010, per esempio, un quarto delle centinaia di migliaia di spettatori della Cinemateca di Copenaghen aveva meno di 7 anni.

Si tratta dunque di un modello sostenibile, che comprende anche il marketing e la distribuzione di film, proiettati regolarmente in sale riservate alle scolaresche. Ogni anno i programmi vengono elaborati con l'idea di garantire a tutti i bambini in età scolare e prescolare di assistere ai film. Vengono prodotte guide per i professori (accessibili anche ai genitori) per consentire ai bambini e ai ragazzi di studiare i film prima e dopo la visione. Una collezione di centinaia di cortometraggi e documentari può essere scaricata gratuitamente sul sito dell'istituto.

Secondo Bo Nielsen le sovvenzioni per il cinema per ragazzi e bambini si basano su un principio di giustizia sociale. "È evidente che i bambini delle classi medio-alte vanno spesso al cinema, e ricevono un'educazione di qualità. I bambini delle classi più povere, invece, non avrebbero la possibilità di vedere film se lo stato non intervenisse".

Critica

Un premio dopo l’altro

La buona salute del cinema danese è dimostrata anche dai molti premi raccolti all'estero dai film nazionali.

Nel 2011 [Hævnen](http://www.sonyclassics.com/inabetterworld/) (In a Better world), di Susanne Bier, ha vinto un Golden Globe e l'Oscar per il miglior film straniero, mentre al festival de Cannes [Melancholia](http://www.melancholiathemovie.com/) di Lars von Trier ha vinto il premio per la miglior attrice (Kirsten Dunst) e Drive, di Nicolas Winding-Refn, celui de la mise en scène. L’anno precedente, il documentario Armadillo, di Ronnie Fridthjof, aveva vinto il Gran premio della critica.

Tra i film per i giovani, [Kidnappet](http://www.dfi.dk/faktaomfilm/nationalfilmografien/nffilm.aspx?id=67170), di Vibeke Muasya, ha vinto due Elefanti d'oro al Festival di Hyderabad, mentre nel 2010, al Festival di Zlín (Repubblica Ceca), Karla og Jonas, di Charlotte Sachs Bostrup, ha ottenuto il premio Don Quixote e Storm, di Giacomo Campeotto, il premio The Golden Apple.

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