Jeroen Dijsselbloem, il dottor euro

Riuscirà a tenere insieme l'Unione monetaria evitando il default della Grecia? Quante probabilità ci sono che venga riconfermato presidente dell'Eurogruppo? Vrij Nederland ha indagato sulla carriera e lo stile del ministro delle finanze olandese.

Pubblicato il 17 Giugno 2015 alle 09:32

Jeroen Dijsselbloem, 49 anni, è al timone dell'Eurogruppo da oltre due anni. Prima di ricoprire questo ruolo nel cuore della politica europea, era a digiuno di esperienza internazionale. Il suo predecessore a capo dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, era un veterano del circuito europeo, noto per il suo linguaggio flautato, la sua politica sottobanco e le lunghe riunioni notturne. Dal giorno della sua nomina, Dijsselbloem si è comportato in modo molto diverso. Le sue riunioni raramente sforano i tempi previsti e mette a tacere i suoi colleghi ministri quando la tirano per le lunghe. Dijsselbloem sottolinea la necessità di rispettare gli accordi e utilizza un linguaggio chiaro e diretto.

Per Bruxelles abituarsi al suo linguaggio diretto ha comportato un grandissimo sforzo. La schiettezza di Dijsselbloem ha causato un putiferio internazionale durante la sua prima grande prova, la gestione della crisi di Cipro. Nel marzo 2013, in un'intervista rilasciata al Financial Times, ha sostenuto che una delle misure adottate per combattere la crisi di Cipro, che prevedeva il contributo al salvataggio delle banche anche da parte dei risparmiatori, sarebbe servita da modello per gli altri paesi dell’eurozona. Addosso gli sono piovute critiche per aver lanciato una bomba verbale sui mercati finanziari.

Le cose poi non sono andate così male come previsto, ma la sua dichiarazione lo ha perseguitato a lungo. "Dijsselbloem può essere piuttosto schietto", ha affermato Peter Spiegel, capo della redazione di Bruxelles del Financial Times, che a Dijsselbloem era riuscito a strappare la dichiarazione. "Senza volere, ha detto la verità. È nel suo stile. È l'opposto di Juncker, che una volta disse: ‘Se la situazione sfugge di mano, menti’".

Lo scorso anno il candore di Dijsselbloem ha suscitato di nuovo una tempesta internazionale quando, durante il programma televisivo olandese Knevel & Van den Brink, ha definito Jean-Claude Juncker "un fumatore e un bevitore incallito". Le sue parole sono rimbalzate in tutto il mondo. Juncker, che aveva appena annunciato la sua candidatura alla presidenza della Commissione europea, è stato costretto a rilasciare una dichiarazione pubblica in cui sosteneva di "non essere alcolizzato".

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Baci umidicci

Dijsselbloem non pensa che la sua esternazione abbia danneggiato il suo rapporto con Juncker in modo permanente. "È stata una battuta infelice che ha causato non pochi guai per Jean-Claude. Mi sono scusato con lui due volte, prima per telefono, poi davanti a una tazza di caffè. Dovrebbe bastare , non si può tirare in ballo questa questione all’infinito". A detta di Dijsselbloem, il suo rapporto con Juncker "è buono". "Ci sentiamo al telefono quasi ogni settimana per allinearci a proposito della questione greca. Ogni volta che ci vediamo, mi abbraccia e mi dà baci un po’ umidicci". Con un sorriso aggiunge: "Sembra che lo faccia con tutti però".

Per avere successo nella stratosfera di Bruxelles occorre giocare la partita politica in maniera impeccabile. Il presidente dell'Eurogruppo deve vedersela con i giocatori avversari di diciassette nazionalità diverse, con enormi differenze culturali, spesso egocentrici, deve affrontare vecchie faide e piani occulti. In un inglese spesso imperfetto, questa assemblea variegata deve raggiungere un accordo. Tutte le decisioni in linea di principio sono prese all'unanimità, e il "no" detto a gran voce può avere un impatto enorme.

In qualità di presidente, Dijsselbloem deve poi valutare se si tratta di un no tattico, pronunciato allo scopo di rafforzare una posizione migliore per i negoziati, o se invece si tratta di una posizione ideologica e inamovibile. A Bruxelles gli esperti sostengono che Dijsselbloem sta imparando. "Il suo più grande risultato è che l'Eurogruppo non è mai stato così unito come lo è ora sotto la sua guida”, spiega Peter Spiegel.

Tedesco con gli zoccoli

Dicembre 2012. In occasione di un terzo vertice dei ministri delle finanze europei a cui Dijsselbloem prende parte in veste di ministro scopre che in un’altra stanza sono riuniti il tedesco Wolfgang Schäuble, il francese Pierre Moscovici, il governatore della Bce Mario Draghi e il commissario europeo Michel Barnier per discutere la formazione di un’Unione bancaria. Decide di entrare. I presenti restano attoniti: chi crede di essere quest’olandese arrivato solo ieri? Ma tant’è, anziché mandarlo via, lo invitano a prendere posto.

Rimane con loro per diverse ore, discutendo come combattere la crisi e salvare l'Unione monetaria. Nelle settimane successive la rappresentanza tedesca inizia a diffondere la voce secondo cui Dijsselbloem abbia le carte in regola per succedere a Juncker. Informato dal suo entourage, Dijsselbloem ritiene sia un’idea folle priva di fondamento.

