Attualità L’umorismo in Europa (1/10)
Poster di "Kampfzone Bundestag" presentato al Distel Kabarett. Berlino 2012

La satira tedesca, una tradizione ben organizzata

Chi ha detto che i tedeschi non sanno divertirsi? In questo primo episodio della sua serie sull’umorismo, Le Monde esplora i Kabarett, i templi della satira politica che sono rimasti in piedi anche ai tempi della Germania dell’est.

Pubblicato il 20 Agosto 2012 alle 14:38
Distel  | Poster di "Kampfzone Bundestag" presentato al Distel Kabarett. Berlino 2012

Parlare di umorismo tedesco è una missione impossibile? Il cliché del teutone privo di qualsiasi senso dell’umorismo è tenace, ed è stato persino nobilitato dalla letteratura. Nel 1919 il celebre giornalista e scrittore Kurt Tucholsky scriveva: “Quando un tedesco racconta una buona barzelletta politica, la metà del paese si arrabbia sul divano?” La verità è che uno humour tedesco esiste, potete starne certi. E se dall’esterno sembra meno accessibile è soltanto perché è ben organizzato.

Lo humour tedesco ha persino un suo tempio: il Kabarett. La tradizione che risale all’inizio del Ventesimo secolo è soltanto lontana parente del cabaret francese, da cui prende il nome. Al Kabarett non ci sono balli né donne semi-nude, ma un sobrio palco teatrale consacrato alla satira politica. Durante lo spettacolo uno o molti attori mettono in scena diversi sketch, spesso accompagnati da canzoni.

Rispetto agli spettacoli puramente umoristici c’è una differenza fondamentale: qui si parla sempre di politica o dei problemi della società. Ogni grande città dispone di uno o più teatri dedicati al Kabarett, che è molto presente anche nelle emittenti televisive.

La tradizione è talmente radicata che ha saputo sopravvivere a due diverse dittature nel corso del Ventesimo secolo. Molto popolare negli anni Venti, il Kabarett è riapparso nel dopoguerra ed è riuscito a sopravvivere sotto il regime della Germania dell’est. “Non esiste un altro esempio di dittatura che abbia pagato gli attori per prendere in giro il regime”, spiega Dirk Neldner, direttore del Distel (il cardo), il più celebre Kabarett di Berlino est. Il suo primo spettacolo, del 1953, si intitolava: “Evviva, l’umorismo è finalmente pianificato!”

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Nonostante gli autori attaccassero spesso il regime comunista, il teatro ha continuato a beneficiare dei fondi statali. Il motivo? Il radicamento profondo della satira nella cultura tedesca come forma antica di “igiene politica”. Come il carnevale di Colonia, dove dopo due secoli i carri decorati continuano a deridere per una giornata intera il clero e i politici, il Kabarett è un luogo dove ci si può esprimere e condividere le critiche verso i potenti.

Dirk Neldne individua in questa tradizione una caratteristica tipica dell’umorismo germanico. “I tedeschi hanno bisogno di andare da qualche parte per ridere insieme”, spiega. Una teoria che però non è condivisa da Werner Doyé, autore di “Toll!” (“Super!”), una striscia settimanale di satira politica in onda su Zdf: “Fino a quando c’era la dittatura ridere al Kabarett aveva un effetto rassicurante, ma questo non vuol dire che la gente non raccontasse barzellette a casa”.

“Il cliché del tedesco serio viene dal fatto che la scena umoristica si è scontrata per molto tempo con il rispetto dell’autorità. In Germania molti argomenti erano proibiti, diversamente da quanto accadeva in Inghilterra. Ora non è più così”. La prova? Cosa fa Angela Merkel con i suoi vestiti vecchi? Li indossa!

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