"Bordo del precipizio".

Cade l’ultimo tabù

Con le recenti dichiarazioni sulla possibile uscita della Grecia dalla zona euro, i leader europei sembrano voler preparare il terreno a un evento finora inconcepibile. Uno dopo l'altro i dogmi sulla crisi stanno finalmente svanendo.

Pubblicato il 8 Febbraio 2012 alle 15:53
"Bordo del precipizio".

Il 7 febbraio Neelie Kroes è stata richiamata all'ordine dai suoi colleghi della Commissione europea. La linea ufficiale di Bruxelles era e rimane quella di mantenere a ogni costo la Grecia a bordo – e questo significa un nuovo prestito di emergenza di 130 miliardi di euro. Perché se cade anche una sola pietra, è l'intero edificio a crollare. In questo caso il costo supererebbe di gran lunga l'aiuto di emergenza dato alla Grecia.

Ma il fatto che la commissaria alla società digitale non abbia tenuto conto nella sua intervista rilasciata il giorno prima a De Volkskrant di questa teoria dell'effetto domino non era né un lapsus né una gaffe. Le sue parole si inseriscono in una tendenza cominciata nell'autunno scorso, che consiste nel far cadere i tabù europei in modo da preparare l'opinione pubblica all'eventualità di abbandonare i greci al loro destino.

Il primo tabù sull'euro – le critiche ai politici greci – è stato rimesso in discussione nel settembre scorso da parte dei diplomatici dell'Ue. L'esasperazione repressa da mesi a proposito delle promesse di riduzione delle spese che Atene dimenticava regolarmente li ha portati a usare parole molto dure.

“Ne abbiamo abbastanza dei ritardi di questi imbecilli di greci”, ha detto uno di loro. Un altro ha parlato di un “vero e proprio scandalo”, un terzo aveva già ipotizzato in passato la possibilità di un fallimento della Grecia: “Non si può continuare a pompare. Arriva un momento in cui il capitano dice: 'tutti alle scialuppe, bisogna abbandonare la nave'”.

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Il secondo tabù – un paese piccolo può essere escluso dalla zona euro – è scomparso all'inizio di novembre grazie alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente francese Nicolas Sarkozy.

Quando il primo ministro greco ha scatenato la loro rabbia annunciando un referendum sull'austerity, “Merkozy” ha fatto capire che il quesito avrebbe riguardato la permanenza o meno della Grecia nella zona euro. Di conseguenza la possibilità di uscire dall'euro non era più esclusa.

Lo stesso mese i presidenti europei, Herman Van Rompuy e José Manuel Barroso, hanno rimosso il terzo tabù: l'euro può finire. In una relazione dai toni molto intensi davanti al Parlamento europeo, entrambi hanno avvertito che la sopravvivenza dell'euro avrebbe potuto diventare problematica se i dirigenti dell'Ue non fossero intervenuti rapidamente.

Nelle ultime settimane è stata la volta del tabù numero quattro: un paese della zona euro può fallire. Ancora una volta Merkel e Sarkozy, ma anche il ministro delle finanze olandese Jan Kees De Jager, hanno dichiarato che Atene poteva scordarsi il suo secondo prestito di emergenza di 130 miliardi se non avesse soddisfatto le esigenze di riduzione delle spese chieste dai creditori (l'Ue e l'Fmi). E senza questo denaro la Grecia è destinata a fallire, ha aggiunto per fugare qualunque dubbio il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker.

Oggi sì, domani forse

Ed ecco che Kroes ha fatto cadere il quinto e ultimo tabù, che in realtà era soprattutto un dogma: la zona euro crollerà se la Grecia dovesse tornare alla dracma. “Non è affatto vero” , ha dichiarato Kroes. E non è un caso se la commissaria greca Maria Damanaki (competente per il settore della pesca) affermava già il fine settimana scorso che a Bruxelles sono già pronti i piani di emergenza per l'uscita della Grecia dalla zona euro. Affermazioni che sono state smentite dalla Commissione.

Quello che fanno Merkel, Sarkozy, Kroes e i diplomatici dell'Ue è rendere possibile il dibattito sull'uscita della Grecia dalla zona euro. Martedì [7 febbraio] il primo ministro [olandese] Mark Rutte e il ministro delle finanze Jan Kees De Jager hanno ammesso che questa eventualità non può essere scartata. Forse non si realizzerà nei prossimi giorni: i negoziati molto difficili che si svolgono ad Atene fra i creditori e il governo greco porteranno probabilmente a un accordo.

Ma tutte le parti interessate sanno bene che fra tre mesi i creditori saranno di nuovo ad Atene per constatare per l'ennesima volta che la Grecia non ha mantenuto le promesse. E nessuno sarà sorpreso.

Scenari

Una tragedia per i greci, non per l’Ue

Il caos politico ed economico trasformerà la Grecia in un "failed state", avverte Dziennik Gazeta Prawna citando un recente rapporto di Citibank. Secondo il documento nei prossimi 18 mesi il rischio di un default di Atene è pari al 50 per cento, e tutto lascia pensare che "l'uscita dall'eurozona sarebbe una tragedia per i greci ma non per l'Unione europea". Perché?

Prima di tutto, attraverso i vari piani di ristrutturazione, le banche europee hanno cancellato una fetta sempre più consistente del debito greco. In caso di default i titoli di stato di Atene diventerebbero carta straccia, ma ormai per le istituzioni finanziarie le perdite sarebbero limitate. In secondo luogo i mercati finanziari hanno fatto una distinzione chiara tra lo status di Grecia e Portogallo, incapaci di sopravvivere senza un aiuto esterno, e quello di Irlanda, Spagna e Italia. […] Oggi Bruxelles è in una posizione di forza nei negoziati con i greci.

In ogni caso i colloqui sono momentaneamente interrotti, e per questo un numero sempre maggiore di politici crede che lo scenario in cui Atene va in default ed esce dall'eurozona sarebbe il male minore.

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