Atene, il Partenone (Dimitris Tsakanis)

Una tragedia per l'Unione

A Berlino e Bruxelles aumentano i dubbi sulla capacità della Grecia di risolvere i propri problemi di indebitamento senza aiuti esterni. Se non si interverrà, il paese rischia la bancarotta, con ripercussioni imprevedibili per la valuta europea.

Pubblicato il 15 Dicembre 2009 alle 17:20
Atene, il Partenone (Dimitris Tsakanis)

Un’onda di nervosismo si sta propagando tra le borse, i centri finanziari dell’Ue, i ministeri delle finanze, le istituzioni di Francoforte e perfino il quartier generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) a Washington. Tutti si chiedono la stessa cosa: cosa accadrebbe nel caso in cui un paese membro dell’Unione monetaria europea dovesse fare bancarotta? L’Ue può permetterselo? In ogni caso, però, l’Ue non potrà escludere dall’eurozona la Grecia e abbandonare il paese ai propri strumenti correttivi, anche se i greci hanno barato nel presentare le documentazioni necessarie a entrare nell’alleanza valutaria ricorrendo a cifre truccate sul budget.

Quanto la situazione sia grave lo si deduce proprio dal fatto che l’Fmi si sta interessando al problema, poiché nutre seri dubbi sulle cifre relative al deficit della Grecia presentate quest’anno, portate da 6 a 12,7 punti percentuali, e si chiede se si tratti ora di dati realistici o se anche questi debbano essere considerati inferiori a quelli reali. Se fosse un individuo, la Grecia sarebbe considerata insolvente già oggi, malgrado abbia continuato a pagare gli interessi sui propri debiti. Ciò è dovuto all’enorme indebitamento che le agenzie di governo e i ministeri hanno contratto nel settore pubblico: complessivamente si parla di oltre dieci miliardi di euro. Onorare gli interessi su un tale indebitamento potrebbe far lievitare ancor più il deficit di Atene. Nel frattempo l’Ue ha scoperto che per pagare le proprie bollette in media il governo greco necessita di 165 giorni, e anche questo dato sta continuando ad aumentare.

La fiducia nelle promesse fatte dalla Grecia all'Ue è agli sgoccioli: troppo spesso in passato i greci si erano impegnati a intervenire drasticamente. A Berlino e a Bruxelles i politici sono sempre più alle prese con la questione di come aiutare i greci. Per il momento sono pochi i dubbi sull’eventualità che l’Ue passi all’azione: dopo tutto le sorti della Grecia hanno ripercussioni non indifferenti sul futuro dell’euro, ma forse perfino su quello dell’Europa. Se l’Ue lascerà che uno dei suoi stati membri faccia bancarotta, si potrebbe innescare una reazione a catena. L’Europa potrebbe forse lasciare che un paese membro vada in bancarotta, come fecero gli Usa con la California qualche anno fa. Ma che accadrebbe agli altri paesi Ue? La bancarotta di un paese potrebbe innescare quello che gli euroscettici temono sin dall’inizio: la valuta comune europea potrebbe crollare. Ma i problemi non finiscono qui: se le obbligazioni governative – considerate un investimento sicuro – all’improvviso diventassero carta straccia, le banche ricomincerebbero a vacillare, con la differenza che questa volta a sostenerle non ci sarebbe un governo sufficientemente forte.

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Il fallimento della Grecia avrebbe un vasto impatto negativo, sia in termini economici che politici. La Grecia è scossa in questi giorni da violente dimostrazioni, e non sono da escludersi disordini politici qualora il paese precipitasse nel caos finanziario. Che fare, dunque, per scongiurare una simile tragedia greca? Molti capi di stato e di governo, compresa Angela Merkel, vorrebbero evitare che l’Fmi si intrometta nei problemi dell’eurozona, prima di tutto perché ritengono che gli europei debbano risolvere i propri problemi valutari da soli. Qualsiasi ingerenza o aiuto esterno, invece, minerebbe la fiducia nell’euro. La cancelliera tedesca auspica invece che a livello europeo si metta a punto uno strumento che abbia competenze simili a quelle dell’Fmi. In altre parole, i capitali affluirebbero soltanto in cambio del comprovato assolvimento di alcune rigide condizioni. Ciò, naturalmente, limiterebbe parecchio la sovranità di un paese.

I greci, per esempio, dovrebbero accettare controlli da parte di ispettori fiscali, oppure aumentare le tasse in modo da raccogliere con gli introiti aggiuntivi una determinata somma di denaro. Nessuno può sapere con certezza se sarà sufficiente, o se anche questi provvedimenti arriveranno troppo tardi. La Grecia è indebitata fino al collo, non soltanto nei confronti dei titolari delle proprie obbligazioni, ma soprattutto delle aziende estere. Ciò riguarda più che altro il settore della difesa, ma non solo. In quello sanitario le cifre dell’indebitamento greco fanno paura: poche settimane fa l’organizzazione europea delle industrie farmaceutiche ha reso noto ai suoi membri lo spaventoso arretrato dei pagamenti delle agenzie greche, che alla fine del 2008 avrebbero già raggiunto i 2,7 miliardi di euro per farmaci e trattamenti medici. “Siamo completamente alla mercé dei greci” ha detto un lobbista del settore farmaceutico a Berlino, “perché le consegne non si possono semplicemente cancellare. Dalle nostre medicine dipendono le vite dei pazienti. Non è come per le automobili”.

Programmi

Una pioggia di misure

"Bruxelles voleva delle misure coraggiose, George Papandreou ha obbedito", osserva To Vima. "Nel suo discorso del 14 dicembre, il primo ministro greco ha annunciato 80 misure per risanare l'economia del paese e allontanare il rischio di bancarotta nazionale. La sua ambizione è portare il deficit entro il 2013 dal 12,7 al 3 per cento del Pil. Per arrivare a questo conta di fare ricorso a misure radicali: blocco dei salari, riduzione delle assunzioni e creazione di un'unità speciale per lottare contro la frode fiscale e la corruzione, le due grandi piaghe del paese".

Ma "dopo l'ondata di panico scatenata dai mercati internazionali, le pressioni dell'Fmi non sono finite", avverte il quotidiano di Atene. "Alcuni esperti dell'Fmi sono arrivati ad Atene all'inizio della settimana, insieme a un'equipe dell'agenzia di rating Moody. Le pressioni maggiori verranno sicuramente dall'opposizione e dall'opinione pubblica. Papandreou riunisce oggi i principali partiti politici per parlare di economia, ma le voci discordanti già si sono fatte sentire. La contestazione dovrebbe estendersi alla piazza con un sciopero generale previsto il 17 dicembre, e la cui mobilitazione si annuncia importante".

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