Al passaggio del Tour de France 2007 da Waregem, vicino a Courtrai. (AFP)

Elogio della molteplicità

Fiamminga, vallona o belga? O semplicemente europea? Per lo scrittore Geert van Istendael, le numerose identità dei suoi concittadini non sono un problema. Al contrario, in un mondo in costante movimento, potrebbero essere un esempio per tutti.

Pubblicato il 19 Febbraio 2010 alle 14:05
Al passaggio del Tour de France 2007 da Waregem, vicino a Courtrai. (AFP)

Ho sempre trovato confortante la mancanza di orgoglio nazionale dei belgi. Gli americani che cantano il loro inno nazionale con la mano sul cuore mi infastidiscono. Osservo con una certa compassione gli olandesi orangisti, così esuberanti. E del resto abbiamo potuto constatare, nemmeno tanto tempo fa, nei Balcani, fino a che punto un eccesso di coscienza identitaria possa rivelarsi fatale.

Noi belgi non siamo così. Niente guerre civili, nessuna isteria o sentimentalismo. Noi accettiamo il nostro carattere evanescente con un’alzata di spalle. Tre lingue? E allora? Siamo fatti così. Trecento tipi di birra ? Eccola, la nostra identità! Ammettiamolo: la nostra identità è completamente artificiale. Ma da questo punto di vista non è affatto diversa dalle altre identità europee. Ma allora, in che cosa siamo diversi dagli altri? Che pensare dell’amalgama sconclusionato di cittadini di quell’oggetto indefinibile che si chiama Belgio?

Io penso che noi belgi abbiamo la tendenza a sopprimere il singolare della parola identità. Noi apparteniamo in primo luogo a dei comuni. Siamo degli individualisti incorreggibili. Veniamo da Gand o da Turnhout o da Charleroi e da nessun'altra parte, e amiamo farlo sapere a gran voce. In secondo luogo, la storia della nostra pacifica querelle linguistica ha fatto di noi i fiamminghi e i valloni. Esistono delle briciole identitarie ancora più piccole, ma mi atterrò alle più grandi. Anche queste identità – la fiamminga e la vallona – sono artificiali. Molto semplicemente, non esistevano prima del 1830 (data dell’indipendenza del paese). Il fiammingo è un sottoprodotto del Belgio, quindi doppiamente artificiale. Il vallone, dal canto suo, è un sottoprodotto del sottoprodotto fiammingo. Si può parlare allora di identità forti? Difficilmente. Sulla frontiera linguistica ci si sbaciucchia senza problemi. In altri paesi questo tipo di fornicazione si paga con la vita, o almeno con la mutilazione.

E poi c’è il Belgio, perché siamo anche belgi. E poi c’è l’Europa. Permettetemi di fare un riferimento umanistico. Il grande scrittore franco-libanese Amin Maalouf dice che noi siamo la somma di diverse radici, identificazioni e appartenenze. Perché dovrebbe esserci un’unica identità che mette in ombra tutte le altre? Tali identità diventano rapidamente les identités meurtrières, identità assassine, titolo di uno dei suoi saggi migliori. L’idea di Maalouf è una necessità prioritaria in questo ventunesimo secolo. In quasi ogni angolo del nostro pianeta, centinaia di migliaia di persone continuano a muoversi verso ogni dove. Oggi più che mai le identità sfumano, collidono, si abbracciano, si uccidono. E uccidono, uccidono in massa.

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Qui in Belgio dovremmo essere in grado di gestire questa grande confusione, perché la conosciamo da sempre. Il nostro segreto non sta nel non avere un'unica identità, ma al contrario, nell'averne troppe. Abbiamo fin troppa scelta. Ma perché dovrebbe essere un problema? Perché porci dei limiti, costringendoci a fare scelte superflue, perfino pregiudizievoli? La minaccia dell’Altro scompare, perché è parte integrante di noi da lunghissimo tempo. Un altro scrittore, Fernando Pessoa, lo sapeva bene: "Nella vasta colonia del nostro essere abita gente di ogni sorta, che pensa e ha sensazioni diverse".

Talvolta, assai raramente, sono preso dall'invidia per la rigidità francese, la rigueur républicaine, la république une et indivisible ("il rigore repubblicano, la repubblica una e indivisibile"). Sono alle prese con la loro stessa immagine, i francesi, e sono in pieno dibattito sulla loro identità. Spero che l'iniziativa non degeneri. Forse noi belgi potremmo… ma no, non credo che i francesi abbiano voglia di chiedere consigli a quei confusionari lillipuziani che vivono a nord del loro paese. (ab)

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