Attualità Diritto alla privacy

Ringraziamo gli informatori

Lo scandalo delle intercettazioni dimostra che i servizi d’intelligence sono al di fuori del controllo delle istituzioni democratiche. Solo insider come Edward Snowden possono rivelare i loro reati.

Pubblicato il 13 Giugno 2013 alle 11:41

Non hanno niente di cui preoccuparsi “coloro che rispettano le leggi”: ce lo hanno assicurato i politici americani e britannici dopo le rivelazioni sul controllo da parte degli Usa di telefonate, email e traffico internet, il caso che si sta ingigantendo in questi giorni. La raccolta di informazioni è in realtà “molto circoscritta”, ha ribadito Barack Obama. Il comportamento dei servizi britannici d’intelligence, ha dichiarato David Cameron, è stato del tutto “adeguato e opportuno”.

Grazie all’informatore Edward Snowden adesso sappiamo che l’Agenzia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti (Nsa) raccoglie circa 200 miliardi di intelligence al mese, attingendo al traffico della telefonia mobile di oltre 200 milioni di utenti americani ed esaminando a piacere le email, le ricerche su internet e le chat per mezzo di un programma denominato Prism.

Naturalmente l’Nsa condivide alcune delle informazioni segrete riguardanti cittadini del Regno Unito con i suoi colleghi del Gchq (General Communications Headquarters), risparmiando alle autorità britanniche il disturbo di predisporre un mandato. In ogni caso, il segretario agli esteri ha detto al parlamento che era autorizzato a farlo: a quanto pare si era auto-autorizzato. Anche in questo caso non c’è niente da temere.

Una sorveglianza così invadente ridicolizza il diritto alla privacy garantito dal quarto emendamento alla costituzione degli Stati Uniti, e questo è il nocciolo della polemica che si è scatenata da quando il Guardian ha iniziato a pubblicare le rivelazioni. Per quanto un cittadino qualunque possa osservare la legge, i rischi legati a una telefonata manipolata o a “metadati” raccolti nel web che etichettano in modo sbagliato qualcuno sono moltissimi e ben documentati. Se l’intercettazione di lettere è una vechhia pratica dell’intelligence, Prism è l’equivalente di chi le lettere le apre, le copia e le archivia, raccogliendo informazioni che un giorno, in futuro, potranno forse servire a incriminare qualcuno.

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Ma tutto ciò ha tanto a che vedere con il potere quanto con la privacy. La sorveglianza e la riservatezza sono strumenti di controllo, in patria come all’estero. La storia di come il governo degli Stati Uniti o quello britannico ne abbiano fatto cattivo uso è colossale, sia nel sovvertire sia nel rovesciare i governi stranieri, dall’Iran al Cile, oppure nel colpire i diritti civili in patria, durante la guerra fredda e dall’11 settembre in poi.

La Nsa e la Gchq, la cui collaborazione costituisce il nucleo centrale della “relazione speciale” tra Usa e Regno Unito, sono state di importanza cruciale per decenni proprio con questi fini. Il loro ruolo globale di intercettori è la pietra d’angolo dell’alleanza a cinque degli stati anglofoni (che comprende anche Australia, Canada e Nuova Zelanda), che sostiene la potenza globale occidentale dominata dagli Usa. Entrambe le agenzie sono state istituite per spiare il resto del mondo, ma hanno finito col prendere di mira i loro stessi popoli.

Ci sono due elementi nuovi. Il primo è l’enorme portata e l’incredibile dimensione dell’operazione di sorveglianza dell’Nsa, rispetto alla quale tutto ciò che si faceva in passato assume dimensioni ridicole. Il secondo è il ruolo centrale che le corporation private hanno nel contribuire allo stato della sorveglianza globale emergente.

Le corporation da sempre hanno rapporti molto stretti con lo stato segreto, hanno lavorato fino a oggi con i servizi di sicurezza per ricattare i sindacalisti dei lavoratori e finanziare durante la guerra fredda organizzazioni di mobilitazione clandestina dei lavoratori. A essere cambiato è il fatto che la comunicazione adesso è tutta nelle mani delle corporation. E le società i cui server sono stati passati al setaccio da Prism compaiono tutte nell’elenco dei colossi statunitensi, da Google a YouTube.

I documenti dell’Nsa di cui è trapelata notizia dicono che le aziende hanno collaborato, cosa che esse hanno smentito. Ma l’idea che queste mastodontiche vecchie volpi che eludono le tasse rappresentino una nuova forma di imperturbabile democrazia libertaria ormai è stata denunciata come una frottola marketing antiquata.

Come nel caso della tecnologia, è stata la guerra al terrorismo ad aver spinto l’enorme espansione del nuovo settore della sicurezza industriale. Insieme all’insensata giustificazione della “sicurezza nazionale” che fa presa su tutti e tutto, il terrorismo è chiamato in causa per legittimare ogni tipo di innovazione anti-democratica. E dato che nessuno vuole saltare in aria a bordo di un autobus o di un treno, si dà una patina di credibilità alle organizzazioni dello spionaggio un tempo disonorate.

