Una capanna usata dai profughi siriani. Calais, 28 agosto 2013

“Qualsiasi altro posto in Europa è meglio della Francia”

I profughi del conflitto siriano si raccolgono a Calais per cercare di entrare nel Regno Unito. Ma se oltremanica e in Svezia sono subito accolti come rifugiati, in Francia la polizia li perseguita come barboni.

Pubblicato il 2 Ottobre 2013 alle 11:42
DR Vibrations migratoires  | Una capanna usata dai profughi siriani. Calais, 28 agosto 2013

A Calais non c’è un tetto per i profughi siriani. La casa che avevano occupato è stata sgomberata il 5 settembre. La prefettura spiega che lo ha fatto per motivi di sicurezza e perché era inagibile e malsana. Da allora vagabondano per le strade in piccoli gruppetti. Le pressioni della polizia per evitare che si installino in qualche altro edificio abbandonato sono continue. Quindi non possono riposare mai, né lasciare da qualche parte i propri effetti personali.

“Sono senzatetto e si stanno trasformando rapidamente in barboni” si preoccupa Cécile Bossy, coordinatrice della missione migranti costieri di Medici del mondo, una ong che insieme ad altre cinque ha lanciato un appello affinché in Francia i profughi siriani siano accolti meglio.

Youssef ha 25 anni, studia inglese e quando lo incontriamo alla vigilia dello sgombero non misura le parole. “Qui ci arrangiamo senza che nessuno ci dia una mano. Non c’è acqua. Non ci sono gabinetti. Tutto è marcio… Ma perlomeno abbiamo un tetto sulla testa. Perché vogliono sbatterci in strada?”.

I piatti li lavano in un canale di scolo, i calzini li stendono ad asciugare sull’inferriata che circonda questo terreno industriale abbandonato. Qui, in questo ex magazzino che tutti chiamano la “Beer House”, nei pressi del porto di Calais, tutto è precario ma organizzato. Svariate tonnellate di lattine di birra erano state lasciate qui: sono scadute dal 2007, ma tutto il quartiere continuava a servirsi da questa scorta provvidenziale.

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Adesso il grande capannone dove alloggiavano un centinaio di sudanesi è stato murato. Una ventina di siriani ha preferito restare defilata, in un vecchio prefabbricato fatiscente proprio lì accanto. Su una parete avevano disegnato una bandiera britannica, per non dimenticare mai la destinazione ultima del loro viaggio. All’interno materassini e trapunte ricoprono il pavimento dei tre locali. Ma le regole dell’ospitalità sono sempre state rispettate, in particolare la condivisione di un pasto improvvisato con un gruppetto di visitatori, giornalisti, militanti del movimento No Borders, volontari dell’associazione la Marmite aux idées, membri di Médecins du monde: olive, formaggio, tonno sott’olio.

Gli attacchi aerei contro il governo siriano? Alzano le spalle, non ci credono, e hanno ragione. “Da tempo gli europei non muovono un dito. Non c’è speranza”. Sono fatalisti. La voce di Youssef si incrina soltanto quando gli chiediamo notizie dei suoi genitori, dei suoi fratelli e delle sue sorelle, rimasti in Siria. Non ha notizie, sa soltanto che sono tutti scappati in un paesino, un po’ più sicuro, stando a quel che dice. Lui è in fuga da sei mesi.

A Calais i profughi siriani sono tra i 30 e i 50. Cercano in tutti i modi di superare lo stretto. “Sono arrivati qui lo scorso inverno”, rivela Philippe Wannesson de La marmite aux idées. Erano un flusso ininterrotto e regolare proveniente da Damasco, Homs, Deraa, vicino alla frontiera israeliana. “Si tratta di individui che hanno un po’ di denaro, quel che basta per arrivare fino a qui”. Youssef ha pagato 7500 dollari (circa 5500 euro) per raggiungere la Francia. E il passaggio per l’Inghilterra? Costa tra i mille e i duemila euro.

Capelli bianchi

Hassan si unisce alla chiacchierata: ha 30 anni ed è imbianchino. Quando la sua casa è stata ridotta in macerie da un missile ha deciso di andarsene. Il giovane uomo ci mostra le tempie che vanno incanutendo. “I capelli bianchi mi sono venuti per colpa di Bashar”, dice in arabo con voce squillante, mentre i suoi compagni si danno da fare per tradurre in uno stentato inglese. È arrivato qui 70 giorni fa e tutte le notti tenta la sorte. Ormai ha perduto il conto delle volte che è stato arrestato dalla polizia di frontiera. Almeno venti, dice.

Tutte le volte che lo fermano lo liberano. È impossibile rispedirlo nel suo paese in guerra. E [[chiedere asilo alla Francia? Hassan scuote la testa]]. Ha sotto gli occhi l’esempio dei sudanesi: molti di loro avevano presentato richiesta di asilo, che di norma dà diritto a un posto in un centro di accoglienza (Cada). Ma i posti letto non sono sufficienti: vivono nelle stesse condizioni precarie degli altri. “Occorrono due anni di pratiche e poi ti rispondono di no. In genere hanno anche una famiglia da far venire” osserva Philippe Wannesson. “Quelli che arrivanoa Calais e vedono come vanno le cose da queste parti non restano in Francia”.

In Inghilterra i profughi ricevono subito un alloggio. In Svezia le cose vanno ancora meglio : “Stoccolma ha deciso di concedere lo status di rifugiato per tre anni a tutti i siriani”, precisa Philippe Wannesson, “e con la possibilità di un ricongiungimento familiare”. Basterebbe questo a dare ragione allo sfogo di Youssef: “Qualsiasi altro posto in Europa è meglio della Francia”.

Tags
Ti è piaciuto questo articolo? Noi siamo molto felici. È a disposizione di tutti i nostri lettori, poiché riteniamo che il diritto a un’informazione libera e indipendente sia essenziale per la democrazia. Tuttavia, questo diritto non è garantito per sempre e l’indipendenza ha il suo prezzo. Abbiamo bisogno del tuo supporto per continuare a pubblicare le nostre notizie indipendenti e multilingue per tutti gli europei. Scopri le nostre offerte di abbonamento e i loro vantaggi esclusivi e diventa subito membro della nostra community!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni il giornalismo europeo indipendente

La democrazia europea ha bisogno di una stampa indipendente. Voxeurop ha bisogno di te. Abbònati!

Sullo stesso argomento