Attualità Riconoscimento della Palestina

Gli europei stanno perdendo la pazienza con Israele

Anche se ufficialmente l’Ue non riconosce lo stato palestinese, molti paesi membri lo hanno fatto di recente, un segno che gli europei sono meno indulgenti nei confronti del governo di Israele e che la simpatia internazionale per la sua causa è in calo, afferma il politologo José Ignacio Torreblanca.

Pubblicato il 25 Novembre 2014 alle 17:52

Il primo è stato il governo svedese, che il 3 ottobre ha annunciato di voler riconoscere lo stato palestinese, e lo ha fatto in maniera ufficiale il 30 ottobre. È stata poi la volta del parlamento britannico: il 13 ottobre con una consultazione proposta dai laburisti, i parlamentari del Regno Unito si sono espressi a favore del riconoscimento della Palestina per 274 voti a 12. Pochi giorni dopo, il 16 ottobre, i socialisti spagnoli hanno presentato al parlamento una proposta per arrivare a riconoscere formalmente lo stato palestinese. [Il parlamento danese deve votare una risoluzione simile l'11 dicembre e il Parlamento europeo deve votare una mozione sul riconoscimento a dicembre].

La decisione del governo svedese non è stata improvvisata, né è spuntata fuori dal nulla. Il nuovo ministro degli Esteri Margot Wallström tra il 2004 e il 2009 ha svolto le funzioni di commissaria europea e di vicepresidente della Commissione. Pertanto era consapevole della posizione dell’Unione europea al riguardo, e sapeva quali sarebbero state le conseguenze di una decisione unilaterale da parte della Svezia. Altrettanto vale per il parlamento britannico: il Regno Unito non solo è uno dei paesi che hanno dimostrato maggiore sostegno a Israele, ma è anche uno di quelli maggiormente sensibili nei confronti del terrorismo jihadista.

Il fatto che Ed Miliband, leader dell’opposizione di un paese che ha un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell’Onu, abbia rilanciato la richiesta di riconoscimento unilaterale dimostra che il clima europeo è sempre meno favorevole al governo israeliano. La Spagna conferma questo trend: nel 1991 aveva ospitato la Conferenza internazionale di pace tra Israele e Palestina e da allora ha continuato a impegnarsi molto negli sforzi di mediazione necessari ad assicurare la pace all’intera regione.

Israele ha sempre vissuto sotto una minaccia esistenziale. In alcune occasioni la minaccia proveniva dall’ostilità dei paesi arabi confinanti, propensi a negarne l’esistenza, e Israele non ha esitato a rivalersi combattendo. Un’altra minaccia è arrivata dal terrorismo di Hamas e da quello delle organizzazioni a esso collegate, che hanno disseminato attentatori suicidi in tutto Israele. E infine c’è stato il rifiuto del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad di riconoscere l’Olocausto, esternato nel momento stesso in cui Teheran ha deciso di mettere a punto un programma nucleare militare.

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Israele ha sconfitto i suoi vicini combattendo, ha fermato con efficacia gli attentati terroristici sul proprio territorio ed è riuscito a rendere coesa la comunità internazionale (Cina e Russia comprese) intorno alla sua causa per costringere l’Iran a interrompere il programma di arricchimento dell’uranio. Pur avendo collezionato queste vittorie, però, [[Israele non è riuscito a comprendere che la simpatia internazionale per la sua causa stava vacillando, mentre il sostegno ai palestinesi era in aumento]].

L’ultima campagna militare israeliana a Gaza, con il devastante numero di perdite civili che ha provocato, è stato per molti europei la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Queste amministrazioni, e perfino il governo filo-israeliano degli Stati Uniti, si sono stancate di dover difendere l’indifendibile. La collera contro Israele per i suoi eccessi a Gaza è stata alimentata ancor più dalla ripresa degli insediamenti dei coloni e delle confische dei terreni in Cisgiordania, mosse che rivelano tutta l’impunità di cui gode il governo di Benjamin Netanyahu, il primo ministro convinto che il permissivismo europeo implichi che egli sarà sempre in grado di piegare i governi stranieri alla sua volontà.

Israele sta dimenticando una cosa fondamentale: la perdita di legittimità internazionale è tanto pericolosa, se non di più, di tutte le minacce esistenziali che incombono. Nell’opinione di molti, Israele da molto tempo ha varcato la linea rossa nel modo di trattare i palestinesi, e si è allineato con regimi quali quello dell’apartheid in Sudafrica. Fino a poco tempo fa, chi condivideva queste opinioni restava in silenzio in pubblico, pur essendo fortemente critico dietro le quinte.

Adesso, però, questi pareri negativi si stanno palesando ufficialmente, espressi nella politica del riconoscimento unilaterale della Palestina. Immersa in un falso senso di sicurezza, Israele sembra non rendersi pienamente conto di questo cambiamento di percezione nell’opinione pubblica europea, né delle sue conseguenze.

La verità è che per Israele il tempo a disposizione sta per scadere e se continuerà a percorrere la strada seguita finora si ritroverà isolato a livello internazionale e diventerà uno stato reietto. Il riconoscimento unilaterale dello stato palestinese da parte di alcuni stati membri dell’Ue verosimilmente non cambierà molto le cose: i paesi membri del Patto di Varsavia come Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Romania, e altri ancora come Malta, Cipro e Islanda hanno già riconosciuto formalmente la Palestina senza che ci siano state implicazioni concrete per Israele. Tuttavia, il trend del riconoscimento dello stato palestinese è in aumento e potrebbe stare a indicare il progressivo venire meno di un asset strategico di cruciale importanza nell’arsenale di Israele: la legittimità internazionale.

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