Idee Elezioni europee 2014

Gli euroscettici non vinceranno

Alle europee difficilmente si verificherà la tanto temuta affermazione dei partiti anti-Ue. Ma in ogni caso la partecipazione continuerà a calare e con essa la rappresentatività del parlamento.

Pubblicato il 12 Dicembre 2013 alle 15:51

"A forza di scrivere cose orribili, le cose orribili finiscono per accadere". In questi tempi difficili varrebbe la pena di utilizzare per l'Europa la battuta di Michel Simon, autore sotto falso nome di romanzi gialli che teme di essere assassinato in "Lo strano dramma del dottor Molyneux". A forza di predire cose terribili sull'Europa, queste finiscono per accadere. "Se l'Europa si vergogna di se stessa, saranno gli estremisti a vincere", avverte il commissario europeo Michel Barnier. "La cosa peggiore per l'Europa è il silenzio e la paura".

A sei mesi dalle elezioni europee non ci dobbiamo far intimidire da Marine Le Pen, che afferma che il suo sarà il partito più votato. Forse della Francia, ma di certo non dell'Europa stando ai calcoli del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz.

Gli estremisti di destra dovrebbero arrivare a 90 deputati. Inoltre sono divisi: gli eurofobi britannici dell'Ukip, alleati al partito agrario polacco (30 seggi), non vogliono stare insieme con gli amici di Marine Le Pen (40 seggi), che a sua volta non vuole stare con i neonazisti greci di Alba dorata o dell'ungherese Jobbik (20 seggi). Insomma, ogni movimento ha i suoi "infrequentabili". A sua volta l'estrema sinistra sarà costituita da non iscritti (da 15 a 20 deputati) e dagli amici di Jean-Luc Mélanchon e di Die Linke (50 deputati). In totale gli antieuropei dovrebbero passare da un centinaio a un massimo di 160 deputati.

Questa relativa resistenza europea, in un emiciclo di 764 deputati, si spiega in parte con il ricordo delle vecchie dittature fasciste: tedeschi, spagnoli e portoghesi non votano per le forze estremiste. Alcuni movimenti assumono talvolta degli atteggiamenti piuttosto decisi, come la Csu bavarese, o sono espressione di forze nazionaliste, come gli spagnoli, ma rimangono nel campo dei partiti democratici. Dobbiamo smetterla quindi di continuare con questo atteggiamento malsano che consiste nell'annunciare il peggio. In totale gli europeisti - socialdemocratici (Pse), Verdi, liberali, cristiano-democratici (Ppe) - dovrebbero essere almeno 530 rispetto agli attuali 610.

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Queste simulazioni, fondate sui sondaggi e sulle ultime elezioni, mostrano anche che difficilmente si potrà parlare di radicalizzazione dell'assemblea di Strasburgo: il Pse dovrebbe risalire la china e arrivare a 220 seggi, in linea con il Ppe. I perdenti saranno i Verdi (40 seggi rispetto agli attuali 58) e i liberal-democratici (fra 60 e 70 seggi rispetto agli attuali 85). Così il parlamento rischia di trovarsi, come la Germania, costretto a una grande coalizione. Questa alleanza di necessità rischia di confermare l'idea che in Europa i giochi sono già fatti e alimentare un'astensione di massa. Il calo dei votanti sembra inesorabile. La partecipazione, che era stata del 62 per cento nel 1979 in occasione della prima elezione a suffragio universale degli eurodeputati, è passata sotto la soglia del 50 per cento nel 1999 e aveva raggiunto il 42,5 per cento nel 2009.

Un comportamento paradossale degli elettori, che votano sempre di meno, mentre i deputati europei hanno continuato ad aumentare il loro potere. In passato avevano solo il diritto di approvare il bilancio non agricolo dell'Europa – cioè quasi nulla – e di votare risoluzioni sulle isole Grenadine, per riprendere una battuta di Jacques Delors. Adesso partecipano alla decisione dell'intera legislazione europea.

La confessione di Giscard

Questa indifferenza ha tre spiegazioni. In primo luogo il Parlamento europeo si accontenta di approvare o di modificare gli aspetti minori di compromessi conclusi fra gli stati membri e la Commissione. Secondo punto, i veri dibattiti sono nazionali.

Ultima spiegazione, il Parlamento europeo non sarà mai un vero parlamento perché non rappresenta il popolo europeo. È quello che afferma la Corte costituzionale di Karlsruhe, spiegando che i maltesi sono sovrarappresentati rispetto ai tedeschi. Forse non farebbe male un po' più di pudore, visto che l'emiciclo è dominato dai grandi gruppi tedeschi del Ppe e del Pse. Il problema fondamentale è che non esiste – o quanto meno, non ancora – un "dêmos europeo", un popolo europeo. I cittadini del Vecchio continente non riconoscono la legittimità di un'assemblea che funziona secondo divisioni complesse (sinistra-destra, nord-sud, fondatori-nuovi membri e così via). Il voto degli eurodeputati corrisponde il più delle volte a un punto di equilibrio europeo moderato, ma impedisce uno scontro democratico tradizionale, che disorienta la popolazione. A questo poi bisogna aggiungere la schizofrenia dei partiti, che a Bruxelles sono europei ma che sono tentati di scegliere candidati che criticheranno l'Europa durante la campagna elettorale.

[L'ex presidente francese] Valéry Giscard d'Estaing diceva di aver fatto un errore quando aveva imposto che dal 1979 gli eurodeputati fossero eletto a suffragio universale. Non aveva tutti i torti: il Parlamento europeo è un'entità extraterritoriale, scollegata dalle rappresentanze nazionali, e non riuscirà a imporsi con la sua attività. Dobbiamo ricollegarlo al territorio. In Europa non sappiamo disfare le istituzioni e ne aggiungiamo altre per correggere il tiro. Per gestire la politica economica e monetaria della zona euro bisognerebbe organizzare un congresso che riunisca deputati europei e nazionali. Questa sarebbe un'assemblea nella quale i cittadini potrebbero riconoscersi.

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