Avanti senza entusiasmo

È una specie di pagella dei paesi candidati all'adesione. Ma quest'anno la pubblicazione del rapporto sui loro progressi da parte della Commissione europea, il 9 novembre, è stata vista dalla stampa come un altro segno di stanchezza.

Pubblicato il 10 Novembre 2010 alle 16:10

"L'epoca d'oro degli allargamenti dell'Unione europea è finita", sentenzia Les Echos. "Il cambiamento d'umore si avvertiva nei toni e nelle parole utilizzati dal commissario europeo Stefan Füle mentre [il 9 novembre a Bruxelles] presentava il rapporto annuale sulla candidatura di nuovi stati balcanici, della Turchia e dell'Islanda".

La Commissione, spiega il quotidiano economico francese, "propone alcune nuove tappe ai nuovi paesi che bussano alla sua porta, ha concesso lo status di candidato al Montenegro, nato dall'ex Jugoslavia, ma non all'Albania, cui è richiesto di assicurare 'la stabilità delle istituzioni e garantire la democrazia e lo stato di diritto'".

"L'adesione della Croazia è in vista", si rallegra il croato Vjesnik. Citando Stefan Füle il quotidiano vicino al governo precisa che "gli ultimi cento metri della maratona sono sempre i più difficili", in particolare per quanto riguarda il capitolo "giustizia e lotta alla corruzione", uno degli otto sui 33 del trattato di adesione non ancora chiusi.

Bruxelles, precisa il connazionale Novi List, "aspetta in modo particolare che la Croazia intensifichi i suoi sforzi contro la corruzione ai più alti livelli, soprattutto gli affari che riguardano il partito al potere, l'Hdz, implicato nell'estorsione dei fondi delle imprese pubbliche". Le indagini hanno già tirato in ballo un ministro e il tesoriere dell'Hdz, oltre all'ex primo ministro Ivo Sanader, che nel 2009 ha rassegnato le dimissioni senza un apparente motivo".

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Oltre che alla Croazia, l'Unione europea apre le porte ai nuovi arrivati dai Balcani "con prudenza ed esitazione", sottolinea Rzeczpospolita. Invece per la Turchia, che costituisce un "enorme problema per l'Unione europea", le prospettive sono invece più scure.

La stampa turca resta praticamente muta sull'argomento. Forse perché il 10 novembre è l'anniversario della morte di Atatürk (1938) e la commemorazione occupa grande spazio sui media turchi? O forse è un altro segno del disincanto dell'opinione pubblica nei confronti dell'Unione europea?

Hürriyet sottolinea comunque che la Commissione ha rimproverato ad Ankara la mancanza di concertazione che ha caratterizzato la riforma costituzionale approvata con un referendum lo scorso 12 settembre. Il quotidiano rileva anche la posizione critica di Bruxelles rispetto alla soglia del 10 per cento necessaria affinché un partito possa sedersi all'Assemblea nazionale: nessun paese dell'Ue adotta un sistema così severo. Questa osservazione non figurava nei rapporti del 2008 e del 2009, e la sua reintroduzione è un tentativo di eliminare un ostacolo alla risoluzione della questione curda, spiega Hürriyet.

Secondo La Stampa, tra Bruxelles e Ankara "il dialogo è in apparenza bloccato da questioni giuridiche e politiche, il caso curdo, le frizioni con Atene, i diritti umani, la discriminazione religiosa, la condizione della donna. La realtà è però che Francia e Germania non ne vogliono sentire parlare. E se loro frenano, nessuno può fare un gran che per rimettere il dossier della Sublime Porta sulla giusta via".

Più in generale "l'Ue è stanca di allargamenti", nota Gazeta Wyborcza. Il quotidiano di Varsavia lo spiega con la crisi economica e l'imponente immigrazione da Romania e Bulgaria che è seguita all'ingresso dei due paesi nel 2007. "I francesi, i tedeschi e gli austriaci sono molto reticenti ad accettare altri paesi. In compenso però alcuni governi balcanici sono scoraggiati dalle scarse prospettive di adesione nel prossimo decennio, e perdono una motivazione per combattere la corruzione o essere più attenti alla libertà di espressione", sottolinea Gazeta Wyborcza.

In questo contesto "la presentazione del rapporto sull'allargamento e i negoziati di adesione è diventato, dopo il 2007, un rituale standardizzato e privo di senso", scrive Der Standard. "All'epoca abbiamo approvato l'allargamento verso est con Romania e Bulgaria. Dopodiché si è fatta sentire una grande fatica".

In ogni occasione, ricorda il quotidiano austriaco, "la Commissione ha certificato ai restanti candidati – Croazia e Turchia, e più recentemente Islanda e Montenegro – piccoli passi in avanti e un numero di problemi politici ed economici non ancora risolti. Si è andati avanti così, e dopo ogni rapporto nell'opinione pubblica si è innescato un dibattito selvaggio e polemico sulla Turchia".

Tra i pro e i contro resta "poco spazio per le sfumature", si rammarica Der Standard. "Un peccato. La polemica attorno ad Ankara nasconde il fatto che è nei Balcani, la regione candidata all'allargamento più vicina all'Unione, che i progressi sono più sensibili […] È importante, soprattutto per l'Austria. Dovremmo litigare meno sulla Turchia e prepararci al momento in cui tutti i piccoli stati balcanici faranno parte dell'Ue. Probabilmente molto prima della Turchia".

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