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Vivevamo all'europea

L'idea che possiamo uscire dalla crisi senza rinunciare allo stile di vita europeo è una pia illusione, afferma l'opinionista del quotidiano conservatore polacco. 

Pubblicato il 25 Febbraio 2010 alle 15:45
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All’inizio di questo mese in Spagna risultavano registrati 4.048.493 disoccupati. Il quotidiano El Mundo ha pubblicato un reportage sulla loro vita quotidiana. Un’operatrice di call center, Teresa Barbero, ha detto di voler emigrare in Svizzera o in Germania: “Da 18 mesi sono senza lavoro, come il mio compagno. È dura per noi: dobbiamo pagare un mutuo molto alto e abbiamo uno stile di vita assai modesto”, ha confidato questa trentaduenne madrilena.

La situazione della Spagna è assai simile a quella di altri paesi dell’Europa occidentale travolti dalla crisi, come Grecia, Portogallo e Gran Bretagna. Purtroppo, anche i metodi adottati dai vari governi per risollevare l’economia si assomigliano abbastanza: più stato nell’economia, imposte più alte, tirate contro i “veri” colpevoli della crisi: gli avidi banchieri e gli speculatori. E soprattutto, guai a coloro che osino ribellarsi ai privilegi di questo e quel gruppo sociale: andrebbero incontro a una piccola guerra civile, che comporterebbe scioperi, lancio di sampietrini e cannoni ad acqua.

Il vecchio continente è in un vicolo cieco. Da anni ormai i politici europei si aggiudicano le vittorie elettorali a colpi di promesse di nuovi posti di lavoro e di stipendi decorosi, di alloggi accessibili a tutti, di lunghe vacanze, di una vita felice e al riparo da rischi. In una delle sue prime dichiarazioni ufficiali, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha affermato che l’Unione deve garantire il mantenimento dello stile di vita europeo, come se ignorasse che esso rappresenta per l’Europa la strada più breve verso la catastrofe economica.

Stile di vita europeo significa anche prelievo della metà dei redditi dei contribuenti, 35 ore settimanali di lavoro, un indebitamento superiore al Pil. Lo stile di vita europeo è spesso soltanto un inno alla pigrizia e al disprezzo del capitalismo, ma anche la convinzione diffusa che lo stato sarà sempre pronto a dare una mano nei momenti difficili. È così che l’Europa conta di competere con la Cina? C’è da morire dal ridere. (ab)

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