Oggi l'ex premier Papandreou è ben pagato per i suoi interventi alle conferenze internazionali

Gli errori dell’Fmi

Il 23 aprile 2010 George Papandreou chiese aiuto al Fondo per salvare il paese dal fallimento. Tre anni dopo gli errori di valutazione e le pressioni politiche che ne hanno condizionato l’intervento continuano a pesare sul risanamento.

Pubblicato il 25 Aprile 2013 alle 11:41
Oggi l'ex premier Papandreou è ben pagato per i suoi interventi alle conferenze internazionali

Tre anni fa l’allora primo ministro greco George Papandreou parlò dal porto di Castelrosso nell’isola di Megisti. Il mare Egeo riluceva sullo sfondo e i bambini esultavano di gioia. Ciò che è venuto dopo per la Grecia si è rivelato tutt’altro che un gioco da bambini baciati dal sole. L’appello lanciato da Papandreou alla zona euro e al Fondo monetario internazionale quel giorno ha influito su quasi ogni evento capitato in Grecia negli ultimi tre anni. Ma dove porterà è ancora poco chiaro.

Anche se la Commissione europea, la Banca centrale europea e il Fmi formano la troïka di enti prestatori che negli ultimi 36 mesi ha fornito ad Atene finanziamenti per circa 200 miliardi di euro di bailout, il ruolo dell’organizzazione che ha sede a Washington ha attirato l’odio della maggior parte dei greci. Anche oggi, molti parlano del 23 aprile 2010 come del giorno in cui Papandreou ha consegnato la Grecia all’Fmi. Anche se quest’ultimo ha fornito soltanto una frazione dei prestiti sborsati finora, ogni suo intervento è soggetto ad attento esame.

Benché ci si renda sempre più conto che alcuni dei partner della Grecia nella zona euro e la stessa Bce sono indietro rispetto ad alcuni dei più rigidi parametri pretesi dalla troika, l'Fmi continua a essere il bersaglio privilegiato delle critiche della gente. Il problema è che questi attacchi spesso indiscriminati, che liquidano il Fmi come il cavallo di Troia del neoliberismo, omettono un’analisi approfondita dei tre elementi che costituiscono la troïka. In questa confusione, è diventato davvero difficile comprendere dove siano i presupposti per criticare l’Fmi. Da questo punto di vista un editoriale di Mohamed El Erian, presidente della società di investimenti Pimco, e riguardante le carenze del Fmi, è illuminante.

El Erian fa notare che il punto debole del Fmi è stato la sua esposizione alla manipolazione politica. Il presidente di Pimco è critico anche nei confronti del ruolo che il Fondo ha avuto nel bailout di Cipro. La sua azienda era responsabile delle certificazioni di bilancio delle banche cipriote prima del pacchetto di aiuti concordato tra Nicosia e la troïka. Secondo lui la soluzione iniziale poi abortita e il piano rivisto dimostrano una “comprensione e un’analisi delle complessità dei problemi del paese del tutto insufficienti. [...] In entrambi i casi, e in altre circostanze simili altrove in Europa (Grecia inclusa), ho il sospetto che l’Fmi pensi di non avere altra scelta se non quella di cedere alle pressioni dei politici europei. Così facendo, però, ha messo in pericolo qualcosa di più della sua credibilità e del suo prestigio”.

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Si tratta di questioni, soprattutto quella della credibilità, che sono state sollevate e sottolineate anche da Gabriel Sterne, capo economista di Exotix. Sterne, ex dipendente dell’Fmi, la settimana scorsa ha pubblicato una delle analisi più esaustive su ciò che il Fondo ha sbagliato negli ultimi tre anni. Il suo documento contiene alcuni punti di importanza fondamentale per la Grecia.

Sterne inizia facendo notare che l’analisi dell’Fmi era per certi versi sbagliata sulla Grecia. “La Grecia ha dovuto subire le conseguenze di grossi errori di valutazione, e non solo. Errori che possono essere sintetizzati dalla spiacevole equazione stretta creditizia+austerity=crollo della produttività”, scrive Sterne, secondo cui il programma greco non è andato a picco solo per quello che è accaduto o non è accaduto ad Atene negli ultimi tre anni.

La troïka continua a ribadire che il vero motivo della recessione è la lentezza delle riforme, ma al tempo stesso si sottrae alle domande riguardanti il rapido ritmo dell’aggiustamento fiscale che ha fatto letteralmente mancare il terreno sotto i piedi all’economia greca.

Sterne afferma che non aver affrontato fin dall’inizio l’imponente debito pubblico greco è stato un errore di calcolo disastroso, non in linea con i principi stessi dell’Fmi. Subito dopo il discorso di Papandreou a Castelrosso, l’Fmi stimò che il debito pubblico greco avrebbe raggiunto entro la fine del 2011 il 139 per cento del pil, mentre all’epoca della quinta revisione trimestrale della troïka in realtà era arrivato al 160 per cento del pil, malgrado il fatto che alla Grecia fossero stati versati prestiti per oltre cento miliardi di euro. “Dobbiamo ribadire la tesi secondo cui, prolungando la crisi senza passare decisamente all’azione, il bailout in realtà ha fatto più male che bene. E dobbiamo anche ribadire con altrettanta fermezza che c’era da immaginarselo”, scrive Sterne, secondo cui “il Fondo ha infranto una delle sue regole più importanti appoggiando nel maggio 2010 un programma del tutto insostenibile”.

Procrastinare è inutile

La Grecia e la troika avrebbero fatto meglio ad affrontare la ristrutturazione del debito fin dall’inizio invece che nel 2012, sostiene l’analista. Sterne sottolinea che alcuni hanno tratto grande beneficio dalla decisione di non affrontare e risolvere fin da subito il problema dell’indebitamento greco, buona parte del quale era nelle mani delle banche europee.

Il verdetto conclusivo sulla strategia “esigi ed estendi” applicata all’indomani del discorso di Papandreou è una condanna a tutto campo. “In definitiva, il continuo procrastinare da parte della Grecia è stato inutile. I privati che hanno prestato capitali alla Grecia hanno subito un vero ladrocinio, la Grecia non ha una banca in grado di erogare prestiti dalla metà del 2011, la disoccupazione giovanile ha toccato il 60 per cento e la Bce è dovuta intervenire in modo compatto per mantenere a galla ampie fasce del sistema bancario europeo”. Come El Erian, anche Sterne dice che l'Fmi si è piegato alle forti pressioni politiche provenienti dai paesi della zona euro, e ha commesso gravi errori di valutazione.

A tre anni dal discorso di Castelrosso, la Grecia ha ancora molto da fare. Ha già eseguito l’aggiustamento fiscale più drammatico della storia dell’Ocse, ma deve ancora varare le tanto necessarie riforme. Tutto ciò, naturalmente, non esclude che il programma di salvataggio della Grecia è stato mal concepito e mal attuato, da tutti i punti di vista. A questo proposito bisogna comprendere i ruoli che ciascuno dei tre elementi della troïka ha rivestito, e scoprire dove possano essere i loro punti deboli e la loro ostinazione. Sferrare attacchi indiscriminati all’Fmi o agli altri significa semplicemente permettere alla troïka di nascondersi dietro la percezione comune che le carenze strutturali del piano sarebbero imputabili alla lenta attuazione da parte della Grecia. Se dobbiamo fare i conti con le conseguenze del discorso di Castelrosso sarà bene adottare un approccio più sfumato.

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