La stampa soffia sul fuoco. Le prime pagine di Eleftheros Typos, I Nikis e Focus. Presseurop

La guerra dei cliché

I greci sono lazzaroni che non vale la pena aiutare. I tedeschi dovrebbero tirare la Grecia fuori dai guai perché i nazisti hanno saccheggiato il paese. Lo scontro verbale degli ultimi giorni sta avvelenando i rapporti tra due paesi che avevano saputo superare ben altre divisioni.

Pubblicato il 1 Marzo 2010 alle 16:52
La stampa soffia sul fuoco. Le prime pagine di Eleftheros Typos, I Nikis e Focus. Presseurop

Quando saltano i nervi si fa dura per il buon senso. Il quotidiano ateniese Khatimerini ha pubblicato una vignetta in cui una segretaria annuncia al ministro delle finanze greco la visita degli ispettori europei. “Un minuto”, dice il ministro strappandosi la camicia di dosso, e poi si vede intento a flagellarsi con un bastone il torso nudo di fronte a tre uomini che indossano la divisa della Gestapo: “Sehr gut!”; esclamano questi in tedesco. In questi giorni di tensione il conservatore Khatimerini ha dato voce al buon senso, invitando a non lasciarsi prendere dall'”isteria anti-tedesca”. Parole ragionevoli sono venute anche da parte del presidente del parlamento Filippos Petsalnikos, che, dopo aver redarguito la Germania, ha convocato l'ambasciatore tedesco.

È il “momento dei nervi a fior di pelle”, scrive amaramente un giornale. Da parte tedesca umorismo adolescenziale e ignoranza: la rivista Focus ha messo in copertina una Venere di Milo con il dito medio alzato, e ha ridotto la Grecia a un covo di corruzione e decadenza (“Inestirpabile: la strategia della Grecia”). Svastiche e velleitarie proteste sono arrivate dall'altra parte. È una “guerra dei clichés”, secondo l'editorialista di Khatimerini Kostas Kalfopoulos, che si appella a Hölderlin: “La dove c'è il pericolo cresce anche la salvezza”. Ma che succede quando “a crescere è solo la stupidità?”, si chiede Kalfopoulos, che parla perfettamente tedesco, come del resto molti greci: il tedesco è la seconda lingua straniera nella penisola ellenica, e un'intera generazione di greci negli anni '70 è andata a studiare in Germania.

Forse è proprio questa la cosa più sorprendente: dai tempi della guerra erano rimaste impresse nella memoria collettiva dei greci parole tedesche come “Rrraus” o “Kaputt”, ma non c'era mai stata una vera cultura del rancore. I greci perdonarono i tedeschi con sorprendente rapidità. “E questo”, come dice lo storico residente in Grecia Hagen Fleischer, “anche se nessun altro popolo non slavo ha sofferto così tanto sotto i tedeschi”. Nel 1952 il primo Goethe-Institut del mondo aprì i battenti ad Atene, e nel 1956 il primo viaggio all'estero del presidente della Rft Theodor Heuss fu proprio in Grecia. L'alleanza sotto la bandiera dell'anticomunismo fece passare presto in secondo piano i crimini nazisti.

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Il nodo delle riparazioni di guerra

Ma una cosa i Greci l'hanno sempre voluta, dice Fleischer: “la certezza che i tedeschi non dimenticassero”. Che oggi, quasi come un “occhio per occhio”, torni la richiesta della riparazioni per i crimini di guerra lascia perplessi anche molti greci: “È un modo di coprirsi gli occhi di fronte alla malattia”, ritiene Kalfopoulos, “in un momento in cui la Grecia deve rimboccarsi le maniche e lavorare duro con gli altri paesi europei”. Molti greci si sentono traditi, e di questo i tedeschi non riescono a capacitarsi quando cercano di capire come mai improvvisamente tutti gli schieramenti di opposizione, dall'estrema destra ai comunisti, esigano ora le riparazioni.

Dopo il 1945 vigeva tra gli alleati un tacito accordo. Si voleva una Germania forte abbastanza da fare da bastione anticomunista, e non un paese rovinato dai debiti. L'accordo di Londra del 1953 in pratica esonerava la Germania dal pagamento delle riparazioni. La Germania avrebbe dovuto pagare solo una volta riunificata attraverso un trattato di pace. Non è un caso che Bonn nel 1990 si sia battuta per ottenere che il cosiddetto “Trattato due più quattro” che ha siglato la riunificazione tedesca non fosse considerato un “trattato di pace”: così ancora una volta si è aggirata la questione delle riparazioni.

Secondo Hagen Fleischer, “gli stessi nazisti avevano calcolato ufficialmente le riparazioni alla Grecia in una cifra pari a cinque miliardi di euro di oggi”. Solo una volta, attraverso il cosiddetto “accordo globale” del 1960, la repubblica federale ha ripagato una cifra di 115 milioni di marchi, intesi più che altro come riparazioni agli ebrei vittima dei crimini nazisti in Grecia. Un diplomatico tedesco chiarisce così la posizione ufficiale della Repubblica federale: “per noi la questione delle riparazioni è chiusa da tempo”.

Da parte tedesca questa può sembrare la cosa più opportuna dal punto di vista della realpolitik. Ma dobbiamo allora meravigliarci se i greci ritengono che sia la Germania a essere “inestirpabile”? “Anche se ci sentiamo traditi”, afferma Kalfopoulos, “questo è non servirà a risollevarci dalla nostra situazione”. È vero. Ma, come scrive Fleischer, “sono soprattutto i toni che contano”. Ed è proprio questo il punto, da una parte e dall'altra. (nv)

Contesto

Escalation verbale

Il governo greco e quello tedesco stanno aumentando gli sforzi per allentare le tensioni tra i due paesi. Tutto è cominciato con la prima pagina della rivista Focus che mostrava la Venere di Milo col dito medio alzato. La reazione dei greci non si è fatta attendere: il giorno successivo il quotidiano di sinistra I Nikis ha risposto pubblicando una bandiera nazista che sventolava sulla porta di Brandeburgo. E l'emorragia di vignette non si è più arrestata. Il vicepremier greco ha evocato i saccheggi commessi dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale e mai risarciti, e alla fine della settimana scorsa un’associazione di consumatori ha esortato a boicottare i prodotti made in Germany, mentre le banche tedesche dichiaravano che si sarebbero rifiutate di acquistare obbligazioni greche. Per calmare questo clima esplosivo, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha invitato il primo ministro greco George Papandreou a Berlino per il 5 marzo.

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