Al match di qualificazione per Euro 2012 Germania-Turchia. 8 ottobre 2010, Berlino.

Il “multikulti” ha fatto il suo tempo

Mentre infuria il dibattito sulla posizione degli stranieri e dei musulmani nella società, Angela Merkel rimette in discussione un modello di integrazione in vigore da decenni. Secondo la stampa tedesca è un segnale dello spostamento a destra del paese.  

Pubblicato il 18 Ottobre 2010 alle 15:17
Al match di qualificazione per Euro 2012 Germania-Turchia. 8 ottobre 2010, Berlino.

“Il multiculturalismo è fallito”. Con questa frase pronunciata il 15 ottobre davanti a un pubblico di giovani cristiano-democratici, Angela Merkel ha lanciato un sasso nello stagno del dibattito sull’Islam che da mesi divide la Germania. Secondo la cancelliera gli immigrati devono integrarsi e sposare la cultura e i valori tedeschi: “Noi ci sentiamo legati ai valori cristiani, e non c’è posto nel nostro paese per chi non li accetta”, ha dichiarato.

La cancelliera centrista ha così aderito alla linea di Horst Seehofer, presidente della Baviera e ministro conservatore che propone una politica d’integrazione in sette punti, pubblicati su Focus. Seehofer afferma che la Germania non è una terra d'immigrazione e che si devono aiutare gli immigrati che desiderano integrarsi, ma anche punire chi rifiuta di farlo.

Per spiegare questo “scontro di civiltà” alla tedesca, Focus esce con una doppia copertina. La prima titola “La mia Germania” e ritrae il presidente Christian Wulff, che qualche giorno fa ha dichiarato che l’Islam fa parte della Germania. L’altra recita “La sua Germania” sotto l'immagine di Seehofer. Nel mezzo sicolloca Angela Merkel, che deve affrontare le difficili elezioni regionali e le voci di una sua possibile sostituzione con l’attuale ministro della difesa Karl Theodor zu Guttenberg.

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Secondo la Tageszeitung il dibattito è ormai superato: il concetto di “multiculturale” – un tempo propagandato da personaggi come Daniel Cohn-Bendit – è obsoleto. Perfino i Verdi “da almeno dieci anni non lo utilizzano più, perché non basta a spiegare la convivenza”, osserva il quotidiano. Quando Merkel o Seehofer chiedono “maggiore integrazione” o “più Leitkultur” ricorrono a formule prive di senso. “Il governo non può fare la corte ai quadri stranieri e allo stesso tempo soffiare sulla paura degli immigrati”, perché la Germania necessita di 400mila lavoratori qualificati.

Ma per Die Welt sono rivendicazioni giustificate. “Nessuno è contrario agli immigrati che vogliono lavorare e mettere radici”, assicura il quotidiano conservatore, ma molti sono ostili agli immigrati che non vogliono rinunciare alle proprie usanze. Immigrare significa accettare la tradizione del paese d’accoglienza, per questo Seehofer e Merkel hanno ragione quando affermano che “l’immigrazione ha bisogno di principi chiari”. Secondo Die Welt, la Germania ha bisogno di immigrati “che sappiano parlare bene il tedesco e che dopo prestino giuramento sulla Costituzione”.

La Taz esprime una preoccupante diagnosi: con lo spostamento a destra della società tedesca, la storia si ripete. “Più della metà dei tedeschi vuole limitare la libertà dei musulmani di praticare la loro religione”, e il 37 per cento preferirebbe una Germania senza Islam. Il quotidiano propone molteplici paralleli storici, in particolare con la controversia antisemita che ha diviso Berlino a partire dal 1879. A quei tempi, qualche anno dopo la riunificazione tedesca e ancora in piena crisi economica, il giornalista Heinrich von Treitschke chiese l’assimilazione totale delle minoranze religiose. “A 130 anni di distanza, il dibattito sull’Islam vede di nuovo proposte simili. Le chiacchiere su una repubblica incivilita, spensierata e patriottica sono solo fumo negli occhi. Nell’ottobre 2010 sembra di rivivere gli anni ottanta e novanta, quando si bruciavano le case dei turchi”.

In tempi di crisi, la politica applica la vecchia ricetta del capro espiatorio. Se anche i “musulmani del 2000” fossero tedeschi come tutti gli altri, torna a soffiare il vento del 2004, quando l’assassinio del regista olandese Théo van Gogh “scatenò un panico che mise fine alla primavera politica dell’integrazione di inizio secolo”.

Die Zeit constata invece che l’attuale populismo del governo è alimentato dalla paura dei cittadini, e Seehofer sta scendendo al livello dell'olandese Geert Wilders. "Mentre crolla la legittimità dei grandi partiti politici, la Germania si ritrova alle prese con la tentazione del populismo”, attacca il settimanale. Angela Merkel, e con lei tutta la classe politica tedesca, è stata spaventata dal successo delle tesi xenofobe e populiste di Thilo Sarrazin. “Si teme di essere travolti dall’ondata che egli ha sollevato, così si tenta di cavalcarla”.

“Si può credere che i tedeschi siano capaci di restare equilibrati”, continua Die Zeit. “Dai sondaggi sembra che lo scetticismo contro l’Islam sia in aumento. Ma un paese che ha tollerato la costruzione di oltre 2.600 tra moschee e luoghi di preghiera, senza alcun conflitto degno di nota, è veramente islamofobo?” Il quotidiano di Amburgo auspica segnale di disponibilità da parte musulmana, “perché non c'è garanzia che questo paese resti aperto a tutti. La politica deve saper vincere la paura e affermare la verità: non saremo travolti da orde di musulmani”. Ricordando poi che il saldo migratorio tedesco è in passivo, Die Zeit calcola che “la questione non è sapere quanto Islam possa tollerare la Germania, ma quanta mancanza di generosità”.

Visto dai Paesi Bassi

Un dibattito necessario

"Merkel: l'approccio multiculturale della società 'ha fallito del tutto'". In un paese in cui le difficoltà nell'integrazione degli stranieri hanno portato l'estrema destra alle porte del governo, il dibattito tedesco occupa la prima pagina di De Volkskrant. "A causa del suo passato nazista, il dibattito sulle differenze etniche è molto sentito in Germania", osserva Trouw. "Ma per fortuna oggi sembra possibile parlare di immigrazione senza rimanere invischiati nelle polemiche sul nazismo. Un passo avanti rispetto all'Austria, dove l'argomento è spesso oggetto degli eccessi dei politici che vorrebbero giustificare il passato nazista dell'Austria".

"In questo confronto, che si sta diffondendo in tutta Europa, la Germania porta il suo contributo", osserva il quotidiano. In primo luogo il concetto molto particolare di "democrazia discutibile [streitbare Demokratie], che implica che i cittadini che utilizzano i propri diritti fondamentali per limitare quelli degli altri cittadini possano perdere tali diritti. E il concetto di 'Leitkultur', secondo cui la cultura occidentale deve restare dominante. Purtroppo il dibattito è venuto meno proprio quando si avvicinava al punto probabilmente centrale della questione: l'influenza dell'immigrazione può dar vita a una nuova società basata su valori completamente diversi? O ci sono dei punti fermi ai quali non si può rinunciare?"

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