In realtà, sia l’Nsa sia la Gchq, insieme con le loro consorelle del mondo dello spionaggio, alimentano il terrorismo tanto quanto lo contrastano. Sono loro a fornire le intelligence necessarie per condurre gli attacchi con i droni che hanno ucciso migliaia di civili in Pakistan, Afghanistan, Yemen e Somalia. È di questi giorni il caso di un pakistano che ha fatto causa alla Gchq presso la corte d’appello per aver fornito alla Cia l’intelligence che ha portato a un bombardamento che ha ucciso suo padre.

Sono poi gli stessi servizi dell’intelligence statunitense e britannica a essere coinvolti in numerosi casi di tortura, rapimento e violenza verificatisi negli ultimi dieci anni – come pure in casi di scandalosa manipolazione delle informazioni per ciò che concerne le armi di distruzioni di massa in Iraq – che adesso sostengono di proteggerci dalle conseguenze.

Spionaggio commerciale

In patria entrambi i servizi si erano mobilitati per condurre operazioni di spionaggio e organizzare qualche tiro sporco contro lo sciopero dei minatori britannici negli anni ottanta, mentre negli anni settanta il comitato Church del senato degli Usa rivelò casi sistematici di abusi di potere nell’intercettazione e nella sorveglianza delle comunicazioni degli attivisti che si battevano per i diritti civili e contro la guerra (oltre che contro gli omicidi mirati all’estero). Lo stesso senatore Frank Church avvertì allora che i poteri dell’Nsa “in qualsiasi momento avrebbero potuto essere rivolti contro il popolo americano”.

Ed è proprio quello che è accaduto, nei primi anni dell’amministrazione Bush prima, e in quella di Obama adesso. A giudicare da quanto si è già vissuto, gravi abusi di questo tipo si moltiplicherebbero ancor più se uno dei due stati (Usa o Regno Unito) si trovasse nuovamente davanti a una importante sfida politica o industriale.

Si è più volte dimostrato che sono completamente vane e fuorvianti le dichiarazioni secondo cui le agenzie di intelligence sarebbero ormai soggette a rendere conto in modo trasparente del loro operato, invece che a ricevere semplicemente qualche timbro da un ministro, avere a che fare con tribunali segreti e comitati di fiduciari. Ma le élite politiche hanno le loro priorità: invece di astenersi dalla sorveglianza di massa, i ministri britannici si stanno dando da fare per presentare una nuova legge con la quale allargare ancor più tali poteri.

I servizi d’intelligence statunitensi e dei paesi loro alleati sono strumenti di potere e di controllo interno e globale, ben al di là delle questioni legate al terrorismo. La dice lunga il fatto che dalle rivelazioni che sono trapelate il principale obiettivo in Europa delle intelligence del Nsa risulta essere quel grande motore economico che è la Germania Ciò ha scatenato un’ondata di misurate proteste da parte dei politici tedeschi.

Le istituzioni democratiche hanno fallito in modo plateale nel garantire che le intelligence degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali, nonché le operazioni militari, fossero tenute a rispondere del loro operato. Solo gli informatori – da Cathy Massiter e Katharine Gun a Bradley Manning e Edward Snowden – hanno potuto riempire questo vuoto. Adesso tocca a noi far sì che il loro coraggio non sia stato vano.

Privacy

Ue e Usa sempre più distanti

“L’argomento di discussione per la prossima riunione transatlantica sulla sicurezza, venerdì 14 giugno a Dublino, è già stabilito”, scrive Le Temps : sarà la tutela della privacy e la trasmissione dei dati personali agli Stati Uniti. Il quotidiano svizzero sottolinea che

le commissarie europee Cecilia Malmström (interni) e Viviane Reding (giustizia, diritti e cittadinanza) chiederanno delucidazioni sull’utilizzo dei dati personali degli emigranti europei raccolti illegalmente da servizi pubblici e privati americani. Le rivelazioni della scorsa settimana hanno suscitato sgomento e collera nel Vecchio continente, che considera la privacy un diritto fondamentale […]

C’è da dire che le relazioni transatlantiche sull’accesso ai dati non sono delle migliori. Fin dall’11 settembre l’Ue cerca di resistere il più possibile alle richieste di Washington, che insiste per accedere a diversi tipi di informazioni (bancarie, familiari, relative agli spostamenti) in nome della lotta al terrorismo. […] Bruxelles adatta continuamente la sua legislazione per assicurare la protezione dei dati degli europei. In questo contesto la settimana scorsa una controversa disposizione è stata rinviata sine die durante una riunione in Lussemburgo per mancanza di un accordo tra i ministri dell’interno. […] Per la Commissione si tratta di assicurare agli europei il diritto all’oblio che garantisca il rispetto della privacy.

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