Una democrazia giovane e già corrotta

A Tallinn gli scandali si susseguono senza tregua. I politici preferiscono tacere per paura di essere indagati. Le istituzioni non riescono a imporre il rispetto della legalità e la popolazione è troppo delusa per reagire.

Pubblicato il 4 Settembre 2012 alle 15:22

Finora lo scandalo Silvergate, scoppiato ormai tre mesi fa, non sembra aver prodotto grandi cambiamenti. Lo scudo di protezione della classe politica estone sembra così solido e la sua incapacità a confrontarsi con se stessa così assoluta che non c'è troppo da stupirsi.

Tuttavia sarebbe sbagliato dire che questo sconvolgimento politico non abbia avuto alcuna conseguenza. Alcuni politici sono inquisiti e la concezione manichea della politica ostentata dai partiti al potere come fonte di legittimazione ha perso molta della sua forza. Inoltre la Commissione costituzionale del parlamento aspetta proposte da parte della società civile e degli specialisti per modificare la legge sui partiti.

Inoltre siamo di fronte a una "cartellizzazione" della vita politica. A causa della breve esperienza democratica questo fenomeno si è realizzato molto rapidamente in Europa centrale e orientale. Da questo punto di vista l'Estonia è stata di certo il paese più "esemplare".

Si capisce allora il silenzio della nostra classe politica. Alcune forme di finanziamento dei partiti sono diventate un argomento tabù e si preferisce non evocare questi argomenti durante gli scontri politici. In ultima analisi il vero errore di Silver Meikar, non solo per la sua formazione politica (Reformierakond) ma anche per gli altri partiti, è stato quello di aver violato questo patto tacito. Anche i partiti di opposizione, di solito sempre pronti a mettere in risalto ogni piccolo passo falso dei partiti al potere, hanno preferito rimanere in silenzio. Tutti sanno bene che scagliando la prima pietra su qualcosa che potrebbe venire rimproverato anche a loro, la vendetta sarebbe ancora più feroce.

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Così lo scandalo Silvergate ci dà un'immagine dei partiti estoni come una sorta di club di cospiratori, la cui coscienza non è molto tranquilla e che di conseguenza non osano affrontare pubblicamente queste vicende. La progressiva fusione dei partiti con le strutture statali e il loro allontanamento dalla società è un'altra delle tendenze attuali della politica estone. L'élite politica vive sempre più in una bolla.

Non c'è bisogno di una straordinaria capacità di analisi per capire i pericoli che una tale situazione comporta per la democrazia. Ormai siamo arrivati a un punto in cui se i quattro partiti rappresentati al parlamento dovessero prendere una decisione di comune accordo, in Estonia non vi sarebbe più nessuno capace di dire no ad alta voce.

Il silenzio del presidente

Tanto le istituzioni quanto la società civile, i media o il presidente Toomas Hendrik Ilves, che avrebbero potuto fare pressione e rompere la legge del silenzio, non sono riusciti a farlo. Anche se la società civile si è un po' rafforzata in questi ultimi anni, in Estonia non esiste una vera cultura di contestazione e i partiti al potere sono molto forti e finiscono per riprendersi subito da qualsiasi azione pubblica. I cittadini, delusi e offesi, hanno quindi preferito rimanere a lamentarsi a casa loro.

Anche se hanno reagito con forza a questo scandalo, i media si sono concentrati sulla ricerca dei colpevoli e non hanno avviato un dibattito costruttivo. Del resto si ha l'impressione che la cultura del dibattito sia scomparsa lasciando il posto a una "cultura dell'insulto". Non sappiamo più discutere e risolvere i problemi in modo equilibrato e rispettoso della controparte.

Inoltre grande sorpresa ha destato la reazione del presidente, che ha voluto lanciare un avvertimento ma che si è rivelato però molto più discreto rispetto alla reazione avuta in occasione di un altro scandalo recente [che riguardava il partito centrista Keskerakond], ma molto meno grave per la democrazia estone.

Si ha ormai un'immagine chiara della società estone: da un lato i partiti-cartello, dall'altro le istituzioni incapaci di costringere i politici ad affrontare le loro responsabilità. Le conseguenze per il paese sono tristi. Abbiamo costruito un sistema privo di quei meccanismi di contropotere e di controllo delle istituzioni democratiche che sono i partiti politici. È un sistema che rischia di chiudersi in se stesso, diventando completamente sordo alla voce della società, e di perdere un aspetto essenziale della sua natura: la capacità di fare autocritica.

Silvergate

Ombre sul ministro della giustizia

Lo scandalo politico è scoppiato nel maggio scorso a causa delle donazioni sospette effettuate dai membri del partito al potere Reformierakond (Partito estone della riforma, liberale) alla loro formazione politica. La vicenda porta il nome Silvergate a causa del protagonista Silver Meikar (nella foto), un ex membro del partito che ha rivelato di aver accettato di trasferire delle donazioni senza conoscere l'origine di questo denaro in contanti. Secondo Meikar altri membri del partito sarebbero coinvolti, in particolare l'attuale ministro della giustizia Kristen Michal. Un altro ex iscritto ha ammesso di aver ricevuto mille euro da parte di un membro del gruppo parlamentare del partito sotto fora di donazione personale.

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