La rocca di Gibilterra vista da Ceuta

Madrid contro i benzinai dello Stretto

L'inquinamento causato dal rifornimento delle navi praticato dall'enclave britannica sta strangolando la baia spagnola di Algeciras. Ma la Rocca non ha alcuna intenzione di rinunciare a questa lucrosa attività.

Pubblicato il 11 Maggio 2011 alle 16:03
Pedro Redondo  | La rocca di Gibilterra vista da Ceuta

A Punta Europa, l'estremità meridionale di Gibilterra, il vento dello stretto porta un odore di uova marce. Aleggia tra le navi ancorate nella baia di Algeciras, collegate tra loro da grossi tubi. "Questo odore è il gas che si libera quando le barche utilizzate per il rifornimento travasano il carburante nella cisterna delle navi; è sgradevole, ma dicono che non è dannoso", racconta un abitante della Rocca.

La baia di Algeciras è una bomba ambientale: una raffineria, un'industria chimica, una centrale termica e una base britannica per sottomarini. È il luogo con il più alto rischio di sversamento di idrocarburi d'Europa e il quarto centro mondiale per quanto riguarda il bunkering (il travaso di carburante da una nave all'altra). Più di 106mila imbarcazioni – di cui cinquemila petroliere, il 10 per cento del traffico mondiale – attraversano ogni anno lo stretto di Gibilterra. "È una silenziosa marea nera di versamenti continui", afferma Patricia Navarro, ispettrice ambientale di Cadice.

Il volume degli idrocarburi che in passato sono finiti nelle acque della baia a seguito di incidenti è enorme, ma probabilmente il danno più grave è causato dalle perdite dovute al bunkering. "Gibilterra si comporta con assoluta irresponsabilità. Qui il principio del 'chi inquina paga' non funziona", accusa Navarro. È come se la Rocca gridasse ai quattro venti: "Venite e controllate. Vendiamo carburante nautico a prezzi inferiori del 20 percento e lo passiamo direttamente da nave a nave. Questa è Gibilterra, la grande pompa di benzina tra l'Atlantico e il Mediterraneo".

Navi in fila per rifornirsi

L'attrazione di Gibilterra è irresistibile. Se dieci anni fa il volume del carburante travasato nella baia non arrivava al milione di tonnellate, alla fine del 2009 la cifra si era più che quintuplicata. Secondo le stime di Greenpeace i due terzi del greggio vengono travasati nelle acque di Gibilterra e il resto in acque spagnole. Ogni giorno attraccano decine di imbarcazioni capaci di contenere fino a 300mila tonnellate di combustibile. Un'occhiata a localizatodo.com è sufficiente a rendersi conto che la baia di Algeciras si è ormai trasformata in un rifugio per il gigantesco ammasso di navi che sfilano per lo stretto.

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Sullo schermo appaiono regolarmente navi isolate che si avvicinano lentamente da est lungo la costa. Sono in fila davanti alle pompe di benzina galleggianti, e nell'attesa vagano tra le acque spagnole e quelle di Gibilterra (da questo lato della Rocca la colonia ha giurisdizione su tre miglia), invocando quello che in gergo marino si chiama "passaggio innocente", il diritto di attraversare acque territoriali di altri paesi se si naviga in modo rapido e ininterrotto e senza arrecare danno allo stato costiero.

Visti gli effetti del bunkering è difficile sostenere che queste navi non costituiscano un potenziale pericolo per le località di Algeciras, La Línea e San Roque, già martoriate dall'inquinamento industriale. Tuttavia, come segnala Juan Cisneros, procuratore generale di Algeciras, ogni volta che una pattuglia della Guardia Civil si avvicina alle navi che praticano il passaggio innocente arriva un'imbarcazione britannica a tagliarle la strada. Cisneros sostiene che secondo il trattato di Utrecht Gibilterra non ha acque territoriali, ma si comporta come se le avesse e le autorità spagnole glielo consentano all'atto pratico.

"Il grande problema dell'inquinamento nella baia si chiama Gibilterra […], perché in territorio spagnolo esercitiamo un controllo maggiore. Loro non applicano restrizioni alle navi che non rispettano la normativa europea per lo stesso motivo per cui non limitano il riciclaggio di denaro: perché è il loro business". Cisneros sostiene che sarebbe meglio trattare direttamente con il Regno Unito, "così almeno si potrebbe dialogare in una cornice comunitaria".

Mire espansionistiche

La risposta del primo ministro di Gibilterra Peter Caruana si riassume nell'idea che il bunkering presenti un rischio d'incidente più elevato rispetto al rifornimento tradizionale, ma che la Rocca "rispetta alla lettera le normative" internazionali e dell'Ue. Secondo il primo ministro le lamentele spagnole sono un pretesto per mettere in discussione la sovranità del territorio. In realtà l'Ue non ha vietato il bunkering, anche se impone rigide norme di sicurezza. È su questo punto e sulla mancanza di collaborazione giuridica che le autorità di Gibilterra si scontrano con quelle spagnole.

Le autorità di Gibilterra hanno intenzione di attrezzare una nuova area a est della Rocca per incrementare il commercio di carburante. Il fatto che la zona faccia parte del Parco naturale dello stretto e che vi abitino specie protette non sembra rappresentare un ostacolo. "Vogliono aumentare la loro capacità di rifornimento fino a portarla a 400mila tonnellate, e pretendono di costruire una nuova diga e imitare la tecnica olandese del polder per togliere spazio al mare", spiega Antonio Muñoz Secilla, sostenitore dell'associazione Verdemar. L'associazione ambientalista considera l'iniziativa come parte di un'espansione in termini di spazio, barche e affari, che consoliderebbe il dominio sulle acque che si attribuisce e che la Spagna non le riconosce.

In assenza di collaborazione ambientale tra le autorità di Gibilterra e quelle spagnole, le organizzazioni ambientaliste Agaden ed Ecologistas en Acción-Verdemar hanno stretto legami con i loro compagni d'oltreconfine. Gli ambientalisti di entrambi i paesi si rammaricano del fatto che ai due lati della frontiera gli interessi economici e politici prevalgano sempre sui problemi della gente comune. (traduzione di Andrea Sparacino)

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