Silvio Berlusconi nella sala stampa di Palazzo Chigi, sede del governo italiano.

Il tramonto del berlusconismo

Per la stampa europea ormai non ci sono più dubbi: la rottura tra il capo del governo e il suo principale alleato Gianfranco Fini segna il culmine della crisi del sistema di potere del Cavaliere. Colpito dagli scandali e diviso sulla "questione morale" il suo movimento si sta disgregando, mentre l'influenza dell'Italia in Europa continua a ridursi. 

Pubblicato il 30 Luglio 2010 alle 15:12
Silvio Berlusconi nella sala stampa di Palazzo Chigi, sede del governo italiano.

Secondo El País stiamo assistendo al "declino del berlusconismo". E se Silvio Berlusconi è riuscito negli ultimi anni a "cogliere il profondo desiderio di stabilità" degli italiani, stanchi di decenni di divisioni, "coalizzando il centrodestra con il sostegno del Vaticano e degli imprenditori", il suo potere si scontra oggi con la "questione morale" sollevata dal cofondatore del Popolo della libertà (Pdl), Gianfranco Fini. Quest'ultimo, spiega il quotidiano di Madrid, "critica quotidianamente il governo su ogni caso di corruzione, abuso di potere o semplice indecenza da parte dei ministri. Ogni volta che l'esecutivo mette gli interessi personali al di sopra di quelli della collettività". Ma Berlusconi "lotterà fino alla fine della legislatura, che termina nel 2013", afferma ancora El País. Ma il berlusconismo, che pure "può ancora vincere la partita, sembra comunque ferito a morte", perché "non è riuscito a creare una leadership capace di dirigere il paese in modo coerente. Una cosa che per l'Italia è più grave delle cattive condizioni dell'economia o dei vari scandali sessuali".

"Il potere crolla", titola per parte sua la Zeit, per la quale il "sistema Berlusconi" - "disinteressarsi dello stato e ricompensare i collaboratori" - si sta ritorcendo contro il suo padrone. "Fino a oggi", afferma la rivista tedesca, "il successo di Berlusconi si basava sulla disaffezione degli italiani nei confronti dello stato: la sua promessa era quella di proteggerli dall'ingerenza statale. Nell'Italia di Berlusconi lo stato e le sue istituzioni erano un avversario da cui un politico carismatico proteggeva la propria clientela. A poco a poco Berlusconi liberava gli italiani da questo stato ostile, offrendo amnistie a chi truffava il fisco e costruiva senza permesso. In un paese in cui la legislazione fiscale e le regole edilizie diventano un optional, tutti hanno potuto approfittarne".

"Ma oggi", continua la Zeit, "gli italiani si rendono conto che la loro libertà è in realtà solo il diritto del più forte. In ultima analisi a trarre vantaggio dal sistema Berlusconi è solo un numero ridotto di persone, una sorta di oligarchia criminale legata alla mafia. Adesso diventa pericoloso per Berlusconi dare l'impressione di non avere più il controllo sui suoi oligarchi. Questo è l'inizio di un processo che potrebbe rivelarsi terribilmente lento e dannoso per l'Italia. Nel frattempo l'opposizione [...] è debole e non potrà fare altro che assistere impotente alla dissoluzione del sistema Berlusconi. E un altro sistema non sembra ancora in vista".

La crisi nella maggioranza non dovrebbe però avere conseguenze sulla posizione e la politica dell'Italia nell'Unione europea. Anche se fa parte dei membri fondatori dell'Ue, per l'Economist l'Italia ha sempre avuto un'influenza inferiore rispetto al suo peso economico e demografico. Quando si è trattato di far valere i proprio interessi nazionali o di "giocare duro", l'Italia si è per molto tempo accontentata di un ruolo di secondo piano. Segnata dagli scontri locali tra i partiti che minano qualunque approccio coerente alla politica europea, l'Italia è stata caratterizzata da "una lunga storia di negligenza" nei confronti delle istituzioni europee. Un'esperienza che si è tradotta, "caso unico nell'Ue", in "un'assenza di alleanze stabili con altri stati del Mediterraneo", e fino a poco tempo fa in una mancanza di "coordinamento tra le politiche europee dei vari ministeri".

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Anche se negli ultimi anni qualche progresso è stato registrato in questa direzione grazie alla maggiore stabilità politica dei governi Berlusconi, quest'ultimo non ha cambiato radicalmente la situazione: "per il capo del governo italiano, l'Europa è una noia". In politica estera, "Berlusconi riserva il suo entusiasmo allerelazioni diplomatiche personali con i leader di paesi come Turchia, Russia, Bielorussia, Libia e le repubbliche dell'Asia centrale, paesi al di fuori dell'Ue e che non godono sempre di una buona reputazione a Bruxelles".

Visto dall'Italia 

Un divorzio annnunciato da tempo

All'indomani della decisione della direzione del Popolo della libertà di espellere il suo cofondatore Gianfranco Fini, il Riformista ironizza sulla fine del partito voluto da Berlusconi pubblicando in prima pagina un necrologio: il Pdl "si è spento prematuramente" dopo una lunga agonia. La Repubblica spiega che le tensioni fra il capo del governo e il presidente della Camera dei deputati risalgono a diversi mesi fa, e che il 29 luglio il partito ha dichiarato Fini e i suoi collaboratori "incompatibili" con la linea del Pdl, chiedendogli di lasciare la sua carica istituzionale. Fini, che ha dato vita nel 2009 al Pdl con la fusione di Alleanza nazionale con Forza Italia, paga il prezzo della sua posizione legalista nel momento in cui diversi collaboratori del Cavaliere sono coinvolti in scandali di corruzione. Una presa di distanza, osserva Repubblica, che lo pone "su un terreno elettoralmente e mediaticamente redditizio, dove può nascere una cultura di destra-centro che provi per la prima volta a parlare insieme di ordine e di regole, di moralità e di Costituzione".

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