Calcio di rigore

I governi dei paesi in crisi sperano che una vittoria della loro squadra agli europei possa ristabilire la fiducia e distogliere dalle preoccupazioni. Ma intanto la suspense sull’euro è più alta che in una finale.

Pubblicato il 13 Giugno 2012 alle 10:32

La crisi dell’Europa entra nella sua fase terminale e così pure gli schemi di pensiero di chi fa pronostici. Un analista della Amro Bank di Amsterdam ha azzardato la seguente previsione sul futuro dell’Ue: “Tenuto conto che l’essenziale è che il contagio non si propaghi ai paesi che costituiscono lo zoccolo duro della zona euro, sarebbe meglio che a vincere gli europei di calcio 2012 fosse la Francia. Ciò consentirebbe di ripristinare la fiducia in modo significativo”.

Ehm, ehm… Forse quello che intendeva dire è che finché risuoneranno le note della Marsigliese non verrà in mente a nessuno di precipitarsi agli sportelli bancari di Bnp Paribas o della Société Générale… Ma a questo punto si impone una domanda: per consolidare la fiducia non sarebbe meglio, piuttosto, sperare in una vittoria della Germania? Finché i fan-elettori brinderanno alla vittoria, la Bce avrà tutto il tempo di acquistare tonnellate di obbligazioni spagnole.

Quanto ad Angela Merkel, che è una tifosa incallita (teniamo presente che la riunione del G8 è stata sospesa durante Bayern-Chelsea), farebbe approvare gli eurobond al Bundestag. E che accadrebbe nel caso di una vittoria della Grecia? Alexis Tsipras firmerebbe il memorandum, e già che c’è un surplus di budget fino al 2100?

Stranamente, benché la Spagna (campione d’Europa e del mondo) sia data come favorita agli europei, l’oracolo Amro non si aspetta affatto un trionfo iberico. Molti concordano nel dire che ormai la Spagna ha raggiunto il punto di non ritorno. E poco importa che il suo primo ministro Rajoy abbia o meno ragione quando dice che il suo paese è una “vittima collaterale” del caos nel quale è precipitata l’ intera zona euro.

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Ciò che importa è che si è andati molto al di là della fase critica del salvataggio delle nazioni. Soprattutto dopo che Barclays (come del resto altre istituzioni finanziarie) ha avvisato che la Spagna “è solo a metà strada” nel crollo del mercato immobiliare, e che con un calo ulteriore dei prezzi del 20 per cento – che appare inevitabile – il “settore finanziario sarà salassato”.

A tutto ciò vanno ad aggiungersi un tasso di disoccupazione record in Europa, un fatale squilibrio del mercato del lavoro, un indebitamento della popolazione e del settore non finanziario che rappresenta il 200 per cento del pil. Si capisce bene, a questo punto, come un giornalista del Financial Times sia potuto arrivare a scrivere che “la questione non è tanto sapere se l’economia spagnola si riprenderà nel 2012 o nel 2013, ma se riuscirà a farlo entro la fine di questo decennio”.

Liga in rosso

Ma torniamo al calcio: la Spagna non potrebbe salvarsi neanche se le sue squadre di calcio di serie A restituissero i 750 milioni di euro di imposte (o per meglio dire di riduzione delle imposte) che devono allo stato. Quanto alla Grecia, andrà incontro a un fallimento controllato da un piano di salvataggio europeo finanziato dai contribuenti? Oppure dovrà affrontare una bancarotta fuori dalla zona euro, che secondo alcuni sarà di mille miliardi di euro, secondo altri moltiplicata all’infinito?

Angela Merkel non può più tirarsi indietro e deve decidere una volta per tutte: o la zona euro si smembra questa estate, o proseguirà nel suo cammino doloroso come federazione del debito. La suspense è molto più forte di quella che si avverte nelle riunioni dei ministri per l’euro e durante la partita Bayern-Chelsea. Soprattutto nel momento in cui il ministro dell’interno tedesco raccomanda di non “mettere più soldi nel barile senza fondo”, e il vice governatore della Bundesbank, il consigliere economico più influente del governo tedesco, sostiene che i “greci hanno reso esecutivi i più grandi correttivi fiscali del dopoguerra e la riduzione del deficit strutturale che si esige è senza precedenti ed esorbitante”.

I pareri, insomma, sono divergenti. La cancelliera è una federalista convinta, ma sa che qualora facesse marcia indietro oggi e desse la sua approvazione a una condivisione dei debiti, e tutto ciò senza uno zar del budget a Bruxelles (o per meglio dire a Berlino), allora anche la Germania si ritroverebbe a sua volta al punto di non ritorno.

Tags
Ti è piaciuto questo articolo? Noi siamo molto felici. È a disposizione di tutti i nostri lettori, poiché riteniamo che il diritto a un’informazione libera e indipendente sia essenziale per la democrazia. Tuttavia, questo diritto non è garantito per sempre e l’indipendenza ha il suo prezzo. Abbiamo bisogno del tuo supporto per continuare a pubblicare le nostre notizie indipendenti e multilingue per tutti gli europei. Scopri le nostre offerte di abbonamento e i loro vantaggi esclusivi e diventa subito membro della nostra community!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni il giornalismo europeo indipendente

La democrazia europea ha bisogno di una stampa indipendente. Voxeurop ha bisogno di te. Abbònati!

Sullo stesso argomento