Prospettive incerte. Un soldato francese in Afghanistan (Afp)

Un nuovo capo per un'alleanza traballante

Il primo agosto l'ex primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen, appena nominato ufficialmente nuovo segretario generale della Nato, ha dichiarato che la guerra in Afghanistan sarà la sua "principale priorità". I quotidiani europei si chiedono però qual è il futuro dell'alleanza atlantica, divisa dalle polemiche interne sin dalla guerra in Iraq e oggi impegnata in Afghanistan in una guerra di cui non si vede la fine.

Pubblicato il 3 Agosto 2009 alle 16:14
Prospettive incerte. Un soldato francese in Afghanistan (Afp)

La guerra in Afghanistan sarà la "principale priorità" del nuovo segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. Parlando a Copenaghen al quotidiano Politiken, alla vigilia della sua nomina a capo dell'alleanza atlantica, l'ex primo ministro danese ha riconosciuto che il livello di sicurezza in alcune parti dell'Afghanistan non è "affatto soddisfacente" e ha detto che intende "dividere i gruppi ribelli, negoziando accordi di pace con alcuni gruppi ben precisi, vicini ai taliban".

Sensazioni simili a quelle espresse di recente dal ministro degli esteri britannico David Millband, che senza dubbio saranno accolte con favore da quei settori della stampa britannica che hanno reagito con costernazione alla relazione della commissione per gli affari esteri della Camera dei Comuni. Dopo un mese che ha visto cadere in Afghanistan ventidue vittime britanniche, il documento (intitolato "Sicurezza globale: Afghanistan e Pakistan", ripreso dall'Observer) sostiene che l'esercito britannico si trova impegnato in "una missione dagli obiettivi indefiniti, compromessa da una pianificazione surreale e dalla mancanza di risorse". Osservazioni che hanno portato il brigadiere Allan Mallinson a tuonare sul Daily Telegraph che la Gran Bretagna è "abituata alla pace" e deve "rafforzarsi" perché si trova "in guerra, senza essere adeguatamente finanziata".

Ma a quali condizioni questa guerra va combattuta? Salutando la nomina di Rasmussen, il quotidiano belga De Standaard osserva ironicamente che il nuovo segretario generale dovrebbe beneficiare di "un clima più positivo rispetto a quello di cui ha goduto il suo predecessore, visto come l'elezione di Barack Obama schiarito i cieli dell'alleanza atlantica". Il quotidiano belga è infatti rassicurato dalla dichiarazione congiunta Strasburgo-Kehl di aprile, in cui i paesi membri della Nato hanno concordato degli obiettivi comuni in risposta alla "guerra non convenzionale".

Mentre secondo De Standaard l'alleanza guadagna stabilità rispetto al passato, Ilana Bet El sul Guardian non sembra condividere quest'ottimismo. Porgendo a Rasmussen un "cauto benvenuto", Bet El guarda al recente passato dell'alleanza. Secondo Bet El la maggior parte degli stati europei pensa che la Nato sia "un progetto morente controllato dagli Stati Uniti con l'appoggio del Regno Unito, e per questo non gli importava molto di chi l'avesse guidata". Il problema di Rasmussen sarebbero quindi i danni subiti dalla Nato a causa del "rigetto verso gli Usa che è seguito agli attentati dell'11 settembre". Profondamente divisi riguardo l'invasione dell'Iraq nel 2003, gli stati membri della Nato non sono riusciti a marciare insieme nemmeno riguardo i destini delle operazioni in Afghanistan. Oggi "su entrambe le sponde dell'Atlantico sono chiari i tentativi di lasciar perdere il passato, ma resta una generale diffidenza tra i membri della Nato, che sono per lo più paesi dotati di un'industria bellica e di strutture di comando e di controllo del tutto insufficienti per portare avanti una guerra moderna".

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Altri hanno sollevato alcuni dubbi a proposito delle credenziali di Rasmussen: lo stesso De Standaard allude all'euroscetticismo della Danimarca e al suo frequente disimpegno dai trattati europei, domandandosi se il cambio al vertice della Nato dovrebbe o no far ben sperare per gli interessi europei. In Germania, la Frankfurter Rundschau si interroga sull'impatto della sua nomina nel mondo musulmano, ricordando ai suoi lettori che Rasmussen, al culmine delle polemiche sulle caricature del profeta Maometto pubblicate su un giornale danese, si rifiutò di incontrare gli ambasciatori di undici nazioni musulmana, difendendo in modo assoluto la libertà di stampa. Un atteggiamento che, ricorda la Frankfurter Rundschau, portò al licenziamento degli ambasciatori danesi a Teheran e Damasco. Riconoscendo le doti di "flessibilità, pragmatismo e dimestichezza col potere" di Rasmussen, la Rundschau fa notare il tono del benvenuto arrivato al nuovo segretario generale dai taliban. Su un sito internet del movimento islamista si legge che oggi il capo dell'alleanza atlantica è "un grande nemico del profeta", e "questo non potrà che rafforzare la fede dei musulmani nella lotta contro la Nato". E quindi intensificare la guerra.

Infatti, il quadro in Afghanistan sembra sempre più fosco. Mentre il brigadiere Mallinson si chiede se "l'Occidente ha lo stomaco per la lotta", i risultati dell'inchiesta della Camera dei Comuni, ripresi dall'Observer, mostrano come sul campo il sostegno delle popolazioni alle truppe britanniche si sia ridotto, a causa delle troppe vittime civili causate dalle operazioni. Inoltre, "una polizia afgana debole e corrotta" sta spingendo di nuovo gli afgani tra le braccia dei taliban, in cerca di giustizia. Il nodo principale, tuttavia, sembra essere il fatto che "la minaccia strategica si è spostata in Pakistan", con Al Qaeda ora concentrata sui tentativi di accedere all'arsenale nucleare di Islamabad. Davanti a questo quadro e a tutti gli altri problemi che l'Alleanza deve affrontare, Ilana Bet-El è costretta a chiedersi se Rasmussen sia destinato a passare alla storia "come l'ultimo segretario generale della Nato".

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