I pentiti dei cartelli (2/2)

A fine giugno la Commissione europea ha messo sotto inchiesta 13 banche per un accordo illegale sui derivati. L’offensiva contro i cartelli si basa soprattutto sugli informatori spinti a denunciare grazie a forti sconti di pena.

Pubblicato il 10 Luglio 2013 alle 12:04

Per sfuggire agli ispettori si prendono mille precauzioni. In Germania i dirigenti delle aziende che producono i camion dei vigili del fuoco avevano acquistato telefoni con ricariche prepagate e senza abbonamento nominativo per comunicare tra di loro nella massima discrezione, proprio come i trafficanti di droga della città di Baltimora nella serie cult The Wire.

Nel caso dei corrieri per via aerea – settore al quale Bruxelles l’anno scorso ha inflitto cospicue multe, per una cifra complessiva di 169 milioni di euro – alcuni dirigenti di grandi gruppi come Ups, Panalpina, Kühne & Nagel, Deutsche Post, Deutsche Bahn, e altri ancora avevano creato specifici indirizzi email su Yahoo per non dover utilizzare le loro caselle postali aziendali. La persona incaricata di gestire il cartello era appassionato di piante e ha creato quindi un fittizio “club di giardinaggio” con i suoi colleghi, per parlare di “asparagi” o di “zucchine”. Ogni ortaggio o verdura designava in realtà un meccanismo specifico di sovrattassa.

Questa raffinata organizzazione spiega come abbiano fatto i cartelli a continuare a operare per molti anni. Ma anche questo sistema alla fine ha fallito, come tanti altri: arriva sempre il momento in cui uno dei membri di questi club finisce col denunciare tutti i suoi compagni. Talvolta a svelare il complotto sono informatori interni all’azienda coinvolta, e non lo fanno necessariamente per i motivi che si potrebbero credere. Un funzionario europeo ricorda di aver visto arrivare spesso nel suo ufficio un dirigente che portava sottobraccio documenti compromettenti per la sua azienda. In realtà quello che aveva organizzato il cartello aveva una relazione con sua moglie, e lui aveva trovato un pratico modo di vendicarsi.

Nella maggior parte dei casi sono le aziende stesse a denunciare i cartelli di cui hanno fatto parte. Talvolta i cartelli funzionano così bene che i loro membri diventano sempre più numerosi, e il livello di fedeltà si assottiglia di conseguenza. Capita anche che quando si dà da fare in un dato settore Bruxelles incuta paura: per esempio il “club dei giardinieri” condivideva gli stessi hangar dei grandi corrieri per via aerea (Air France-Klm, British Airways, Air Canada...), tutti puniti dalla Commissione nel 2010 per un altro cartello. “Questo deve averli fatti riflettere, e indubbiamente spiega almeno in parte perché Deutsche Post abbia denunciato i suoi compagni giardinieri”, ha detto un esperto. Ma la ragione principale di questo comportamento è molto più semplice: spesso quando una delle aziende facenti parte del cartello è acquisita o rilevata si scoprono gli altarini: il nuovo proprietario se ne accorge e, per non restare coinvolto e avere guai preferisce procedere alla denuncia.

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Quando si vuole smantellare un cartello si deve procedere con la massima rapidità. Spesso i vari membri che hanno stretto l’accordo ci pensano nello stesso momento. Anche se hanno lavorato insieme per anni, è raro che si fidino completamente gli uni degli altri. Ma soltanto chi si reca dalla Commissione per primo beneficia dell’immunità totale. La posta in gioco è talmente importante che talvolta le aziende arrivano a contestare davanti alla Corte di giustizia dell’Ue l’ordine di arrivo delle delazioni di cui la Commissione ha preso nota. La differenza di posizione in effetti può in qualche caso costare decine di milioni di euro in multe. Per assegnare a ciascuno il piazzamento giusto nell’elenco dei pentiti, Bruxelles tiene naturalmente nota dell’ora d’arrivo, ma anche del valore aggiunto che l’azienda che spiffera il segreto apporta all’inchiesta.

Scarichi intasati

Con un pentito le cose si fanno più semplici per la Commissione. Organizzazione del cartello, obiettivi perseguiti, numero dei membri che ne fanno parte: queste rivelazioni le permettono di farsi un quadro molto chiaro della situazione d’insieme. Ma, prima di intervenire e punire con severità, occorre avere in mano le prove. Documenti incontestabili, messaggi sospetti di posta elettronica, quel genere di prove che non si possono ottenere senza quella che potrebbe sembrare un’irruzione della polizia.

Le ispezioni a sorpresa dei funzionari dell’esecutivo europeo, in verità, gli assomigliano molto: arrivano in molti, spesso non prendono l’ascensore insieme per evitare che un incidente li blocchi dentro per lunghe ore, effettuano perquisizioni ovunque, negli armadietti e nei computer. Anche gli sms dei cellulari sono controllati con attenzione. Vengono apposti i sigilli. Talvolta si trovano le carte di un divorzio, in qualche caso mail spedite alle amanti. Ma il più delle volte gli inquirenti trovano proprio quello che erano venuti a cercare, salvo qualche tiro mancino.

Una volta, in preda al panico un dirigente ha gettato tutte le carte compromettenti nel gabinetto. Quando l’avvocato della società se ne è accorto, si è scatenata l’angoscia. Alla fine gli impiegati di quell’azienda sono dovuti andare a cercare i documenti compromettenti nelle tubature di raccordo dello stabile. Erano un po’ rovinati, ma perfettamente leggibili.

Ormai tutta Europa lo sa: per evitare una multa salata è meglio collaborare con Bruxelles. Se si leggono i nomi delle aziende che hanno denunciato un cartello alla Commissione negli ultimi dieci anni si fa una specie di grand tour del mondo. Ci si trova di tutto, ma non società francesi a eccezione dell’ex Rhône-Poulenc che una quindicina di anni fa aveva denunciato la creazione di due diversi cartelli, tra i quali quello delle vitamine. È ancora poco. In Germania le aziende sono rimaste traumatizzate dallo scandalo della corruzione della Siemens di dieci anni fa e non esitano più a smantellare un cartello.

Neanche le società italiane brillano per la loro diligenza in materia. Nel 2002 la Deltafina ha sfidato il tabù e ha denunciato un accordo segreto che aveva messo completamente sotto controllo il mercato del tabacco grezzo transalpino. Avrà avuto paura della sua stessa audacia? Alla riunione seguente, la Deltafina ha avvisato le altre aziende del cartello che le aveva denunciate. Si tratta però di un comportamento formalmente proibito da Bruxelles, al punto che Deltafina ha perso la sua immunità e ha dovuto pagare una multa come tutti gli altri. I riflessi culturali sono duri a morire.

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