Olli Rehn, il timido guardiano

Come tutti i finlandesi, il commissario europeo agli affari economici e monetari ama tenere un basso profilo. Ma dopo l’aumento dei suoi poteri sul bilancio dei paesi membri non sarà facile.

Pubblicato il 9 Novembre 2012 alle 16:36

I politici francesi attribuiscono spesso la colpa delle decisioni impopolari a "Bruxelles". Ora possono anche dire "Olli Rehn", arricchendo così il loro vocabolario. A lungo sconosciuto, il vicepresidente finlandese della Commissione è diventato un personaggio fondamentale della politica europea, come dimostra la sua relazione del 7 novembre sulle previsioni di crescita in Europa.

Modesto fino all'eccesso, Rehn non insiste sulle sue nuove prerogative. "Non ho dei superpoteri", spiega a Les Echos. "Sono responsabile politicamente davanti al Parlamento europeo e la mia sola legittimità deriva dal Trattato europeo. Sono gli stati membri e il Parlamento che hanno deciso di rafforzare la governance economica, io ho solo il compito di obbligare gli stati ad applicare quello che chiedono".

Negli ultimi mesi, senza che l'opinione pubblica se ne sia accorta, ci sono stati grandi cambiamenti. Con la riforma avviata l'anno scorso con il trattato fiscale - il cosiddetto "six pack" nel gergo di Bruxelles - la Commissione europea ha ormai un ruolo fondamentale di guida economica.

Quando un paese esce dai limiti della disciplina di bilancio (il 3 per cento del deficit e il 60 per cento di debito pubblico) e non prende dei provvedimenti giudicati sufficienti, Bruxelles può facilmente multare i paesi responsabili. Ed è difficile sfuggire a questi provvedimenti, perché per opporsi lo stato deve riunire una maggioranza qualificata nel Consiglio, il che è quasi impossibile.

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Quando si dà il cattivo esempio è difficile ottenere un aiuto dagli altri. Inoltre i testi hanno affidato alla direzione generale di Rehn il compito di identificare gli "squilibri macroeconomici" che si creano negli stati, come la perdita di competitività della Francia o i primi segnali di una bolla immobiliare nei Paesi Bassi. Bruxelles può fare ricorso alle sue famose "raccomandazioni" e chiedere agli stati un piano di azione per correggere questi squilibri. E questo è solo l'inizio.

Nel 2013 il ruolo di sorveglianza di Bruxelles sarà ancora rafforzato dall'entrata in vigore del patto di bilancio che impone la "regola aurea". Infine un testo legislativo, ancora in discussione al Parlamento europeo - il "two pack", fratello minore del precedente - autorizzerà Bruxelles a dare il suo avviso su un progetto di legge finanziaria in autunno, prima della sua adozione da parte dei parlamenti nazionali. "Attenzione, non si tratta di un diritto di veto, ma solo di un parere", minimizza Rehn.

Ma nonostante il suo ruolo, Rehn continua a tenere un basso profilo, fino all'eccesso. Di recente sono state pubblicate le agende degli incontri di Tim Geithner, il segretario del Tesoro americano. E chi ha chiamato per parlare della crisi dell'euro? Nel primo semestre 2012 ha chiamato una ventina di volte Christine Lagarde all'Fmi e Mario Draghi alla Bce. Mentre il telefono di Rehn ha squillato solo quattro volte.

Questa discrezione non sorprende veramente chi conosce bene Rehn, che nella Commissione precedente era responsabile dell'allargamento. Rehn è nato in Finlandia e questo ha la sua importanza. I finlandesi a Bruxelles si divertono a spiegare la differenza fra un finlandese introverso e uno estroverso: il primo guarda i suoi piedi, il secondo guarda quelli del suo interlocutore. Rehn è molto attaccato al suo paese di origine. È qui che ha fatto le prime esperienze, in particolare come capo di gabinetto del primo ministro agli inizi degli anni novanta.

Oggi in Grecia, in Portogallo o in Irlanda si insultano i "men in black, gli alti funzionari dell'Fmi o della Commissione che vengono per chiedere l'applicazione dei duri piani di rigore. Ma all'epoca i "men in black" minacciavano di andare a Helsinki. "La Finlandia attraversava la sua più grave recessione economica. So cosa vuol dire avere l'Fmi alla porta di casa. Nel 1992 per rimettere a posto i conti abbiamo dovuto rifare quattro volte il bilancio dell'anno successivo per evitare l'aiuto internazionale", racconta Rehn.

Sauna e pallone

Regolarmente gira la voce che voglia candidarsi a presidente della Finlandia. In questo paese rimane una figura rispettata, che non manca mai di ricordare il suo amore per le tradizioni finlandesi, come la sauna. A inizio ottobre, per contrastare l'affermazione del partito populista dei "veri finlandesi" e le reticenze dei suoi compatrioti ad aiutare i paesi del "club Med", Rehn ha scritto il libro "Nell'occhio del ciclone", storia della crisi dell'euro e un elogio dell'Europa. "Questo è il mio contributo al dibattito per l'Europa in Finlandia", assicura questo militante dell'Ue della prima ora. Cosa insolita, i proventi della vendita del libro saranno devoluti a squadre di calcio giovanili. Il calcio, infatti, è l'altra grande passione di Rehn, tifoso del Manchester United. "È grazie a questo sport che mi sono familiarizzato con l'Europa", spiega.

Questo alto dirigente europeo ha delle convinzioni economiche ben radicate, più vicine a quelle dell'Europa del nord che agli appelli a una rapida mutualizzazione del debito attraverso gli eurobond. Sul fronte della crisi dell'euro, da tre anni il finlandese rimane un fermo sostenitore del rigore. "Mister 3 per cento" non è molto sensibile agli appelli dei vari politici ed economisti che chiedono più flessibilità e meno rigore. Non è convinto neppure dagli ultimi studi dell'Fmi, che criticano l'effetto recessivo delle politiche di rigore.

Poco favorevole all'omeopatia, il commissario preferisce le cure da cavallo, che fanno soffrire ma guariscono rapidamente. Così nella torre di controllo di Bruxelles si contrappone la Lettonia, quasi candidata all'euro, alla Grecia che continua a perdere tempo e che ha bisogno di rimedi sempre più drastici.

Rehn continua a ripetere che il patto di bilancio è "tutt'altro che stupido" e che lascia un margine di valutazione in caso di recessione. In estate i suoi funzionari hanno concesso altro tempo al Portogallo e alla Spagna. Di conseguenza, sì ai singoli casi, no invece a un rinvio generalizzato degli sforzi di risanamento. Il commissario è pronto a sopportare ogni pressione politica.

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