Rabat, 2007, Nicolas Sarkozy al parlamento marocchino.

Il nuovo padrone d’Europa

Berlino non è più il centro d'Europa. Il modello tedesco di gestione dell'economia europea non ha resistito alla crisi. Come dimostra il piano di salvataggio approvato nei giorni scorsi, ora l'Unione è in mano a Nicolas Sarkozy.

Pubblicato il 12 Maggio 2010 alle 14:47
Rabat, 2007, Nicolas Sarkozy al parlamento marocchino.

La politica è un mestiere crudele. Vittoria e sconfitta spesso vanno a braccetto, come il trionfo e il fallimento. Talvolta, si perde tutto in poche settimane. Ultimo esempio in ordine di tempo quello di Angela Merkel. Alla fine di marzo era ancora la sovrana d’Europa, aveva prevalso al summit di primavera di Bruxelles, aveva dettato le sue condizioni mentre si negoziavano i termini dell'aiuto alla Grecia. Secondo lei, più di ogni altra cosa, era necessario non fare nulla. E gli altri stati dovevano rassegnarsi.

Sei settimane dopo, l’ex sovrana d’Europa appare alquanto ridimensionata. La sua prudenza non l’ha portata a nulla. Il suo potere si è eroso, in Germania come in Europa. Quando nel weekend scorso gli stati europei hanno messo a punto nell’arco di una sola notte un mastodontico piano di interventi per salvare l’euro, è la Francia ad aver preso il timone della situazione, d’intesa con l’Italia e gli altri paesi del Mediterraneo.

Gli avvenimenti degli ultimi giorni sono il segno di una rottura. La crisi finanziaria e le iniziative di salvataggio dell’euro hanno sconvolto l’Unione, da cima a fondo. L’Unione adesso diverrà più francese e meno tedesca, e non soltanto perché il presidente francese Nicolas Sarkozy ha saputo presentarsi come un manager lungimirante nella crisi mentre i pensieri della Merkel erano ancora rivolti verso le elezioni in Nord Reno-Westfalia. In futuro la politica europea sarà alla “francese” e così pure i metodi e il funzionamento delle istituzioni.

Addio patto di stabilità

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Alla fine della settimana scorsa, insomma, i tedeschi hanno capitolato, abbandonando una posizione che fino a pochissimo tempo fa era sacra ai loro occhi. Ormai le cose funzionano come decide Parigi: il patto di stabilità dell’euro – invenzione tedesca – nella sua forma attuale finisce nella spazzatura. Per adesso, infatti, non è il patto a garantire la stabilità della moneta unica, bensì il piano da 110 miliardi per i greci e il fondo da 750 miliardi previsto per altri stati che potrebbero fare bancarotta.

Di fatto è scomparso anche il divieto di effettuare salvataggi in extremis: negli ultimi mesi i tedeschi avevano fatto ricorso a questa clausola per premunirsi contro eventuali ricorsi alla loro corte costituzionale. I francesi erano lontani da simili idee e in definitiva sono loro a essersi imposti. Sarkozy si è avvicinato al suo obiettivo di governo economico tra i 16 membri della zona euro, ed effettivamente è questo il gruppo che ha preso le decisioni cruciali dello scorso fine settimana. La Commissione europea si è vista relegata in un angolo.

Nondimeno quella dello scorso weekend è stata un’occasione in più per tutti i paesi della zona euro per capire che nulla d'ora in poi sarà possibile senza una leadership politica e un evidente rafforzamento della collaborazione economica tra i paesi partner. Fino a questo momento i tedeschi erano sempre stati sordi da quest'orecchio. Adesso invece l’Europa disporrà di un governo economico, ufficiale o no. L’Unione europea non ha altra scelta se intende rimediare ai vizi di fondo della sua moneta.

La rivoluzione è permanente

Ma oggi è anche la visione francese della Banca centrale europea ad aver avuto la meglio: concepita secondo il modello tedesco della Bundesbank come istituzione indipendente, la Bce si è improvvisamente lasciata coinvolgere nell’accordo raggiunto a Bruxelles lo scorso fine settimana. Si è dichiarata pronta, in caso di emergenza, a rilevare i debiti degli stati sull’orlo del fallimento. La sua indipendenza non è che un ricordo. La banca centrale non è più che l’organo esecutivo degli organi politici. Un fatto senza precedenti e potenzialmente rivoluzionario.

Non dobbiamo essere ingenui. Non dobbiamo credere che l'ortodossia tedesca tornerà a rimettere le cose a posto una volta che le borse si saranno calmate e la crisi finanziaria sarà finalmente alle spalle. É bastata una settimana a far cadere i tabù europei, uno dopo l’altro. Quando i partner europei cominceranno a riflettere sulle conseguenze di questa crisi dell’euro e a definire le nuove regole del gioco nell’ambito dell’unione monetaria, i tedeschi si ritroveranno in una posizione delicata. Il loro modello europeo non ha resistito alla prova. E loro stessi lo hanno riconosciuto sottoscrivendo il piano di soccorso per la moneta europea. (ab)

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