Tutti i sondaggi prevedono per le prossime elezioni europee un astensionismo molto elevato. Il disinteresse per la vita politica europea ha continuato ad aumentare negli ultimi anni, e questo molto prima dell'attuale crisi economica e finanziaria. Le cause dell'astensionismo sono evidenti, ma per capirle meglio bisogna comprendere quello che succede nell'Unione europea.
-
Dagli anni Ottanta la disoccupazione nei paesi dell'Europa dei 15 ha continuato a crescere; le condizioni di lavoro della popolazione attiva si sono degradate (la percentuale di chi afferma di lavorare in condizioni stressanti è passata dal 32 per cento nel 1991 al 44 per cento nel 2005).
-
Il tasso di crescita annuo delle spese pubbliche dello Stato assistenziale (pensioni, sanità, alloggi) è continuato a scendere (passando dal 6,2 per cento nel 1990 al 4,8 per cento nel 2004).
-
La copertura sociale in caso di malattia, incapacità a lavorare o disoccupazione è diminuita, così come le retribuzioni (la cosiddetta massa salariale, che dipende dal livello dei salari e dal numero di salariati) in percentuale sul reddito nazionale (passate dal 68 per cento nel 1975 al 58 per cento nel 2005).
Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta
Questi dati fotografano il deterioramento della condizione degli operai nell'Europa dei 15, al contrario di quanto accaduto ai redditi da capitale, aumentati in modo vertiginoso. Dal 1999 al 2006 i profitti delle imprese sono aumentati del 33 per cento, mentre i costi del lavoro sono cresciuti appena del 18 per cento. Il risultato è un considerevole aumento delle disuguaglianze sociali, di cui gli europei sono consapevoli, come dimostrano i sondaggi: almeno il 78 per cento degli abitanti dell'Ue-15 afferma che nel proprio paese le disuguaglianze sono eccessive.
Questa disparità nella distribuzione del reddito deriva dalle politiche raccomandate da Bruxelles, equivalente europeo del consenso liberista di Washington, e applicate dalle istituzioni europee, in particolare dalla Commissione (incaricata di vigilare sull'applicazione del Patto di stabilità e responsabile dell'austerità di bilancio) e dalla Banca centrale europea (le cui politiche monetarie hanno molto favorito la sfera finanziaria a scapito dello stimolo economico e della creazione di posti di lavoro). La popolazione ne è consapevole: sia la Commissione europea che la Banca centrale figurano tra le istituzioni meno apprezzate dagli europei. Da ciò la delusione delle classi popolari nei confronti dell'integrazione europea. Una disaffezione che interessa soprattutto i partiti di centrosinistra, poiché i grandi gruppi sociali più colpiti da queste politiche liberiste, in particolare il mondo operaio, costituiscono la loro base elettorale.
Se i partiti di centrosinistra attraversano una crisi profonda, però, è perché hanno adottato le tesi liberiste quando erano al potere. Queste formazioni devono quindi fare una seria autocritica. La destra invece deve il suo successo alla lealtà della sua base elettorale, costituita da categorie sociali con redditi più alti che hanno beneficiato delle politiche liberiste, e da una parte delle classi popolari, attirate dal messaggio nazionalista e xenofobo favorito dalla grande precarietà che regna nell'Ue. Perché i più razzisti non sono i più ignoranti, ma i più precari.