David Cameron al vertice di Bruxelles del 19 ottobre 2012

I rapporti tra Londra e Bruxelles alla prova decisiva

Il 31 ottobre i deputati conservatori euroscettici e i laburisti hanno fatto passare un emendamento che chiede il taglio del budget dell'Ue. Il margine di Cameron nei negoziati ora è molto stretto.

Pubblicato il 2 Novembre 2012 alle 16:28
David Cameron al vertice di Bruxelles del 19 ottobre 2012

Il voto di mercoledì alla Camera dei Comuni col quale si esige un taglio al budget dell’Ue potrebbe segnare un momento di svolta nella quarantennale adesione del Regno Unito a questa istituzione. Anche se il governo potrebbe sostenere che tale decisione non è vincolante, è inconcepibile dal punto di vista politico che nei negoziati fissati a Bruxelles a fine mese David Cameron possa dirsi d’accordo anche solo con un congelamento della spesa.

Cameron crede che con il sostegno degli altri stati membri potrà garantirsi un accordo che per sette anni ancori gli aumenti annuali del finanziamento in contanti dell’Ue al livello dell’inflazione. Ma ciò significherebbe pur sempre dare all’Ue più soldi. E i parlamentari britannici sono palesemente stufi di essere gabbati da continue promesse di riforme. Proprio quando ogni ministero di Whitehall, ogni commissione, ogni ospedale deve affrontare ingenti tagli, è inaccettabile che l’Ue non faccia altrettanto. Non se ne dovrebbe neppure discutere. La Camera dei Comuni si è espressa in nome di una nazione alla quale è stato chiesto di fare quei sacrifici che l’apparato burocratico di Bruxelles si rifiuta addirittura di prendere in considerazione.

È vero che il sostegno dato dall’opposizione all’emendamento presentato dal parlamentare conservatore Mark Reckless è stato sfacciato. Nei tredici anni di governo laburista la spesa dell’Ue è cresciuta più dell’inflazione, e una sostanziale fetta dell’abbassamento dei prezzi ottenuto con grandi sacrifici nel paese è stata ceduta in cambio di riforme ai sussidi all’agricoltura che non si sono mai materializzati. Quando il partito ha lasciato il governo il contributo netto britannico era cresciuto del 47 per cento. Che ora i laburisti sostengano che l’Ue debba ridurre le proprie spese è grottesco opportunismo.

Nondimeno, il dado è tratto. Cameron potrà rammaricarsi della sconfitta di mercoledì, ma è giunto il momento che il Regno Unito assuma una posizione chiara nei confronti degli sperperi della Commissione europea. Greg Clark, ministro delle finanze e del tesoro, ha riferito ai parlamentari che la Commissione aveva ignorato la richiesta britannica di effettuare una spending review delle sue uscite amministrative, affermando che il suo staff era troppo impegnato. Nel momento in cui i governi nazionali stanno tutti tagliando le loro spese e alcuni stati membri sono in pratica insolventi, una simile impudenza non dovrebbe essere tollerata oltre.

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La sconfitta di mercoledì non dipende solo da fattori economici. Deve essere considerata invece nel più ampio contesto del futuro del Regno Unito nell’Ue e del suo crescente allontanamento da essa. Tenuto conto che ci sono ministri che, come Michael Gove, mettono apertamente in discussione la convenienza della nostra adesione all’Ue, c’è la sensazione che dopo quarant’anni nell’Unione europea siamo arrivati a un crocevia. Al governo tocca scegliere la strada giusta da imboccare.

Negoziati

Un’Europa in svendita

“L’esito dei negoziati sul budget Ue dipenderà da tre elementi chiave: l’ammontare del budget, la sua redistribuzione e le riduzioni nazionali”, sottolinea su Pravda Radovan Geist, caporedattore di Euractiv.sk

Tutti e tre gli aspetti si basano sulla stessa domanda: quanto siamo disposti a spendere per il nostro futuro comune? Il secondopunto sembra avere la priorità, perché i leader politici tendono a pensare di poter comprare questo futuro a prezzo scontato.

Uno degli esempi più eclatanti, ricorda Geist, è la riduzione negoziata da Margareth Tatcher nel 1984, valida per i prossimi sette anni nonostante il Regno Unito “non sia più uno stato membro povero” néuno dei maggiori contribuenti pro capite. Tra gli altri stati dell’Ue che godono di riduzioni ci sono Germania, Paesi Bassi e Svezia, che sono tra i maggiori contribuenti in termini assoluti e pro-capite. Qualche giorno fa la Danimarca – secondo contribuente pro-capite dell’Ue – ha chiesto una riduzione. Francia e Italia – rispettivamente secondo e terzo contribuente in termini assoluti – non l'hanno ancora fatto, ma probabilmente chiederanno una compensazione sotto forma di concessioni sulla politica agricola e regionale. Anche la Finlandia potrebbe chiedere una compensazione.

I leader europei dimenticano che la spesa Ue è prima di tutto un investimento in obiettivi fissati da tutti gli stati. […] Invece di un’Europa a prezzo scontato, potrebbero ritrovarsi tra le mani un’Europa in svendita.

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