Attualità Integrazione europea

L’immaginazione al potere

Gli sforzi per promuovere l'integrazione europea si concentrano sugli aspetti economici e politici senza tenere conto delle differenze nell'immaginario dei popoli. Ecco perché l'Ue è così lontana dalla gente.

Pubblicato il 26 Settembre 2012 alle 15:48

Nel diciannovesimo secolo l'immaginazione sociale svolgeva un ruolo fondamentale nella formazione delle comunità nazionali sul continente europeo, come mostra il libro di Benedict Anderson, Comunità immaginate. L'idea è che i cittadini sono legati dall'immaginazione, anche se non intrattengono delle relazioni personali e perseguono degli interessi divergenti. Bisogna pensare, formulare e dare una forma tangibile a questo aspetto comunitario, ma in Europa non abbiamo ancora raggiunto questo stadio. Alcuni leader insistono sul vantaggio economico dell'integrazione europea, ma non osano affrontare le differenze culturali e di rado mettono in evidenza che il progetto europeo ha anche degli aspetti intellettuali e morali.

Si tratta di un compito difficile, poiché le differenze sociali e culturali sono numerose in Europa. A questo proposito vorrei mettere in evidenze due contrasti. Il primo, di natura orizzontale, riguarda il nord-ovest e il sud-est. Una delle principali differenze fra queste due regioni è che la prima è caratterizzata da un alto livello di laicità. Molte persone temono che questa caratteristica possa avere conseguenze disastrose per la società. Spesso si pensa che la gente, quando rinuncia a credere in Dio, si interessa poco alla sorte degli altri. Ma i fatti dimostrano il contrario. Di fatto il volontariato è più diffuso in paesi come la Svezia, i Paesi Bassi e il Regno Unito.

Un'altra differenza è che nel nord-ovest i cittadini sono più coinvolti nell'interesse generale, dimostrano un maggiore interesse per la politica e hanno più occasioni di esprimersi o di esercitare la loro influenza. Inoltre in questa regione sono presenti molte iniziative di carattere sociale, culturale e ricreativo e la società civile è molto sviluppata. Del resto non è un caso se i paesi di questa regione sono chiamati high trust societies [società fondate su relazioni di fiducia]. La fiducia reciproca che si accordano le imprese, i privati cittadini e altri esponenti della società contribuiscono allo sviluppo economico. Soprattutto nel nord-ovest si trova una società moderna, laica, ricca e democratica, dove si dà grande importanza alla professionalità, al dinamismo e alla dignità umana.

Tuttavia il divario non è solo orizzontale, ma anche verticale. Se per esempio ci domandiamo se si ha fiducia nell'Unione europea, esiste una forte correlazione fra il grado di fiducia e il livello di istruzione: fra le persone che hanno abbandonato la scuola a 15 anni solo il 37 per cento sembra dimostrare fiducia nell'Ue, mentre la percentuale sale al 63 per cento fra gli studenti universitari. Lo stesso fenomeno si può osservare nei confronti dell'allargamento dell'Unione europea. Quasi metà delle persone interpellate è contraria. Questo atteggiamento si osserva soprattutto fra le persone con un basso livello di istruzione (il 51 per cento) e molto meno fra quelli che continuano i loro studi (il 29 per cento).

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In generale i cittadini che si sentono minacciati dalla modernizzazione dimostrano meno ottimismo, e questo vale anche per l'Europa. Per fare in modo che il progetto europeo possa svilupparsi, bisogna poter creare un ponte fra queste differenze. Per stabilire un dialogo "orizzontale" ci vorrebbe un vero scambio fra le popolazioni del nord e del sud, e dell'est e dell'ovest, del nostro continente; bisognerebbe poter familiarizzare con i vari stili di vita, per esempio andando a vivere per un anno in un'altra regione d'Europa. Bisognerebbe in particolare essere molto attenti al modo in cui le idee, le sensibilità, i valori e gli ideali, le tradizioni e le ambizioni influiscono nella vita di tutti i giorni.

Il secondo dialogo dovrebbe invece riguardare il divario verticale. Ancora oggi esiste un'enorme differenza fra il modo della classe superiore della società - ricca e ben istruita - di guardare al progetto europeo, e l'atteggiamento di molti cittadini che hanno un livello di istruzione inferiore e che sono costretti a fare i conti con numerose incertezze. Questo divario non potrà essere colmato solo informando il pubblico o concependo una strategia di comunicazione ben organizzata. Se si vuole che l'Europa parli all'immaginazione bisogna prendere come punto di partenza le esperienze e le attese, i valori e le preoccupazioni della gente normale.

Un dialogo del genere potrà riuscire solo se i politici adotteranno un nuovo comportamento. Importanti categorie della popolazione si sentono abbandonate dalle élite moderne al potere, che non brillano certo per la loro empatia o per il loro impegno sociale. La loro visione del mondo è al tempo stesso dura e liberista.

Un dialogo del genere è possibile? Penso che la dinamica culturale che ha portato alla vita moderna comprenda un certo numero di principi filosofici che, consciamente o inconsciamente, sono condivisi da un gran numero di europei. Si tratta di parole chiave come libertà, ragione, uguaglianza, autonomia, impegno e dignità umana. Il dibattito dovrebbe coinvolgere anche i mezzi per mettere in pratica questi principi.

Del resto l'avvio di questo dialogo significa che non consideriamo più l'integrazione europea come un "processo irreversibile". La storia segue uno svolgimento dialettico. Nella società gli uomini di potere hanno un ruolo importante, ma lo stesso vale per i cittadini. Di conseguenza chiunque voglia imporre il progetto europeo come una necessità non deve stupirsi di assistere al moltiplicarsi dei sostenitori di partiti [euroscettici] come l'Sp [Partito socialista olandese] e il Pvv [Partito della libertà].

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