Perché non abbiamo bisogno di un esercito europeo

Auspicato dal presidente della Commissione risponde più a dei requisiti di bilancio che ad una reale esigenza politica. E le divisioni persistenti tra i paesi membri lo renderebbro poco efficace.

Pubblicato il 30 Marzo 2015 alle 21:30

Quando si parla di politica di difesa, gli europei si dividono grosso modo in atlantisti e gollisti. I primi ritengono che il Vecchio continente non possa difendersi senza gli Stati Uniti, per questo la creazione di un esercito europeo autonomo comprometterebbe paradossalmente la nostra sicurezza poiché rimetterebbe in discussione la Nato. I gollisti (dal nome dell’ex presidente francese Charles de Gaulle) per parte loro affermano che l’egemonia americana in seno alla Nato sia nefasta per l’Europa, poiché impone una prospettiva geopolitica statunitense. È per questo motivo peraltro che la Francia si era ritirata dal commando integrato della Nato per circa 40 anni.

Anche se un esercito europeo comune è menzionato in tutti i trattati europei, è rimasto sempre lettera morta poiché gli atlantisti hanno dominato il dibattito sulla sicurezza comune. La convinzione secondo la quale l’alleanza con gli Stati Uniti era più importante l’ha spazzata via, permettendo a Washington di aprire il suo ombrello nucleare in Europa. Di conseguenza, il Vecchio continente è caduto in un letargo militare, soprattutto dopo la caduta dell’Unione sovietica.

La fuga in avanti dell’integrazione

Da un punto di vista militare, l’integrazione sembra il percorso naturale per l’Europa. I paesi europei membri della Nato spendono ogni anno circa 200 miliardi di euro per i loro rispettivi eserciti, cioè tre volte quanto la Russia, che in questi ultimi anni ha pure raddoppiato le sue spese militari. A questa ingente somma non corrisponde tuttavia una buona qualità del materiale. Facciamo una semplice constatazione: l’Europa usa nove modelli di aerei da caccia e da combattimento, mentre gli Stati Uniti ne hanno solo quattro; le forze navali europee sono costituite da 16 diversi modelli di fregata, mentre la US Navy ne possiede una sola.

Una tale diversità di materiale militare comporta dei costi più alti a livello di progettazione, di sviluppo dei progetti e di manutenzione, senza dimenticare i potenziali problemi di coordinamento in caso di guerra.

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Christian Mölling dell’Istituto affari internazionali e della sicurezza (Swp) tedesco ritiene che gli europei non vogliano guardare in faccia alla realtà. Da un lato, vogliono credere di essere militarmente indipendenti. Dall’altro, sono incapaci di difendersi da soli poiché non ne hanno i mezzi.

Volendo essere indipendenti a tutti i costi non vogliono cooperare di più, sia nell’ambito della Nato che attraverso iniziative europee. Risultato: l’Europa perde importanza a livello militare, aumentando ancor di più l’interdipendenza. Secondo i sostenitori di questa tesi dunque, il richiamo di Juncker deve essere considerato come uno scossone che incoraggia gli europei ad agire.

Chi si oppone a questo punto di vista parla di un nuovo tentativo di “accelerazione” dell’integrazione europea, che ha perso la sua dinamica durante la crisi economica. Secondo Charles Grant, del Centre for European Reform, si tratta di una strategia, già usata a più riprese, per uscire dall’apatia con uno slancio in avanti.

La storia dell’esercito europeo comincia a ricordare quella dell’euro: prima della sua introduzione, nel 1999, numerosi detrattori prevedevano che la moneta unica avrebbe potuto funzionare solo se l’Ue avesse avuto un’unica politica economica. I sostenitori dell’euro replicavano che la moneta unica sarebbe stata in grado da sola di generare un simile gigante economico. Considerando ciò che è avvenuto negli ultimi anni e la situazione economica nei paesi del sud Europa, va preso atto che avevano ragione gli scettici: l’euro non ha permesso la “fuga in avanti”; al contrario – ha destabilizzato l’unità dell’Europa. Un simile scenario potrebbe attenderla se optasse per l’integrazione militare.

Morire per Gibilterra ?

Gli interrogativi sono sempre più numerosi. Quale campo sceglierebbe un esercito europeo se gli Spagnoli entrassero in guerra con gli Inglesi sulla questione di Gibilterra? Cosa accadrebbe se l’Argentina invadesse le isole Malvinas/Falkland? L’Europa avrà l’obbligo di aiutare la Francia quando questa regola i suo affari nel Mali? Che si fa con la Turchia, che fa parte della Nato ma non dell’Unione? Che fare degli Stati ufficialmente neutrali come l’Austria o la Svezia? Quali sarebbero i rapporti tra l’Europa militare e gli Stati Uniti o la Nato?

Jonathan Eyal, del Royal United Service Institute britannico ritiene che la proposta di Juncker sia anche pericolosa per l’Europa poiché manda a Mosca un segnale sull’esistenza di una certa tensione tra il Vecchio continente e gli Stati Uniti, permettendo al Cremlino di tracciare una linea di frattura tra gli alleati occidentali.

La domanda principale è la seguente: Juncker come si immagina il comando di questo esercito in assenza di una politica estera comune? Le decisioni tattiche dell’esercito europeo saranno discusse dal Parlamento europeo così come lo propongono i Verdi tedeschi? La questione è tanto più centrale in quanto può trattarsi di decisioni fondamentali per l’esistenza di alcuni Stati.

Nel caso dell’euro, i governi si sono accordati nel trasferire parte della loro sovranità in cambio di vantaggi concreti come l’accesso al mercato comune. Tuttavia la differenza più importante è costituita dal fatto che le decisioni economiche comunitarie non sono così urgenti e quelle considerate sbagliate possono essere contestate. Il comando di un esercito europeo non offre queste possibilità, soprattutto in caso di conflitto armato. E il comandante dell’esercito europeo si ritroverebbe in qualche modo nella posizione di sovrano del continente.

Tutti questi interrogativi strategici avranno tuttavia una dimensione accademica se si considera che lo scopo della creazione dell’esercito europeo di Juncker non è quello di garantire la sicurezza dell’Unione bensì risanare le finanze pubbliche degli Stati membri. Il suo portavoce ha spiegato, dopo l’intervista sin d’ora storica del suo leader, che questa forza militare gli permetterebbe di risparmiare circa 120 miliardi di euro all’anno.

La proposta del presidente della Commissione è così poco realistica politicamente che le motivazioni di bilancio acquistano automaticamente credibilità. È tuttavia difficile stabilire quale di queste due opzioni sia la peggiore per l’Europa.

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