C’è poco da ridere

Film e vignette su Maometto hanno scatenato l’ira dei musulmani e l’indignazione di politici e intellettuali. Ma a parte la sensibilità religiosa il problema è un altro: non sono intelligenti né divertenti.

Pubblicato il 28 Settembre 2012 alle 14:34

L'edizione del 28 settembre della rivista satirica Titanic mostra in prima pagina l’ex first a lady tedesca Bettina Wulff minacciata o protetta - a seconda dell’interpretazione - da un arabo armato di scimitarra. Un fotomontaggio puerile che dimostra l’atteggiamento debole e timoroso del giornale. E’ proprio il caso che Wulff e le sue velleità, che sono già state ampiamente derise in Germania, debbano far ancora parlare di sé?

E’ un argomento stantio, e questo è un altro dei problemi di Titanic: continua a servire le stesse minestre riscaldate. A meno che non sia un altro tentativo di un pugno di giornalisti di giocare coi nervi dei musulmani per sapere se sono davvero come ce li immaginiamo: pronti a introdursi con una cintura esplosiva nelle redazioni dei giornali satirici di Francia e Germania e a fornire così ai mattacchioni la conferma che il loro humour coglie nel segno.

Vedendo che qualche migliaio di persone si sono scagliate contro il film Innocence of muslims in Egitto, Siria e Iran, alcuni politici tedeschi si sono preoccupati per il “colpo” annunciato da Titanic. Il ministro degli esteri Guido Westerwelle ha dichiarato che bisognerebbe evitare di gettare benzina sul fuoco.

Intanto la francese Christine Boutin ha detto di voler denunciare Charlie Hebdo, ritenendo che le caricature di Maometto che ha pubblicato rientrano nei criteri dell’istigazione all’odio razziale. E l’eurodeputato verde Daniel Cohn-Bendit è uscito dai gangheri in tv, definendo i dirigenti di Charlie Hebdo “coglioni” e “masochisti” che si compiacciono nella propria paura. Bene.

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Raramente la satira ha fatto tanto parlare di sé. Raramente in Germania e ancor di più in Francia c’è stata tanta agitazione per delle vignette. Raramente abbiamo visto tanti partigiani e nemici della satira sfidarsi a colpi di denunce e incitamenti a volte sbalorditivi. [Il celebre giornalista d’inchiesta tedesco] Günter Wallraff ha invitato tutti i media europei a pubblicare una serie di caricature critiche nei confronti dell’Islam, affinché la “dimostrazione di libertà” (concetto espresso con la massima serietà) non sia soltanto limitata a un manipolo di coraggiosi.

Questa vibrante audacia è in realtà una forma di collera della neo-borghesia, convinta che l’ordine liberale possa essere sconfitto da pazzi islamisti e che “l’arte sacra” sia un mezzo per salvaguardare la nostra apertura di spirito. Matite affilate contro le scimitarre, insomma.

Ma fa male vedere che proprio quando se ne parla tanto la satira è cattiva come raramente lo è stata prima. Il problema non viene dalla scadente fattura delle vignette di Charb pubblicate sul settimanale Charlie Hebdo, ma dall’indigenza intellettuale di tutte le immagini, i montaggi e le battute che puntano solo a fomentare gli animi.

Non c’è niente di sensazionale in queste manifestazioni, tranne il fatto che gli autori si avventurano su un terreno delicato e inesplorato, eccitati dal fatto che è impossibile conoscere in anticipo le reazioni alle proprie opere. Scateneranno un putiferio o verranno assorbite?

Attaccare i politici non serve a niente. La responsabilità è dei personaggi televisivi di bassa lega che non si rendono conto che i loro discorsi sono ancora più svilenti di quelli dei politici. L’unico modo che ha un autore satirico di guadagnare è attaccare la decenza religiosa: il Papa denuncia, il consiglio del culto musulmano denuncia gli attentati al sentimento religioso dei fedeli e i satiristi rispondono cavalcando il patriottismo costituzionale: un paese libero non può vietare la satira.

Leo Fischer, caporedattore di Titanic, ha dichiarato che “i musulmani devono tollerare le barzellette che li riguardano”. Ma è altrettanto vero che ormai sono noiose. Probabilmente alla fine i musulmani finiranno col tollerarle, come noi dobbiamo abituarci all’idea che la satira politica tedesca non ci darà più spunti negli anni a venire, perché ormai ci siamo abituati.

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