Attualità Istituzioni europee

Il valzer delle poltrone

L’attesa designazione del nuovo presidente della commissione europea è solo la prima tappa del rinnovo delle istanze dirigenti delle istituzioni europee. Un balletto politico-diplomatico che si svolge tra le capitali, secondo riti ben definiti.

Pubblicato il 25 Giugno 2014 alle 07:39

Come posizionarsi, ora che è cominciato il grande valzer della distribuzione dei ruoli a Bruxelles? Non c’è un’unica strategia, come insegna una serie di incontri con dei funzionari dell'Unione europea e alcuni ambasciatori ed ex ambasciatori a Bruxelles. Un altro insegnamento è che le strategie da sole non bastano: "Intervengono anche la fortuna e il caso", spiega un ex ambasciatore di un piccolo paese membro.

Prendiamo per esempio la nomina di José Manuel Barroso alla presidenza della Commissione, nel 2004. "All'epoca, il capi di stato e di governo non sapevano come uscirne. Il Regno Unito aveva posto il veto sul candidato belga, Guy Verhofstadt, e il candidato britannico, Chris Patten, non era preso sul serio. I leader europei si sono guardati in faccia e il loro sguardo ha finito per posarsi sul premier portoghese, Barroso. Era praticamente sconosciuto e quindi non prestava il fianco a polemiche; era cristiano-democratico e il suo paese poteva fare a meno di lui. È diventato presidente della Commissione senza nemmeno fare campagna."

La nomina del belga Herman Van Rompuy alla presidenza del consiglio dell'Ue nel 2009 fa parte della stessa categoria di sorprese. Anche in questo caso gli altri candidati non l'hanno spuntata: Tony Blair (troppo dominatore), Jean-Claude Juncker (disprezzato dalla Francia), Jan Peter Balkenende (non convincente). E così il grigio Herman Van Rompuy, venuto fuori da chissà dove e senza strategia, è piombato sulla scena. Per il Belgio era difficile fare a meno di lui (dirigeva da meno di un anno il paese, in preda a una profonda crisi politica), ma questo non ha cambiato nulla. La stessa sera, Catherine Ashton era eletta Alto rappresentante per gli affari esteri, con grande stupore di tutti — lei compresa: non aveva nemmeno preparato un discorsino di ringraziamento.

“Il caso ha la sua parte”, analizza un funzionario europeo di lungo corso. "Ma le nomine non sono nemmeno una tombola. I capi di governo sono un po' troppo calcolatori per accontentarsi di speculazioni. Anche se non si hanno tutti gli elementi in mano, con una buona preparazione si può in qualche modo forzargli la mano".

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Gli stati membri farebbero bene, prima di tutto, a porsi quattro domande: chi vogliono sostenere, per quale poltrona e quale è il momento giusto per passare all'azione? La quarta domanda verte sul ruolo del caso. E essendo quest'ultimo capriccioso per definizione, è difficile da prevedere. Se riescono a rispondere a queste quattro domande possono avere una qualche influenza nell'esercizio estremamente complesso della distribuzione delle poltrone. [[Il cubo di Rubik è un gioco da ragazzini rispetto al rompicapo rappresentato dall'attribuzione degli incarichi a Bruxelles]].

Questa volta la scelta di un nuovo presidente della commissione è reso ancor più difficile dal fatto che il parlamento europeo ha un suo candidato, l'ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker. Secondo il parlamento, Juncker corrisponde alla volontà degli elettori. Un'affermazione che può essere discussa, ma che mette i capi di governo con le spalle al muro. Spetta infatti a loro proporre il presidente della commissione, ma sta al Parlamento approvarne la nomina. E i deputati potrebbero rimandare a casa chiunque non sia Juncker.

I capi di governo sono sempre più numerosi a rimpiangere di aver spinto, attivamente (Angela Merkel, Mark Rutte) o in modo passivo, il parlamento a proporre i suoi propri candidati alla presidenza della commissione. "Un vespaio", dice Ben Bot, ex ambasciatore dei Paesi Bassi presso l'Ue. Nel frattempo, il capi di governo hanno incaricato Van Rompuy di trovare un candidato che possa godere del sostegno di tutti (primi ministri e deputati). Occorre evitare un bagno di sangue. [[Bruxelles non è un tiro al bersaglio dove c'è sempre un premio in palio]].

Si capisce quindi che Van Rompuy si sforzi di far bere come meglio può l'amara medicina che molti dovranno prendere, proponendo una rosa di candidati allargata per le poltrone più prestigiose (la sua stessa successione, gli Affari esteri, la presidenza dell'eurogruppo) e indicando le priorità politiche che il nuovo presidente della commissione dovrà rispettare. Ce ne sarà per tutti e per ciascuno sarà trovato un compromesso.

E meno male che Van Rompuy, da navigato politico belga, sembra fatto apposta per la missione che gli è stata assegnata: mettere a punto una proposta. Le nomine per questi posti chiave costituiscono un esercizio di equilibrista che impone di prendere in considerazione molti fattori: tendenza politica dei candidati, dimensioni dello stato membro dal quale provengono, collocazione geografica di quest'ultimo, anzianità dell'appartenenza all'Ue, zona euro o no, uomo o donna. "È l'arte di trovare i pezzi mancanti di un puzzle", suggerisce un alto funzionario dell'Ue: "vuol dire che, nelle prossime settimane, bisognerà stare sempre in campana e spesso in contatto telefonico con i membri del proprio governo."

Non appena il presidente della commissione sarà stato designato, la guerra per le altre poltrone, quelle dei dirigenti dell'amministrazione, sarà aperta. Anche qui non ci sono limiti o quasi: non si rispettano le precedenze, si danno calci negli stinchi, si bluffa e si strilla. Il gioco vale la candela, perché il presidente della commissione è affiancato solo dai 27 commissari e tutti non avranno il privilegio di riempire utilmente le loro giornate. Il prossimo commissario all'Allargamento avrà per esempio dinanzi a lui cinque anni tranquilli. La Pesca è vuota come i mari e il commissario alla Cultura e al multilinguismo farebbe bene a trovarsi un passatempo.

Ma quale che sia la strategia adottata è meglio non perdere tempo. A fine giugno i capi di stato e di governo si riuniranno di nuovo a Bruxelles e occorre sperare che da qui a li Van Rompuy abbia messo a punto la sua proposta sulle poltrone da assegnare. Secondo un funzionario dell'Ue, "sarebbe bene che la situazione non durasse in eterno, perché sarebbe una vergogna. Le elezioni europee si sono svolte ormai un mese fa. È legittimo aspettarsi che nel frattempo i 28 capi di governo e il parlamento abbiano scelto il presidente della commissione. L'Ue non è il Belgio o i Paesi Bassi, dove ci vogliono mesi per formare un governo!"

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