Il momento più difficile

I timori sulla tenuta delle banche stanno spingendo il paese al punto più basso dall’inizio della crisi. Per evitare il bailout e ristabilire la fiducia Bruxelles e Madrid devono agire in fretta.

Pubblicato il 5 Giugno 2012 alle 10:48

La Spagna vive uno dei momenti più difficili della sua storia recente. Attanagliata dal sentimento di sfiducia che circonda il settore finanziario e le finanze pubbliche, cerca con ogni mezzo di scongiurare la prospettiva di un intervento esterno.

Il ricorso a un piano di salvataggio internazionale sarebbe doppiamente negativo: oltre al pesantissimo contraccolpo psicologico, comporterebbe inevitabilmente durissimi sacrifici e la perdita definitiva del già limitato margine di autonomia che le resta. Per trovare una sensazione di incertezza sul futuro che sia paragonabile a quella attuale bisogna risalire ai momenti chiave della transizione dei primi anni della democrazia.

Se l'ingresso nell'Unione ha suggellato la transizione democratica e la normalizzazione dello status internazionale del nostro paese, la notizia che la Spagna sarebbe entrata a far parte dell'Europa unita insieme agli stati più sviluppati ha innalzato la tradizionalmente fragile autostima nazionale a livelli estremi, al punto tale che qualcuno ha riesumato il 1898 [data della sconfitta nella guerra contro gli Stati Uniti e della perdita delle ultime colonie] e il 1998 per parlare della fine di un ciclo di decadenza e fallimenti e dell'apertura di un orizzonte nuovo. Per questo motivo, anche nei momenti peggiori della crisi, il nostro paese ha saputo mantenere una rotta ben definita e lasciarsi guidare da prospettive chiare, a volte persino ambiziose.

Oggi non resta più nulla di tutto ciò. La perdita di fiducia sia all'interno che all'esterno e l'assenza di un orizzonte nazionale ed europeo dominano la crisi attuale. Forse per questo motivo per la prima volta gli spagnoli non pensano a un futuro migliore ma semplicemente a ritornare al passato prossimo e a un tenore di vita di cui hanno già goduto, il che scava un'importante distanza psicologica rispetto ad altri momenti della vita politica spagnola. Questo stato di cose è evidente tanto sul fronte interno che su quello esterno.

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Sul fronte interno la crisi ha messo a nudo un paese segnato da profonde crepe. All'aumento vertiginoso della disoccupazione e allo stallo economico bisogna aggiungere le ombre che hanno oscurato una dopo l'altra le principali istituzioni del paese: la monarchia, i partiti politici, il potere giudiziario, la banca di Spagna, le regioni, gli enti locali e il sistema finanziario. Sembra che nessuna delle istituzioni portanti - alcune delle quali sono state e sono ancora la chiave di volta del regime democratico introdotto dalla Costituzione del 1978 - sia riuscita a sfuggire alla perdita di fiducia della popolazione.

Una delusione simile viene percepita anche in ambito europeo. La Spagna democratica e l'integrazione europea sono state e continuano ad essere due facce della stessa moneta. Non possiamo capire la nostra giovane esperienza democratica senza tenere conto dell'Europa, delle sue istituzioni e delle sue politiche. Allo stesso modo non possiamo prendere decisioni cruciali o programmare il nostro futuro come spagnoli senza prima farlo in chiave europea. Tuttavia, in un paese in cui l'interesse europeo e l'interesse nazionale sono indistinguibili, al fallimento interno si assomma il fallimento europeo.

Soluzione politica

Nel momento della verità, l'Europa ha tradito sé stessa e i suoi principi: dove avrebbe dovuto prevalere un progetto comune si è imposta una logica basata sugli interessi nazionali e sui particolarismi. La Grecia è la dimostrazione evidente di tutto questo: l'irresponsabilità delle élite greche e la mancanza di leadership delle élite europee hanno creato un circolo vizioso che conduce direttamente alla disintegrazione e alla rottura. La confluenza di queste debolezze nazionali ed europee spiega perché è così difficile tirarsi fuori dalla crisi e perché l'incertezza continua ad aumentare.

In questo modo, come esiste il ragionevole dubbio che il sistema regionale sia un ostacolo verso il superamento della crisi, in ambito europeo si sta diffondendo l'idea che la situazione attuale sia dovuta alla struttura dell'unione monetaria, un progetto istituzionale sbagliato che ha alimentato le disuguaglianze economiche che hanno scatenato la crisi. Non è un caso se a entrambi i livelli, europeo e nazionale, si parla di decentralizzazione, competenze, fiscalità, autorità e legittimità politica: la democrazie nazionali e il sistema politico europeo sono entrambi caratterizzati da forti tensioni che vanno risolte rapidamente se vogliamo ripristinare la fiducia.

In Spagna come in Europa bisogna ricostruire le istituzioni e la fiducia, perché è evidente che con le strutture istituzionali e le relazioni di potere attuali non potremo mai uscire dalla crisi. Paradossalmente questa situazione lascia spazio a un certo ottimismo per il futuro: in Spagna e in Europa la crisi è politica, e politica è anche la sua soluzione. Dunque a portata di mano. Volontarismo? Sì, è proprio di questo che abbiamo bisogno. In Spagna e in Europa.

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