Non è tutta burocrazia

Il 15 ottobre il governo britannico ha pubblicato un rapporto sull'eccesso di regolamentazione nell'Ue. Ma la semplificazione non deve essere una scusa per abolire le regole.

Pubblicato il 15 Ottobre 2013 alle 15:11

Burocrazia o regolamentazione? Le due cose sono molto diverse, e la distinzione ha la sua importanza. Nessuno è favorevole alla burocrazia e che ve ne sia fin troppa è implicito nella sua stessa definizione. La regolamentazione, invece, è diversa. A differenza della burocrazia, la regolamentazione non è di per sé una cosa buona o cattiva. A volte è buona, altre cattiva. Nella maggior parte dei casi le regolamentazioni sono un mix di entrambe. Tutto dipende dalla regolamentazione e da ciò che essa regolamenta.

Non c’è nulla di sbagliato nel parlare di regolamentazione. Ma il sospetto che un dibattito contestualizzato in termini di burocrazia sia almeno in parte una cortina di fumo destinata a coprire il tentativo di spazzar via le buone regolamentazioni insieme alle cattive ci sarà sempre.

Il rapporto del governo britannico sull’eccessiva regolamentazione dell’Ue è un esempio calzante. Dato che nessuno è favorevole alla burocrazia, le richieste di tagliare drasticamente il grande assortimento di procedure burocratiche dell’Ue sembra a prima vista puro buonsenso. Esaminando più a fondo i dettagli del rapporto, però, le cose si fanno molto più complesse. I problemi stanno più nel capire dove sia l’equilibrio tra gli interessi economici dei datori di lavoro e gli interessi per la sicurezza dei dipendenti che nella burocrazia vera e propria.

I regolamenti sulla salute e sulla sicurezza, per esempio, possono effettivamente essere onerosi per le piccole e medie imprese, ma possono essere anche un modo per scongiurare incidenti evitabili e rischi legati al lavoro. Il dibattito deve trovare un giusto equilibrio tra le due. Lo stesso vale per molte delle aree regolamentate di cui si parla nel rapporto – protezione dei dati, presentazione di informazioni non finanziarie, apprendistato, lavoratrici in stato di gravidanza, orario di lavoro e dipendenti di agenzie. In ognuno di questi casi c’è un legittimo dibattito da imbastire.

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Mettere tutte queste questioni sotto l’etichetta di burocrazia, tuttavia, è semplicemente fuorviante e distorce il modo in cui guardiamo all’Ue. Non lo si direbbe mai dalle modalità con le quali è condotto il dibattito nel Regno Unito, ma buona parte di ciò che talvolta si liquida come burocrazia Ue di fatto è uno sforzo efficace (certo, in altri casi no) per semplificare le cose, non a complicarle, sostituendo a 28 sistemi nazionali diversi un sistema unico. Se l’Ue non regolamentasse un determinato ambito, ogni governo nazionale di sicuro lo farebbe. Ciascuno a modo proprio.

Dipingendo il dibattito europeo in termini di burocrazia, i partiti di destra si attribuiscono una sorta di vantaggio politico, in quanto tre quarti dei cittadini europei concorda che ve ne è fin troppa. Qui non si discute del fatto che la burocrazia sia un problema, come ormai ammette la Commissione europea che ha adottato l’idea britannico-tedesca di abbinare a ogni nuova normativa l’abolizione di una vecchia. Anche i partiti di sinistra devono varare una strategia energica contro la burocrazia. Ma il tentativo di minare lo stato sociale sotto la copertura della lotta alla burocrazia non dovrebbe farne parte.

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