Ma proprio in occasione dell’incontro successivo, Wolfgang Schäuble ufficializza personalmente la sua candidatura. Nessuno batte ciglio. Di lì a poche settimane può iniziare il suo nuovo lavoro. "Wolfgang Schäuble ha inventato Dijsselbloem", sostiene uno dei dipendenti del ministro tedesco. "Con lui ha un rapporto quasi paterno". Anche Dijsselbloem la pensa così: "Schäuble è un politico esperto. È un negoziatore straordinario e, se lo conosci meglio, scopri che è anche divertente. Inimicarsi la gente, poi, è il suo divertimento più grande e lo fa sempre con un sorriso. È un uomo malizioso”.

La stretta relazione tra i due ha anche un rovescio della medaglia: dall’istante in cui Dijsselbloem è stato nominato presidente su designazione di Schäuble, si è guadagnato il nomignolo, soprattutto nei Paesi del Sud Europa, di servo dei potenti tedeschi. Parsimoniosi, gli olandesi sono noti per essere i più forti alleati della Germania in materia di applicazione delle sacrosante regole di bilancio. I media lo hanno definito "servo di Schäuble" e un "un tedesco con gli zoccoli".

Ma alcuni esperti sostengono che Dijsselbloem, di tanto in tanto, prende posizione contro i tedeschi . Ad esempio, a gennaio ha deciso di recarsi ad Atene subito dopo la vittoria elettorale del partito di sinistra radicale Syriza, benché Schäuble fosse in disaccordo.

Picchio

Dijsselbloem è il volto dell'Eurogruppo, ma il grosso del suo lavoro si svolge dietro le quinte, in incontri privati ​​e nelle telefonate con i colleghi e i leader politici. Egli fa molto affidamento sul suo staff a Bruxelles, ovvero il gruppo di lavoro europeo guidato dall’austriaco Thomas Wieser, e un piccolo gruppo di alti funzionari del suo stesso dipartimento ministeriale.

Secondo Thomas Wieser, Dijsselbloem è una persona sempre pacata, a prescindere dalle rogne che i ministri dell'Eurogruppo possano dargli. “Anche quando è nell’occhio del ciclone, rimane calmo", sostiene un alto funzionario. "Non ho mai visto Jeroen arrabbiarsi. La sua pazienza è illimitata. È come un picchio che becca instancabilmente sul tronco di una quercia. È questo il metodo di Dijsselbloem. Se all’orizzonte non si delinea ancora una soluzione, dopo il quinto tentativo, ci riprova".

A Bruxelles gli esperti sostengono che, grazie alla sua conoscenza approfondita delle cose e al suo talento per il pensiero creativo, si è guadagnato il rispetto di molte delle sue controparti nell'Eurogruppo. E sono proprio queste qualità, a detta sua, che lo aiutano a superare la sua insicurezza: "Anche alla Camera dei rappresentanti ero così. Voglio sempre avere la situazione sotto controllo e conoscere bene tutto, altrimenti non mi sento sicuro di partecipare a una riunione. Se qualcuno fa una proposta e io non so di cosa si sta parlando? È questo il mio timore”.

Rinomina

Quando Dijsselbloem si è intrattenuto al telefono con Alexis Tsipras il 25 aprile, al rientro da una riunione dell'Eurogruppo a Riga, ha espresso la necessità di un cambio di rotta. Il progresso è troppo lento. I negoziati con i ministri greci e i funzionari di governo non sono né strutturati, né coordinati ma alquanto frammentati. E insiste affinché Tsipras riprenda la situazione in mano.

Dopo due settimane, all’indomani del vertice successivo dell'Eurogruppo a Bruxelles, Dijsselbloem annuncia durante la conferenza stampa che per la prima volta dopo mesi sono stati compiuti passi avanti. Quella che sembrava un'impresa senza speranza a Riga, ovvero il raggiungimento di un accordo con la Grecia prima del primo luglio per salvare il Paese dalla bancarotta, ora sembra un esito possibile. "Ci sono ancora notevoli differenze da appianare ma le trattative ora procedono in modo più efficiente e costruttivo", ha aggiunto.

Nel frattempo, il primo mandato di Dijsselbloem volge al termine. La lobby si è messa in moto per la sua rinomina. La sua potenziale candidatura è stata sollevata a più riprese nel corso delle ultime settimane, sebbene in modo velato, a margine delle sue visite a Parigi, Berlino e Roma. Le possibilità che venga riconfermato crescono. A Bruxelles corre voce che il supporto che Angela Merkel ha espresso nei confronti del ministro spagnolo De Guindos non implica affatto che Dijsselbloem non possa essere riconfermato.

"Non è una novità che la Merkel abbandoni le persone sul più bello, proprio quando ce n’è bisogno", spiega Peter Spiegel. "Nulla è definitivo", sostiene Markus Ferber, capogruppo della CSU tedesca (destra) al parlamento europeo e vicepresidente della potente commissione per gli affari economici e monetari, che aggiunge: "A novembre in Spagna ci saranno le elezioni. Ciò rende il futuro politico di De Guindos alquanto incerto ". Inoltre, c'è una buona probabilità che i potenti tedeschi non desiderino esperimenti in tempi difficili. A quel punto la scelta ricadrebbe rapidamente su Jeroen Dijsselbloem.

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