Michael O’Leary e le hostess della compagnia alla presentazione del calendario Ryanair 2012

Fermiamo il modello Ryanair

I metodi con cui la compagnia low cost ha sbaragliato la concorrenza fanno scuola e accelerano il ritorno al capitalismo selvaggio. I veri progressisti non dovrebbero esserne complici.

Pubblicato il 9 Agosto 2013 alle 13:34
Michael O’Leary e le hostess della compagnia alla presentazione del calendario Ryanair 2012

Che cosa hanno in comune Michael O’Leary [ad di Ryanair] e Zio Paperone? Entrambi sono ricchissimi. Che cosa li distingue? Zio Paperone ha fondato la sua fortuna sulla propria avarizia, O’Leary su quella altrui.

Anche se O’Leary ha dichiarato di voler istituire i posti in piedi a bordo dei suoi aerei e di rendere le toilette accessibili solo a pagamento, Ryanair è oggi la prima compagnia aerea in Europa in termini di utenti, con oltre 80 milioni di passeggeri ogni anno. E malgrado una leggera flessione nell’ultimo trimestre, è anche una società particolarmente redditizia.

Nell’ultimo anno di esercizio (2012-2013), Ryanair ha realizzato un volume d’affari di 4,9 miliardi di euro, con un utile in rialzo di poco più dell’11 per cento, ovvero 569 milioni di euro. Cifre come queste sono paragonabili con quelli di Lufthansa, per esempio, che ha annunciato un aumento del 3 per cento circa degli utili rispetto al 2012, pari a 990 milioni di euro, e un giro d’affari netto di 30 miliardi di euro. Per guadagnare poco più del doppio di Ryanair, Lufthansa deve dunque imbarcare il sestuplo dei passeggeri. In altre parole, due euro Ryanair valgono più di sei euro Lufthansa.

Che spiegazione dare a questo fenomeno? “Lowest cost always wins” [I costi più bassi vincono sempre], ha risposto O’Leary durante una conferenza stampa a Göteborg lo scorso autunno. Questa è la dottrina fondante del capitalismo mondiale, basata sull’idea che in un mercato diventato ormai planetario il prezzo ha sempre la meglio sulla qualità. E che, per essere meno cari della concorrenza, è indispensabile avere costi inferiori.

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Questo obiettivo può essere perseguito in vari modi. [[Il modello commerciale di Ryanair si basa sul principio del “bad enough”]]: in pratica, il trattamento riservato agli impiegati e ai passeggeri deve essere cattivo quanto basta perché il prezzo del biglietto resti sufficientemente basso, così che i clienti accettino non soltanto di essere bistrattati, ma oltretutto non si preoccupino delle cattive condizioni di lavoro alle quali sono sottoposti i dipendenti della compagnia. Il fatto che Ryanair sia un’azienda che tratta male il proprio personale e i suoi stessi passeggeri non è certo uno scoop.

O’Leary incarna benissimo la nostra epoca anche da un altro punto di vista: è perfetto per un universo mediatico che ama i cattivi carismatici e twittabili. Fa parlare di sé continuamente e ama posare circondato da fanciulle in bikini.

Ryanair non è una giovane società prodigio né una pecora nera e neppure un’eccezione che conferma la regola. Ryanair è, o sta per diventare, la regola: un’azienda che illustra in modo esemplare un enorme cambiamento di paradigma. Il modello sociale europeo nel quale si è espansa, nel quale il mercato del lavoro e la vita economica sono basati sulla concertazione, l’equilibrio dei poteri e la ripartizione della ricchezza, è in fase di arretramento. Il XX secolo è definitivamente alle spalle. Dovremo presto fare ritorno al XIX secolo, con il capitalismo selvaggio, il rifiuto del sindacalismo, il dumping salariale, lo sfruttamento dei lavoratori. E Ryanair sta facendo scuola.

Non ho mai preso un volo Ryanair. E non lo farò mai, per nessun motivo. Non soltanto perché preferisco viaggiare come una persona civile, ma anche perché essendo un liberale ritengo che si debba cercare, finché si può, di essere politicamente e moralmente responsabili delle proprie modalità di consumo. E, molto semplicemente, di esercitare il proprio diritto di consumatori.

Il silenzio della sinistra

[[Ottanta milioni di passeggeri possono avere torto? Si]]. E mi stupisco davvero che non siano molti di più a prenderne atto. Per quanto ne so, un buon numero di passeggeri che volano Ryanair è costituito da giovani colti e sensibili alle tematiche sociali. Alcuni di loro rinunciano anche a consumare carne per protestare contro l’industria alimentare. Altri, immagino alquanto numerosi, boicottano gli artisti che non rispettano le donne o si esprimono con dichiarazioni razziste. Tuttavia viaggiano con Ryanair, quando Ryanair non è soltanto una vergogna in sé, ma oltretutto per il fatto stesso di esistere obbliga le compagnie aeree più serie ad adattarsi a quella che viene definita una “situazione di concorrenza inedita”. In altri termini, le obbliga a diventare spietati a loro volta o a scomparire.

È difficile dunque capire in che modo uno possa dirsi di sinistra e mettersi in fila davanti a uno sportello Ryanair senza arrossire. Nella storia recente, nessuna altra azienda, direttamente o indirettamente con la sola forza dell’esempio, ha contribuito più di Ryanair a minare i presupposti sociali che la sinistra sostiene di voler difendere e che costituiscono lo zoccolo duro sul quale le società benestanti dell’Europa occidentale si sono costruite nel dopoguerra: la sicurezza sul posto di lavoro, salari dignitosi, la reciproca solidarietà tra dipendenti e azienda e così via.

Perché gli intellettuali non parlano più spesso di questa faccenda? Perché il caso Ryanair non è oggetto di un dibattito approfondito? Perché la sinistra contemporanea si preoccupa così poco dell’economia e della violenza di alcuni rapporti di forza?

Come è mai possibile, per fare un esempio concreto, che Lilla Hjärtat [personaggio di spicco della letteratura svedese per giovani, considerata razzista] e il cambiamento di una vocale nei pronomi personali [è stato proposto che il pronome neutro "hen" sostituisca il femminile “hon” (lei) e il maschile “han” (lui)] siano temi di dibattito che mobilitano l’opinione pubblica svedese più di Michael O’Leary e del processo di neanderthalizzazione della vita economica?

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