La Nato: “Chi mi ha svegliato?”

Torniamo ai fondamenti

La prima riunione dei leader della Nato dallo scoppio della crisi in Ucraina si apre il 4 settembre a Newport, nel Regno Unito, in un clima teso. I paesi d’Europa centrale e orientale vogliono che l’Alleanza reagisca, di fronte a una Russia che sembra non farsi più scrupoli a minacciare l’occidente.

Pubblicato il 4 Settembre 2014 alle 07:36
La Nato: “Chi mi ha svegliato?”

Il vertice Nato di Newport (Pays de Galles), il 4 e 5 settembre, ha forti probabilità di diventare storico. È infatti la prima grande riunione dell’Alleanza da quando la Russia ha annesso la Crimea e destabilizzato l’Ucraina, dando così un colpo alla sicurezza europea. La pressione costante della Russia sul fianco orientale dell’Unione europea, la modificazione con la forza delle frontiere in Europa e i disordini in Medio oriente e in Nordafrica sono all’ordine del giorno della riunione.

Sarebbe auspicabile che l’articolo 5 del Trattato di Washington, secondo il quale un attacco contro uno dei paesi membri della Nato equivale ad attaccare tutti gli altri, diventi credibile e che l’Alleanza ritrovi la sua ragion d’essere: la difesa del territorio. Si tratterà invece di un nuovo vertice farcito di grandi dichiarazioni, di concetti ambigui (tipo “difesa intelligente”), di vuoti slogan (“facciamo di più con meno”)? Sarà segnato dalla riaffermazione dell’obiettivo — minimo ma impossibile da raggiungere — del 2 per cento del Pil dei paesi membri dedicato alla difesa? O invece, finalmente, [[saranno prese decisioni coraggiose, come la costruzione di basi e il dispiegamento di truppe della Nato sul fianco orientale e l’elaborazione di meccanismi di responsabilizzazione degli stati?]]

I segnali inviati fino a ora indicano che le decisioni future rispetteranno l’atto fondatore Nato-Russia, secondo il quale la Nato afferma non puntare a una politica di stanziamento permanente di forze importanti sul territorio degli stati membri, e questo malgrado le pressioni dei paesi baltici, della Polonia e della Romania, che preferirebbero misure simboliche che aumentino la forza di reazione della Nato.

Nella “Nuova Europa” le cose sono molto chiare: l’epoca della “fine della storia” del Woodstock geopolitico, della ricerca a tutti i costi di un rilancio delle relazioni con Mosca è finita. La Russia ha violato quasi tutti i principi fondatori della sicurezza europea. L’Ucraina nel 2014 e la Georgia nel 2008 hanno ricordato che la vecchia cultura strategica delle sfere di influenza, della sovranità limitata, dell’aggressione diffusa e del revisionismo territoriale non è stata del tutto esorcizzata. E questo malgrado vent’anni di consolidazione e di interdipendenza economica tra la Russia e l’Europa.

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La Nato dovrebbe tornare ai suoi fondamenti, a ciò che l’ha consacrata nell’aprile 1949: la difesa collettiva. Sarebbe giudizioso dare una credibilità all’articolo 5 del Trattato di Washington moltiplicando le basi e le forze Nato sul fianco orientale. Ma questo vuol dire rivedere l’Atto fondatore Nato-Russia. Un tempo il compromesso consisteva nel rafforzare il fianco più esposto alla minaccia russa con un dispiegamento rapido delle forze militari. Ma è proprio qui che sta il problema: la Nato non è in grado di rispondere a una blitzkrieg, una guerra lampo.

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