La stazione di Hajduszoboszlo, in Ungheria. (AFP)

I limiti della solidarietà energetica

Per evitare la crisi degli approvvigionamenti che ha caratterizzato gli inverni scorsi, l'Unione studia un piano di assistenza reciproca tra gli stati membri. Ma le modalità di intervento suscitano più di un dubbio e non tutti gli Stati membri sono pronti a partecipare.

Pubblicato il 17 Marzo 2010 alle 15:48
La stazione di Hajduszoboszlo, in Ungheria. (AFP)

Il 18 marzo la Commissione dell'industria, della ricerca e dell'energia (Itre) del Parlamento europeo dovrà adottare la versione finale della proposta di regolamento che dovrebbe garantire una reazione rapida ed efficace in caso di crisi nell'approvvigionamento di gas. Il problema è che la questione chiave, cioè la soglia a partire dalla quale l'Ue attiva lo stato di emergenza, è tutt'altro che risolta. Le proposte di compromesso presentate finora non fanno che riprendere le regole in vigore e non corrispondono alle attese dei vari paesi, in particolare della Polonia.

"Vorremmo che l'Ue attivi il sistema di assistenza appena uno stato perda il 10 per cento del suo approvvigionamento da paesi terzi", ha dichiarato il deputato europeo Jacek Saryusz-Wolski (Ppe), che sottolinea come il compromesso proposto prevede l'adozione dell'aiuto comunitario solo in caso di una diminuzione dell'approvvigionamento del 20 per cento a livello dell'Unione europea, mentre il principio di una soglia del 10 per cento sarà applicabile solo per determinate zone geografiche.

Le altre disposizioni del testo, in particolare quelle relative alle contromisure a una situazione di crisi, presentano meno problemi. Si tratta di creare un sistema di sostegno reciproco, che permetta di liberare delle riserve di gas e indirizzarle verso i paesi che ne hanno più bisogno. Alcune misure sostenute dalla Polonia sono già oggetto di consenso, come il rafforzamento del ruolo della Commissione europea o l'introduzione del meccanismo di solidarietà energetica. In questo caso, in una situazione di emergenza, i paesi Ue dovranno sbloccare le loro riserve, e il ruolo della Commissione sarà quello di facilitare il processo.

Le strettorie del piano

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Il testo prevede anche che i principali gasdotti dell'Ue debbano essere dotati entro quattro anni di interconnessioni con capacità di flusso inverso, tale cioè da permettere in caso di emergenza di dirigere il gas là dove è necessario. Riguardo la spinosa questione della soglia di attivazione del piano di emergenza comunitario, molti esperti ritengono che aspettare che gli approvvigionamenti si riducano del 20 per cento sarebbe dannoso per la Polonia.

Se il nostro paese si dovesse trovare nella stessa ripartizione della Germania e dei paesi baltici, non sarebbe possibile adottare il meccanismo di sostegno dell'Unione anche se dovessimo mancare di un miliardo e mezzo di metri cubi di gas. Infatti nell'ambito della nostra zona ci vorrebbe una riduzione di sette miliardi di metri cubi per far scattare l'emergenza comunitaria. Inoltre l'aiuto dovrebbe essere assicurato a livello regionale, e quindi provenire da uno dei paesi vicini. E nella zona solo la Germania ha questa possibilità.

Dopo una prima lettura in parlamento, probabilmente a maggio, il regolamento dovrà essere approvato dal Consiglio, dove potrebbero esserci degli emendamenti. Molto probabilmente i paesi membri che non hanno problemi di approvvigionamento di gas e che non sono stati colpiti dalle recenti crisi del gas non saranno molto favorevoli all'idea di una solidarietà energetica europea. Del resto, per la maggior parte dei paesi dell'Ue la sicurezza energetica dell'Europa è identificata col gasdotto Nord Stream, consorzio russo-tedesco a cui presto si uniranno anche i francesi. (adr)

Gruppo di Visegrad

Ranghi serrati contro Mosca

Di fronte all’egemonia franco-tedesca nel processo decisionale dell’Unione – compreso il settore energetico – i paesi del gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) rafforzano la loro intesa, scrive l’Economist. La loro dipendenza dal gas e dal petrolio russo li ha convinti a realizzare una serie di collegamenti nord-sud tra i gasdotti che attraversano i loro paesi da est a ovest, collegando da una parte l’Ungheria alla Romania e alla Croazia, e dall’altra la Polonia alla Croazia. Il gasdotto Nabucco, che unirà i giacimenti del mar Caspio all’Europa attraverso la Turchia, dovrebbe completare la rete. "I paesi del gruppo sottolineano la necessità di una regolamentazione europea per l’assistenza reciproca in caso di crisi energetiche" scrive l’Economist, secondo cui “restano però parecchi grossi ostacoli: uno di essi è la Russia, che intensifica la propria collaborazione con le società energetiche in Francia, Germania e Italia […] che sono favorevoli al progetto del gasdotto South Stream”, concorrente di Nabucco. L’ostacolo principale, tuttavia, è di ordine interno: “l'accresciuta concorrenza dovuta ai nuovi allacciamenti erode le quote di mercato delle compagnie energetiche abituate a comodi monopoli nazionali. I governi di Visegrád possono lamentarsi degli europei dell’ovest, ma all'interno del gruppo c'è ancora molto lavoro da fare". (ab)

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