La rinascita della Vallonia

La parte meridionale del paese è da sempre considerata patria di fannulloni dai vicini fiamminghi. Ma anche in reazione alla campagna separatista di Bart De Wever nelle Fiandre, ora i francofoni vogliono riprendere in mano il proprio destino.

Pubblicato il 17 Gennaio 2013 alle 12:28

Nel castello di Mélot, che sorge su una delle colline che sovrastano Namur, la capitale della Vallonia, i visitatori sono coccolati: le loro automobili sono lavate gratis, il giorno del loro compleanno ricevono in offerta dello champagne e i loro bambini possono andare ogni anno a far visita a Babbo Natale, che arriva in elicottero.

Tutto ciò deve costare, e anche molto, perché il castello di Mélot è sede del Circolo della Vallonia, un club d’affari per imprenditori valloni. Vi regna l’atmosfera di un vero club per signori di una certa età, con lampadari di cristallo al soffitto e un tappeto rosso sulle scale. E, naturalmente, un portasigari accanto al bar.

“Come vedete la Vallonia non è costituita soltanto da rifiuti industriali e la sua popolazione non è tutta disoccupata”, commenta André Van Hecke, direttore generale del Circolo. “Questa è l’idea che se ne sono fatti nelle Fiandre, ma è superata. Forse era vero un tempo, ma ora in Vallonia tutto è in fermento e in trasformazione”.

Il corpulento Van Hecke, che ha fatto fortuna nel settore delle comunicazioni, ha creato il Circolo di Vallonia nel 2006: all’inizio ha incontrato qualche difficoltà a convincere i pragmatici imprenditori valloni, per lo più quelli delle piccole e medie imprese. Ma Van Hecke è riuscito ad attirarli con riunioni interessanti, conferenze di banchieri e imprenditori di successo. E anche con l’offerta di qualche bicchiere di vino e qualche sigaro. Oggi il Circolo di Vallonia conta quasi 1.500 soci.

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“In Vallonia le cose stanno iniziando a cambiare. Stiamo cominciando ad avere più fiducia in noi stessi, ma anche i nuovi socialisti sono consapevoli che è indispensabile cambiare, che il futuro non sta in uno stato-provvidenza, ma nel lavoro e nell’imprenditoria”, ha detto Van Hecke.

In Belgio l’attenzione è rivolta spesso alle Fiandre, il ricco nord che esige sempre più autonomia sotto la guida del nazionalista fiammingo Bart De Wever. Per lungo tempo la Vallonia, più povera, sembrava volere soltanto limitare i danni, ma le cose stanno per cambiare. I valloni ne hanno abbastanza del loro status di perdenti cronici e vogliono spiccare il volo con le proprie ali. Non vogliono separarsi della Fiandre per il momento, anzi, ma vogliono tenersi pronti per il giorno in cui i fiamminghi faranno presenti le proprie istanze.

“In Vallonia si va espandendo la consapevolezza che è indispensabile prendere in mano il destino” dice Béatrice Delvaux, editorialista del quotidiano Le Soir. “Non ci sono ancora sondaggi in proposito, ma lo si percepisce nella società, lo si avverte nelle dichiarazioni dei politici. Molti francofoni si sono risentiti per l’atteggiamento fiammingo durante la crisi: si sentono trattati da fannulloni e approfittatori, e ne hanno abbastanza”.

La nuova coscienza dei valloni si esprime prima di tutto in ambito economico, e in tale contesto il “piano Marshall” avviato nel 2005 per rilanciare l’economia vallona servirà a far dimenticare il passato industriale. I poteri pubblici valloni hanno investito 366 milioni di euro nelle nuove aziende ad alta tecnologia, e hanno creato oltre diecimila nuovi posti di lavoro. La svolta è ancora lontana, ma il divario tra le Fiandre e la Vallonia ha smesso di crescere da alcuni anni.

La Vallonia ha acquistato sicurezza anche sul piano culturale. Nel 2014 Mons sarà la capitale europea della cultura e Liegi ha presentato la propria candidatura per ospitare l’Esposizione universale del 2017. A Namur e Charleroi i nuovi sindaci si stanno adoperando per dare slancio alle rispettive città.

Anche sul piano politico le cose si stanno muovendo e il governo vallone ha lanciato il Piano orizzonte 2022, che deve determinare come sarà amministrato tra dieci anni il Belgio francofono. In conformità alla nuova riforma dello stato, la Vallonia riceverà meno aiuti finanziari dalle Fiandre: sarà quindi indispensabile riformare l’economia della Vallonia, il settore dell’istruzione, le infrastrutture dei trasporti e quelle del territorio per far fronte alla nuova situazione.

Davanti a tutti

“Già molti politici hanno lasciato intendere che bisogna accelerare da questo punto di vista”, commenta Béatrice Delvaux. “Vogliono tenersi pronti per le elezioni del 2014, nel caso in cui si trovassero a dover competere con Bart De Wever”. Secondo Delvaux si sono già svolte parecchie riunioni ad alto livello per decidere in che modo i politici francofoni possano adottare una posizione comune nei confronti delle Fiandre. Queste riunioni sono avvolte da un certo mistero, perché secondo alcuni critici in realtà portano acqua al mulino di Bart De Wever: se i valloni seguiranno la loro strada, niente più gli impedirà di dividere in due il Belgio.

“Ma no, è un falso pericolo”, dice Jean-Pascal Labille, segretario generale delle Mutualités socialistes. “Si tratta soltanto di un espediente per coloro che non vogliono andare avanti. De Wever non cambierà idea, che gli si dia ragione o meno. Ma se non diciamo niente, non faremo neanche niente”. Labille vuole che le personalità valloni di primo piano riflettano insieme su quale sarebbe la struttura ideale dello stato per il Belgio, per offrire un contrappeso alla visione fiamminga. Se si riuscisse in questo intento, Labille è ottimista sul futuro della Vallonia: “Abbiamo molti spazi, un’abbondante manodopera qualificata e una situazione geografica estremamente favorevole. Se andiamo avanti lungo questa strada tra dieci anni la Vallonia potrebbe trovarsi davanti a tutti”.

Vista da questa prospettiva, la crisi politica e l’ostinazione di De Waver possono ancora sfociare in un risultato positivo per la Vallonia. I nazionalisti fiamminghi probabilmente hanno offeso i valloni, ma li hanno anche risvegliati.

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