Manifestazione dell'opposizione a Minsk, 19 dicembre 2010

C’è ancora spazio per il dialogo

Aliaksandr Lukashenko ha ottenuto un altro mandato di quattro anni, ma sulla sua vittoria pesano sospetti d'irregolarità. Nonostante i dubbi, però, l'occidente non deve interrompere i rapporti con il paese.

Pubblicato il 20 Dicembre 2010 alle 16:55
Manifestazione dell'opposizione a Minsk, 19 dicembre 2010

E così, ancora una volta, le elezioni presidenziale bielorusse si sono trasformate in un problema per l’occidente. Le manganellate della polizia ai nemici di Lukashenko e ai manifestanti antigovernativi, gli arresti dei leader dell’opposizione: difficile davvero che tutto ciò possa portare a una maggiore apertura verso la Bielorussia. Al contrario, sembra di essere tornati ai tempi in cui Aliaksandr Lukashenko era chiamato “l’ultimo dittatore in Europa”.

I risultati delle elezioni di domenica scorsa (il presidente ha ricevuto il 79,86% dei voti) sono contestati, e fonti dell’opposizione ritengono che i voti effettivamente andati a Lukashenko siano la metà di quelli riferiti dagli exit poll disposti dal governo. Quale dovrebbe essere la nostra reazione? Dovremmo reintrodurre le sanzioni? Tornare a negare i visti ai loro funzionari? Impedire che Lukashenko si rechi in montagna sulle Alpi o si incontri con Silvio Berlusconi? Più semplice dire quale dovrebbe essere la nostra reazione all'aggresione al candidato dell’opposizione Vladimir Neklyayev: severe critiche e una profonda indignazione.

In ogni caso non dovremmo prendere decisioni affrettate, facendoci trascinare dalle emozioni. Non che dovremmo fingere che non sia accaduto nulla. Anzi, sono successe molte cose e lo dobbiamo dire ad alta voce, chiedendo spiegazioni sul conteggio dei voti e sulle aggressioni delle forze di polizia ai leader dell’opposizione.

L’occidente, tuttavia, non deve oscillare tra sanzioni e promesse, minacciando il regime con il bastone per poi offrirgli una carota il giorno seguente. Credevamo davvero che tutte quelle carote prima delle elezioni avrebbero garantito il rispetto degli standard democratici? Forse ci si aspettava, per esempio, che la mentalità degli addetti ai sondaggi postelettorali cambiasse da un giorno all'altro?

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L’esempio della Russia

La Bielorussia non è l’unico paese a est dell’Ue dove le elezioni – volendo usare un eufemismo – lasciano adito a dubbi. Ma l’occidente non si fa problemi a parlare con gli altri leader della regione, né a fare affari con loro. Per esempio, a est dell’Ue c’è un paese chiamato Russia, dove la polizia ha aggredito una signora di 82 anni, senza che questo episodio nuocesse in alcun modo alle sue relazioni con l’occidente.

Lukashenko ha molti peccati sulla coscienza, e forse un giorno il suo stesso popolo lo costringerà a risponderne. Ma durante il suo regno la Bielorussia ha rafforzato la sua sovranità. Ora questo paese non è un partner facile per nessuno, e le cose non cambieranno tanto presto.

L’occidente dovrebbe chiedersi seriamente se valga o meno la pena di voltare definitivamente le spalle a Lukashenko. Sicuramente non deve voltarle al popolo bielorusso. La Bielorussia non è ancora irrimediabilmente perduta. (traduzione di Anna Bissanti)

Da Mosca

Tra i due pretendenti, Lukashenko gode

"Aliaksandr Lukashenko ha combattuto e vinto la sua principale battaglia sul campo degli affari esteri", scrive Gazeta.ru. "Ma fino a tre o quattro mesi fa nessuno avrebbe previsto una vittoria di queste proporzioni". Allora "l'occidente chiedeva la liberalizzazione della politica interna e la Russia stava indebolendo l'economia bielorussa". Ma "invece che a una pioggia di critiche, la Bielorussia si è trovata al centro di un intenso corteggiamento", con Ue e Russia a disputarsi il ruolo di partner favorito. "I leader europei andavano a Minsk portando offerte di cooperazione, mentre la Russia riprendeva le forniture di idrocarburi esentasse in cambio dell'accordo sull'area di libero scambio. Le cifre degli aiuti europei alla Bielorussia si aggirano sui tre miliardi di euro, mentre si stima che Mosca spenda per il paese circa due milioni di dollari all'anno". "La dimostrazione della capacità di Lukashenko a stringere legami con l'Europa ha costretto il Cremlino a devolvere risorse considerevoli per recuperare un'alleanza strategica", nota Gazeta.ru. "In Europa la situazione è molto più semplice. Gli europei sono più interessati al processo che ai risultati, e il processo che vogliono può essere lanciato anche con Lukashenko al potere. Di fatto sta già accadendo".

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