"In tedesco 'rigore' si dice 'sparpaket'". "In inglese 'rigore' si dice 'austerity'". "In francese 'rigore' non si dice".

L’Europa alla prova del rigore

Alla vigilia di un Consiglio europeo che si annuncia spinoso, quasi tutti i paesi membri hanno presentato i loro piani di austerity. Ma la stampa europea teme che non bastino a tirare fuori l'euro dalla crisi.

Pubblicato il 16 Giugno 2010 alle 16:42
"In tedesco 'rigore' si dice 'sparpaket'". "In inglese 'rigore' si dice 'austerity'". "In francese 'rigore' non si dice".

"L’Europa è salva, gli europei pagheranno di più": all’indomani del verdetto emesso dalla Commissione europea sui piani di austerità fiscale varati da una decina di paesi membri, che dovrebbero consentire un risparmio di circa 300 miliardi di euro, Rczespospolita riassume così l’atmosfera che si respira a Bruxelles. Tali programmi saranno discussi in occasione del Consiglio europeo del 17 giugno.

"La prospettiva che la Grecia fallisca ha sconvolto l’Europa e ha indotto paesi solidi dal punto di vista finanziario a avviare pesanti tagli", osserva il quotidiano polacco. Nel resto d’Europa i piani di austerità presentati finora interessano soprattutto il settore pubblico, continua Rczespospolita, che avverte che “i tagli provocheranno ulteriori tensioni sociali e ondate di proteste”. Secondo il quotidiano polacco, il prossimo paese a farne le spese sarà ila Gran Bretagna: il 22 giugno sarà annunciato il piano di austerità e, come anticipa il Financial Times, i tagli al bilancio “saranno superiori del 20 per cento a quanto aveva proposto il precedente governo laburista”.

In cima all’elenco dei paesi che dovranno fare grossi sacrifici c’è la Spagna. El País annuncia che “Bruxelles chiede un aggiustamento supplementare pari ad altri 8 miliardi di euro entro il 2011”. Esso andrebbe a sommarsi a quelli con cui si prevede di risparmiare 11 miliardi di euro. Oltre ai tagli di bilancio, però, Bruxelles chiede riforme immediate del sistema pensionistico e del mercato del lavoro. L'editoriale di El País si rallegra che la Commissione non abbia “dimenticato di smentire che è in preparazione un piano di salvataggio per la Spagna”, ma ricorda che “tutto ciò non è ancora sufficiente”. Ora bisognerà “capire se la Spagna resterà nell’euro”, commenta invece El Mundo, secondo il quale “anche se in ritardo Zapatero ha preso la decisione giusta: si è allineato sulle politiche dei grandi paesi applicando misure che possono farci uscire da questa crisi ed evitarci seccature più importanti, come sarebbe accaduto se si fosse dovuto varare un piano di salvataggio in extremis”. Per quanto riguarda il vicino Portogallo, “le nuove misure di austerità annunciate da Lisbona non bastano per raggiungere gli obiettivi fissati per il deficit di bilancio nel 2011”, nota Público. In effetti, secondo la Commissione europea il Portogallo dovrà fare uno sforzo supplementare per altri 2,5 miliardi di euro.

Nonostante il piano di rigore che comporta risparmi per circa 100 miliardi di euro spalmati su tre anni e il controverso slittamento dell’età pensionistica da 60 a 62 anni, la Commissione “ritiene che la politica di bilancio francese non rappresenti quello sforzo concertato a Parigi dai ministri delle finanze dell’Unione europea”, sottolinea Le Monde. "Gli altri undici paesi inclusi nel rapporto sono sulla stessa barca", scrive Le Figaro, secondo il quale nel clima statico che circonda le prospettive di ripresa, “Bruxelles ha preferito non agitare le acque, in quanto la crisi avrebbe richiesto una strategia coordinata di crescita e risanamento di bilancio. Il che equivale alla quadratura del cerchio”.

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Le misure adottate dal governo italiano hanno invece ottenuto il placet di Bruxelles, scrive La Stampa, anche se hanno scatenato la collera delle regioni, che ritengono di dover sostenere troppi sacrifici. Inoltre, aggiunge La Stampa, l’Italia minaccia di opporre il veto al Consiglio europeo se non sarà accettata la sua definizione di debito: Roma vuole che sia considerato anche l’indebitamento privato, mentre per Berlino “il debito è solo pubblico”.

Soddisfazione anche in Repubblica Ceca: secondo Hospodářské noviny la Commissione ha giudicato “soddisfacente” il pacchetto adottato dal governo ad interim di Jan Fischer. Rczespospolita osserva mentre più della metà degli stati membri ha ormai presentato piani di austerità, la Polonia è ancora indietro. Varsavia non potrà tuttavia esimersi: all’ordine del giorno ci sono l’aumento dell’età pensionistica e la riforma dell’assistenza sociale per gli agricoltori.

"Regole più severe per i bilanci nazionali non rappresentano una strategia", obietta Die Zeit, che suggerisce a Berlino di abbandonare il suo chiodo fisso, limitare i debiti propri e altrui. “L’Ue metterà alla gogna gli stati troppo indebitati, come ha voluto la Germania, anche se per indebitarsi occorre sempre essere in due: debitore e creditore” prosegue il settimanale, sottolineando il fatto che proprio la Germania, con le sue esportazioni, ha contribuito alle difficoltà di Grecia e Spagna. Da ciò la sua proposta: l’Ue dovrebbe sanzionare non soltanto i paesi indebitati, ma anche gli stati con eccedenze troppo cospicue. Anche per questo Tagesspiegel suggerisce al governo di Angela Merkel di “occuparsi finalmente dei consumi interni, se intende garantire la stabilità dell’euro. I consumi, in ogni caso, non potranno riprendere subito, perché i tedeschi stanno tirando la cinghia per paura di andare incontro a un declassamento sociale”. Der Spiegel cita invece uno studio secondo il quale la classe media si sta riducendo: oggi ne fa parte il 60 per cento dei tedeschi, contro il 66 per cento di dieci anni fa. (ab)

Opinione

Mentalità ristretta

Finora “la tirannia dei piccoli paesi è tornata utile all’Unione europea”. Ma in macroeconomia, avverte Wolfgang Munchau sul Financial Times, essa può rivelarsi controproducente. Munchau ritiene infatti che i piccoli paesi possano comportarsi come se il loro operato non avesse alcun effetto sul resto del mondo e la zona euro fosse l’economia principale del pianeta. Politici ed economisti sono preoccupati per l’ “ossessione” tedesca per l’austerità, osserva Munchau, per il quale la Francia, che ritiene che questo trend conduca alla recessione, pare essere l’unica a possedere “una mentalità da grande paese”. Bruxelles e Francoforte invece negano l’importanza della crescita, considerata un problema puramente strutturale. L’attuale strategia di Bruxelles, assicura Munchau, pone due problemi: è più orientata verso la competitività che verso la crescita e manca il coordinamento macroeconomico tra i paesi membri necessario alla lotta contro l’indebitamento.

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