Attualità Elezioni europee 2014
Martin Schulz al Parlamento europeo di Strasburgo, novembre 2012

Martin Schulz, l’altro tedesco

L’ambizioso presidente socialdemocratico del Parlamento europeo preme per l'elezione diretta del presidente della Commissione nel 2014, una carica che potrebbe occupare lui stesso. Ma la strada non sarà facile.

Pubblicato il 14 Maggio 2013 alle 15:23
Martin Schulz al Parlamento europeo di Strasburgo, novembre 2012

Al “Parlamentarium”, il vistoso centro visitatori del Parlamento europeo a Bruxelles, è possibile guardare i videomessaggi e visitare una mostra con gli oggetti lasciati dagli europarlamentari di spicco. Martin Schulz, presidente del parlamento, ha scelto un grosso pezzo di un muro che un tempo separava Germania e Paesi Bassi. “Quel muro non esiste più, grazie all’Ue” dichiara Schulz. L’Unione europea non può rivendicare come la Nato di aver abbattuto il muro di Berlino, ma può vantare il fatto di aver demolito tutte le barriere interne all’Ue.
Per Schulz, gli europei sono giustamente gelosi delle proprie identità, ma per preservarle dovranno essere più uniti. E il luogo nel quale discutere del loro futuro è il parlamento. Nigel Farage, capo dell’Ukip del Regno Unito, sgonfia subito questa illusione: “Questo è l’unico parlamento al mondo a non poter promulgare una legge per conto proprio”, dice nel suo videomessaggio.
Il parlamento era “la meno importante” tra le tre istituzioni dell’Ue. In una città di molti presidenti, essere a capo del parlamento conta meno che dirigere la commissione europea (il servizio civile dell’Ue) o il consiglio europeo (che rappresenta i 27 governi).
I critici dell’Ue acquistano sempre più voce e potrebbero moltiplicarsi dopo le elezioni europee del maggio 2014. Sempre più spesso l’Europa è accusata per la crisi economica e l’immigrazione indesiderata. La fiducia nelle istituzioni Ue è ai minimi storici. I cittadini europei credono di non avere influenza sulle decisioni prese a Bruxelles. E l’affluenza alle urne per le elezioni europee è in calo a ogni consultazione, sin dal 1979.
In reazione a tutto ciò, Schulz sarebbe favorevole a un esperimento politico che trasformi le elezioni in una sfida aperta in tutta l’Europa. I gruppi politici dovrebbero nominare i candidati alla presidenza della commissione europea, che dovrebbero poi misurarsi in confronti serrati facendo comizi elettorali e comparendo in televisione. Che Schulz, socialdemocratico tedesco, ambisca egli stesso a questa carica è un segreto di Pulcinella. Colui che ha fatto carriera come una spina nel fianco dei leader europei potrebbe avere ancora qualcosa di importante da dare e deciderne l’agenda.
Su imitazione delle elezioni nazionali, il leader del partito vincente diventerebbe primo ministro: Schulz spera dunque di fare cambiare direzione agli elettori, distogliendoli dalle piccole preoccupazioni interne. Vuole cambiare il dibattito, facendolo passare da sterile argomentazione pro o contro l’Europa a una seria discussione su quello che dovrebbe essere l’Unione. Per gli emuli di Farage diventerebbe così più difficile denunciare la commissione per il fatto di non essere eletta.
Ex forte bevitore, diventato oggi astemio e proprietario di un negozio di libri, Schulz è passato dalla politica locale al parlamento europeo, dove in seguito è diventato leader del principale gruppo europeo di centrosinistra formato da socialisti e democratici. Fuori da Bruxelles è meglio noto per lo scontro avuto nel 2003 con il primo ministro italiano Silvio Berlusconi che, punto dalle sue critiche, disse a Schulz che sarebbe stato ideale nella parte di un kapo in un film sui campi di concentramento nazisti.
Perfino i suoi estimatori dicono che Schulz può essere impulsivo. Eppure egli ha dato alle autorità americane l’impressione di essere un abile politico che aspira a fare del parlamento europeo qualcosa di simile al Congresso degli Usa. Benché sia critico nei confronti delle politiche di austerity di Angela Merkel, Schulz ama agire da mediatore tra quest’ultima e il presidente francese François Hollande. Si dice che perfino un avversario naturale qual è il primo ministro britannico David Cameron abbia trovato stimolanti i commenti di Schulz all’inaugurazione dei summit dell’Ue. Ma un parlamento che mostra i muscoli e segna i punti – bloccando un difficile e amaro compromesso sul bilancio dei prossimi sette anni dell’Ue, mettendo un tetto ai bonus dei banchieri o appoggiando una tassa sulle transazioni finanziarie – comprensibilmente irrita molti governi.

I conti con Angela

La scommessa più ambiziosa del parlamento è il tentativo di imporre la sua scelta ai vertici della commissione. Finora tale scelta era fatta dai leader nazionali, con l’avallo degli europarlamentari. Più democrazia sarà anche apprezzabile, ma vorrà dire nuovi problemi. L’Europa non è un paese con un unico popolo. Invece di uno scontro da brivido tra titani, i dibattiti potrebbero rivelarsi una sorta di balbettio in gergo tra sconosciuti. Un’elezione, non una selezione, favorirebbe gli addetti ai lavori di Bruxelles come Schulz, rispetto a primi ministri in carica che potrebbero essere riluttanti a rischiare le loro poltrone. Un presidente più politicizzato, inoltre, sarebbe maggiormente legato al parlamento, e avrebbe minori probabilità di rappresentare gli interessi di tutti i paesi europei.
In ogni caso, un’elezione indiretta non basterebbe a far piazza pulita delle complessità. La commissione sarebbe formata da altre 26 persone nominate dai governi e le sue proposte dovrebbero essere ratificate dal consiglio dei ministri (in rappresentanza dei governi nazionali, che di solito opera a porte chiuse), come pure dal parlamento. Quest’ultimo non ha voce in capitolo nella politica economica. Come dice il vignettista belga Pierre Kroll, “puoi perdere la democrazia se il popolo non ci capisce niente. Ma chi controlla veramente il budget del mio paese?”
Schulz si sta muovendo magistralmente per balzare in vetta. Ma il successo richiederà l’allineamento di varie stelle. I socialisti europei dovranno sconfiggere il partito popolare europeo di centrodestra, o quanto meno avere risultati tali da poter dichiarare la vittoria. Se nelle elezioni del prossimo autunno in Germania Merkel conserverà il suo posto, i socialdemocratici dovranno entrare a far parte di una grande coalizionese vogliono influenzarne le scelte. E anche se Merkel sarà propensa a scegliere Schulz, gli altri leader – che già temono un’“Europa tedesca” – consentiranno a un tedesco di guidare la commissione?

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