La fabbrica della Ford a Saarlouis, Germania (AFP)

Una lezione tedesca per Madrid

Con la crisi, la disoccupazione in Spagna ha toccato il 17 per cento. El País suggerisce al governo di Madrid di rifarsi al modello tedesco per alleviare il problema.

Pubblicato il 19 Giugno 2009 alle 16:05
La fabbrica della Ford a Saarlouis, Germania (AFP)

È il nuovo miracolo tedesco. In Germania il crollo dell'economia è stato più spettacolare che negli altri grandi paesi europei, eppure la disoccupazione non aumenta. Anzi, nel primo trimestre 2009 il prodotto interno lordo tedesco è precipitato del 6,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, una riduzione di più del doppio rispetto a quella del pil spagnolo (- 3 per cento, dato Eurostat). Ma nello stesso periodo la disoccupazione è passata in Germania dal 7,4 al 7,7 per cento della popolazione attiva, mentre in Spagna è quasi raddoppiata, passando dal 10 al 18,1 per cento.

Ci sono diverse spiegazioni per questo miracolo tedesco. Due in particolare. Prima di tutto le agevolazioni statali concesse alle imprese che attraversano una contrazione congiunturale della domanda per ridurre l'orario di lavoro dei loro dipendenti, un sistema detto Kurzarbeit [letteralmente "lavoro breve"]. Un milione e mezzo di lavoratori sono interessati da una riduzione media di un terzo dell'orario di lavoro e la misura ha permesso di mantenere l'equivalente di quasi mezzo milione di posti di lavoro a tempo pieno. La seconda misura che limita l'aumento di disoccupazione è la "messa in aspettativa", o sospensione temporanea dal lavoro: l'impresa continua a pagare il 10 per cento dello stipendio, il resto è quasi integralmente a carico dallo Stato; il lavoratore rimane un dipendente dell'impresa, ma può approfittare del tempo libero per seguire corsi di formazioni e tentare di riciclarsi. È in un certo senso l'equivalente temporaneo dell'Expediente de Regulación de Empleo spagnolo (Ere), ma più flessibile e con meno vincoli amministrativi. In realtà in Spagna il 90 per cento di questi piani sono delle semplici sospensioni temporanee dall'attività produttiva. Inoltre la distruzione di posti di lavoro riguarda solo in minima parte i contratti a durata indeterminata, poiché i due terzi dei posti di lavoro scomparsi nel corso degli ultimi 12 mesi erano temporanei.

Di conseguenza il mantenimento dell'occupazione in Germania non è solo una semplice operazione statistica, che consiste nel contabilizzare le persone come lavoratori "in aspettativa" anziché come disoccupati. La Germania è il principale esportatore (il 48 per cento del suo Pil) e l'economia più competitiva del mondo: quando il commercio mondiale sarà uscito dalla crisi, le esportazioni e l'occupazione riprenderanno a crescere in modo sostenuto. Questa scommessa si basa anche su una cultura d'impresa a lungo termine, quella del capitalismo renano così come è stata descritta da Michel Albert nel suo classico Capitalismo contro capitalismo (1991), in opposizione al capitalismo anglosassone antisociale e di breve periodo. Il rigido sistema tedesco è stato radicalmente trasformato nei primi anni 2000, con l'Agenda 2010 introdotta dalla coalizione guidata da Gerhard Schröder e ripresa da Angela Merkel. Da questo punto di vista va apprezzata la continuità fra le due politiche economiche.

In particolare è stata avviata una complessa riforma del lavoro con degli inevitabili sacrifici negoziati dalla commissione Hartz, ma senza concentrarsi unicamente sui costi di licenziamento: giornate di lavoro, occupazione indipendente, lavori brevi, durata del sussidio di disoccupazione, moderazione salariale, aumento dell'età pensionistica, contributo a pagamento nelle spese sanitarie e così via. Le riforme Hartz hanno permesso alla Germania di ritrovare la sua competitività perduta (10 punti percentuali in più rispetto alla zona euro, 17 rispetto agli Stati Uniti e 24 rispetto alla Spagna) e il suo posto di primo esportatore mondiale. Queste riforme hanno anche portato alla creazione di uno strumento importante, una rete di agenzie per l'occupazione (pubbliche e private su scala federale e dei singoli Länder) che si è rivelata molto efficiente.

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La riforma del mercato del lavoro non è certo l'unico rimedio per uscire dalla crisi (che ha altre cause), né la bacchetta magica per creare occupazione, ma l'esperienza tedesca dimostra che può contribuire a sostenere l'occupazione, o almeno a creare delle condizioni favorevoli alla creazione di posti di lavoro. La Spagna ha ancora molto da imparare dalla Germania.

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