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Un tempo acclamato come un eroe, il giudice più famoso del mondo è ora accusato di abuso di potere per la sua inchiesta sul franchismo.

Baltasar Garzón, dall’altra parte della sbarra

Famoso per aver processato l'ex dittatore cileno Pinochet, il giudice spagnolo è oggi accusato di aver abusato dei suoi poteri durante le indagini sui crimini del franchismo. E la Spagna si chiede: è un eroe o un egomaniaco?

Pubblicato il 9 Aprile 2010 alle 15:57
Un tempo acclamato come un eroe, il giudice più famoso del mondo è ora accusato di abuso di potere per la sua inchiesta sul franchismo.

Con 22 anni di carriera giudiziaria alle spalle, Baltasar Garzón ha avuto modo di pestare i piedi a un gran numero di persone. Nelle schiere dei suoi nemici si contano figure di spicco di tutti i principali partiti politici, che un giorno lo abbracciavano e quello successivo finivano tra i suoi indagati.

Garzón non è mai stato un personaggio discreto. Non ha mai passato la patata bollente a qualcun altro. Al contrario, ha sempre fatto in modo che i casi più scottanti venissero affidati a lui, per la gioia dei suoi colleghi. La sua biografia è talmente fitta che a mala pena si riesce a trovare un fatto saliente di cronaca che non sia passato per le sue mani: dal narcotraffico al separatismo, passando per la corruzione in tutte le sue forme e il terrorismo di stato. Il prestigio di Garzón ha finito col varcare le frontiere nazionali. Si è occupato di casi eclatanti a livello mondiale: ha richiesto un ordine d'arresto per Pinochet, ha provato con ogni mezzo a processare Berlusconi, ha emanato addirittura l'ordine d'arresto per Bin Laden.

Nonostante la fama di giustiziere senza confini, qualcuno si è chiesto come mai tra le vittime di Garzón non ci fosse nessun grande industriale. Non è stato lui, ad esempio, a condurre le indagini su Mario Conde, presidente della Banesto. A tal proposito c'è anche chi è convinto che davanti alle grandi istituzioni bancarie del paese, come la Bbva e il Banco di Santander, non sia stato il massimo in fatto di fermezza e integrità. È stato anche accusato di aver intascato un "aiuto" dal Banco di Santander per pagarsi un corso negli Stati Uniti, anche se la banca nega tutto. Un'insinuazione che avrebbe potuto costargli la carriera.

La figurina mancante

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La parabola di Garzón è andata avanti senza pause, sempre in prima linea e in prima pagina, come se il suo attivismo fosse inesauribile. Garzón sembrava destinato a restare per sempre sul piedistallo. I suoi tentativi di fare carriera nell'Audencia Nacional, nel Supremo Tribunal o alla Corte internazionale dell'Aia si infrangevano regolarmente. Garzón non sembrava poter contare mai sull'indispensabile appoggio dei suoi colleghi. Ogni volta si verificava una coincidenza che operava a suo sfavore. Alla sua destra e alla sua sinistra si formava sempre una maggioranza che lo escludeva.

Considerando il suo palmarés, si poteva ipotizzare che nel curriculum di Garzón mancasse ancora un personaggio, l'ultima figurina per completare l'album. Dopo aver esplorato i meandri paludosi della democrazia spagnola, gli mancava la revisione del passato. E nel passato lo aspettava la figurina mancante: Francisco Franco. Garzón aveva saldato i conti con molta gente, ma non si era mai spinto nel territorio della dittatura spagnola. Fino al settembre del 2008, quando ha deciso di aprire una indagine sul franchismo per supplire alle mancanze della Legge della Memoria, che aveva lasciato inascoltate molte richieste di giustizia delle famiglie delle vittime della Guerra Civile. Garzón è riuscito a portare avanti l'inchiesta grazie alla sua straordinaria dedizione al lavoro, sostenuta dal suo carattere deciso (oltre che dall'insonnia). L'indagine su Franco è proseguita anche quando Garzón si è dovuto occupare dello spinoso caso Gürtel sulla presunta rete di corruzione all'interno del Partito Popolare.

Fine della parabola?

Garzón ha vissuto costantemente sotto assedio, bersagliato dagli alleati delle sue vittime. Con il tempo ha imparato che il copione è sempre lo stesso. Oggi si sente pronto a reggere qualunque pressione, come ha scritto nel libro in cui ha raccolto i suoi pensieri, El mundo sin miedo. In tutti questi anni Garzón ha saputo superare i momenti peggiori con la destrezza di un equilibrista. Ogni volta che è stato messo sotto accusa da una fazione, quella concorrente si è levata in sua difesa.

Negli ultimi tempi, però, le cose sono cambiate. Nella ristretta cerchia della giustizia, la sensazione che Garzón sia invincibile e inesauribile sta perdendo di forza. Sono in troppi a pensare che Garzón non sia più necessario come prima. Soprattutto sembra sempre più indigesto al mondo politico, dove tutti quanti hanno avuto modo di sperimentare la sua inclemenza. Leggendo alcuni passi del suo libro, traspare la sensazione che Baltasar Garzón sia convinto di essere al mondo per recitare una parte, pronto ad accettare i sacrifici che ne derivano. Resta da vedere se è pronto per un finale imprevisto. (as)

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