Prima la nazionalità, poi l’Europa

Secondo gli euroscettici l’integrazione europea minaccia le identità e le culture nazionali. Ma esiste una “identità europea” comune? Nella sua serie sugli euro-miti, De Groene Amsterdammer cerca di capire come la pensano i cittadini dell’Unione.

Pubblicato il 2 Agosto 2012 alle 11:14

Più aumenta l’integrazione europea e più sbiadiscono le identità e le culture nazionali. È questa, in poche parole, la grande paura degli euroscettici. Ma è anche la speranza implicita dei federalisti: più si rafforza l’identità europea dei cittadini del vecchio continente e meglio è.

In realtà non è affatto vero che una maggiore cooperazione europea porta necessariamente alla perdita di identità nazionale. Una lunga serie di studi dimostra che i cittadini associano se stessi prima di tutto con il loro paese e successivamente (in misura molto minore) con l’Europa.

Naturalmente ci sono differenze tra paese e paese e la risposta dipende da come viene formulata la domanda, ma la sensazione di connessione è chiara. Prima il paese, poi l’Europa. Recita l’Eurobarometro 2010: “Quasi tutti gli intervistati si sentono più legati al loro paese […] È una tendenza che si ripete in ogni stato dell’Ue”.

L’idea che la politica (più partecipazione democratica, un Parlamento europeo più forte), l’istruzione (programmi di interscambio, lezioni di storia europea nelle scuole) o la coesione sociale (aumento del senso di unità tra i paesi europei) potrebbero contribuire a creare un’identità europea si è già dimostrata priva di fondamento nel decennio scorso. La tendenza è anzi esattamente l’opposto e non importa quanto alcuni tecnocrati Ue vorrebbero che la realtà fosse diversa.

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Ancora l’Eurobarometro: “i fattori che determinano l’identità nazionale sembrano essere cambiati dal 2009. Diminuisce l’enfasi su concetti elusivi e soggettivi (i sentimenti, la condivisione, il credo), e aumenta quella su elementi oggettivi e concreti (il luogo di nascita dell’intervistato e dei genitori, il posto dove è cresciuto, le conoscenze linguistiche e i diritti civili)”.

Due commenti. In primo luogo va detto che l’una non esclude l’altra. Una forte identità nazionale può tranquillamente convivere con un’identità europea. Questo è certamente il caso di molti paesi dell’Europa orientale, dove la maggioranza delle persone si sente anche europea. Lo stesso accade in Italia e Belgio.

In secondo luogo la crisi ha probabilmente aumentato la sensazione di unità e coesione, nonostante sia un sentimento che riguarda più il destino che l’identità. Ma resta il fatto che “l’identità guazzabuglio” non esiste.

Parte 8 della serie

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