Votazione del rapporto Reach sui prodotti chimici. Foto: Commissione europea

785 tecnici si aggirano per l'Europa

Trattamento di sostanze chimiche, emissioni di Co2: le questioni affrontate dagli europarlamentari sono spesso molto tecniche. La costruzione dell'Europa passa anche da questo lavoro certosino.

Pubblicato il 21 Maggio 2009 alle 19:06
Votazione del rapporto Reach sui prodotti chimici. Foto: Commissione europea

Parlamenti famosi come la Camera dei comuni britannica hanno dietro di sé una lunga storia. Non è questo il caso del Parlamento europeo, diventato nel corso degli anni un'istituzione confusa e vaga che rappresenta in totale quasi mezzo miliardo di cittadini in tutta l'Unione. "Non è un parlamento normale" ammette Jean-Luc Dehaene, ex premier belga e leader della lista del Partito cristianodemocratico e fiammingo (Cd & V) per le prossime elezioni europee: "Penso che il Congresso degli Stati Uniti sarebbe un paragone più appropriato che non i parlamenti dei paesi europei. Inoltre, il fatto che non rappresentiamo un singolo stato nazionale ci rende meno visibili."

"Le cose cambiano", sostiene Graham Watson, presidente del gruppo parlamentare liberale nel Parlamento europeo. "Al momento non possiamo certo paragonarci all'Assemblea costituente nata dalla Rivoluzione francese. Stiamo ancora cercando di costruire il paese 'Europa'." Watson, che non nasconde le sue intenzioni di diventare presidente del Parlamento, è stato testimone di questa evoluzione nei quindici anni trascorsi dalla sua elezione. "Nel 1994 l'80 per cento del Parlamento era composto da anziani politici che avevano fatto carriera nei rispettivi paesi. Oggi i deputati veramente intenzionati a farlo funzionare sono molti di più. Dai tempi della sua creazione, le aree di competenza del Parlamento si sono ampliate. Oggi siamo in grado di fare cose importanti."

Le cose importanti incontrano spesso degli ostacoli. Molti parlamentari devono occuparsi di argomenti assai tecnici, come il trattamento delle sostanze chimiche (la direttiva Reach) o le emissioni di CO2 dei vari tipi di veicoli. Sono questioni essenziali, che influiscono direttamente sulla vita e sul lavoro dei cittadini, ma che sono spesso difficili da spiegare. Per Dehaene è normale che i suoi colleghi si concentrino sugli aspetti tecnici: "Chi si specializza può arrivare a rappresentare tutto il Parlamento nelle trattative tra la Commissione e gli Stati membri. È l'opportunità di occupare una posizione importante, certo più che in un parlamento nazionale. Possiamo negoziare da pari a pari con un ministro o un commissario europeo." Gli europarlamentari, inoltre, approfittano della frammentazione del potere dell'Unione europea.

Dorette Corbey (PvdA, Partito laburista olandese) è una di quei parlamentari che hanno dovuto immergersi tra i dossier specialistici. Nei lavori sulla direttiva Reach e sul pacchetto energia-clima, ha portato avanti negoziati con membri della Commissione e del Consiglio dei ministri. "Ho potuto lasciare un segno sulla direttiva sui carburanti e su tutte le leggi relative alle energie rinnovabili e alle quote di emissioni di CO2." Per far questo ha dovuto buttarsi anima e corpo nella chimica e nell'ecologia. "È talmente difficile spiegare quello che abbiamo fatto che a volte ci rinuncio. La direttiva Reach è particolarmente tecnica. Quali sono esattamente le materie di competenza di un regolamento? A quali imprese si deve applicare? I test sugli animali sono necessari per garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini? A volte è frustrante pensare che siamo meno visibili dei membri dell'Assemblea nazionale, ma allo stesso tempo so che il mio lavoro ha conseguenze reali".

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Il lavoro dei parlamentari a Bruxelles e Strasburgo è così tecnico che i dibattiti sono spesso noiosi. "Questo per i media è un problema", nota Deahene. "A Strasburgo le regole del dibattito parlamentare inibiscono ogni aspetto spettacolare, per questo i media ci voltano le spalle. In fondo, se volessimo attirare la loro attenzione potremmo sempre organizzare un incontro di boxe tra i deputati, o far entrare in sala un uomo nudo", scherza. Riconosce però che la colpa è anche dei parlamentari: "Non abbiamo certo la stoffa degli attori." Nondimeno, Deahene non è convinto che si debba introdurre un sistema per staccare il microfono e interrompere i discorsi: "Con più di settecento persone in sala, serve una certa disciplina. Bisogna evitare i dibattiti senza fine".

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