Il Wochenmarkt di Amburgo.

Amburgo, la città della paura

La città portuale, la più colpita dai casi di E.coli, è in preda a una vera e propria psicosi. Nel timore del contagio, gli abitanti evitano i vegetali e commercianti e ristoratori cercano di adeguarsi come possono.

Pubblicato il 7 Giugno 2011 alle 15:38
bildarchiv-hamburg.de  | Il Wochenmarkt di Amburgo.

A poco a poco l'insalata sparisce dalla città. I ristoranti sostituiscono il verde contorno con una fetta di melone sul bordo del piatto. Ora nei sandwich e nei panini è il prezzemolo a dare l'indispensabile nota di colore. 'Non dobbiamo più prendere insalata', dice una rivenditrice. Anche i pomodori stanno sparendo. Sul classico Käsesemmel [panino con formaggio e pomodoro] adesso sono i peperoni rossi ad averne preso il posto. Fuori della città, i contadini riportano ai campi cassette piene di rucola e lattuga come scarti. Tornano dal mercato, dove non hanno venduto niente.

Da quando è scoppiata la psicosi Ehec, ad Amburgo infuria la guerra delle verdure. Il raccolto tedesco va difeso dai prodotti stranieri, sui banchi del mercato campeggiano i cartelli “prodotto del giorno” sopra insalate che nessuno vuole. Nel quartiere di Lohbrügge, per esempio, il mercato è animato come sempre, ma i dialoghi sembrano usciti da un film catastrofico. "Siamo ancora vivi“, dice a denti stretti la titolare di un bancone di verdura locale.

Tutta roba coltivata in proprio, nessuno si è ammalato e ovviamente nessuno è morto. Dovrebbe bastare come prova. Eppure i cetrioli rimangono pesanti come il piombo nelle loro cassette. La gente non li vuole neanche a prezzi stracciati: 40 centesimi l'uno, tre per un euro. “Siamo molto insicuri”, dice un'anziana cliente al bancone di fronte. “Se mi ammalo dirò a tutti che ho comprato qui”, informa minacciosa il venditore, poi si fa preparare una confezione di insalata d'aringhe.

È tutto sottosopra. La parola insalata suona come uno sparo. Improvvisamente mangiare sano è diventato poco salutare. Il mondo ha paura delle verdure tedesche, impone controlli alla frontiera, come gli Usa, o divieti, come la Russia; ma i tedeschi si sentono al sicuro dal batterio killer solo comprando la verdura locale. Su internet i gestori dei mercati tengono in vita una leggenda già superata. Nell'homepage del mercato ortofrutticolo di Amburgo si legge ancora: “siamo lieti di spiegarvi perché è possibile – anzi: consigliabile – comprare frutta e verdura fresca al mercato: il batterio dell'Escherichia coli è stato individuato nei cetrioli spagnoli”.

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Da qualche parte dovrà pure venire. Si respira un'aria da Fukushima: qualcosa che non puoi vedere, né sentire, né odorare. Qualcosa che in Germania ha colpito almeno 2.500 persone. È tra noi, per questo abbiamo paura. L'ex commissario degli archivi della Stasi Joachim Gauk ha già diagnosticato ai tedeschi una “vera e propria dipendenza dalla paura”.

Ma è davvero così strano essere spaventati? L'altro ieri c'era la diossina nei mangimi animali, ieri è esplosa una centrale nucleare e oggi si diffonde un batterio che gli scienziati non avevano mai visto prima. I prodotti alimentari viaggiano dappertutto, apparentemente senza lasciare traccia. E le persone, tutte potenziali vittime, non possono far altro che aggirare ostacoli invisibili. Tolgono l'insalata dai panini, mangiano la pizza senza pomodori, comprano le zucchine al posto dei cetrioli.

Area di crisi

Per essere una città nel panico, Amburgo ha vissuto un fine settimana magnifico. Migliaia di persone si sono riversate in centro in abiti estivi, affollando i caffè nelle strade, mangiando nei ristoranti. Nessuno indossava la mascherina o si è nascosto in casa per proteggersi dal batterio. La paura si rivela nei dettagli, ad esempio nelle bottigliette blu di disinfettante che adesso in ogni toilette pubblica hanno sostituito il sapone. O nelle code davanti agli ambulatori dove si dona il sangue: basta appena, e presto potrebbe servirne di più. Il sindaco Olaf Scholz si è appellato ai cittadini, ha chiesto di andare a donare. L'insufficienza renale è uno dei terribili effetti dell'infezione.

Amburgo è la città tedesca dove l'Ehec ha fatto più vittime. Gli ospedali sono pieni, l'ha dovuto ammettere anche Daniel Bahr. Domenica il giovane ministro della sanità è arrivato ad Amburgo, nella clinica universitaria di Eppendorf, per “farsi un'idea delle cure riservate ai pazienti”. Muoiono i soldati in Afghanistan e arriva il ministro della difesa. Deraglia un treno Ice e arriva il ministro dei trasporti. Scoppia un'epidemia e arriva il ministro della sanità. Dopo la visita di Bahr in qualche modo anche Amburgo è diventata ufficialmente un'area di crisi.

Ora è in gioco la reputazione della città. Il batterio ha l'immagine di un criminale. La scorsa settimana il capo della polizia ha proposto ai politici di impiegare le forze dell'ordine. Il ricercato è un nemico invisibile. (traduzione di Nicola Vincenzoni)

Dalla Polonia

Epidemia burocratica

"Com'è possibile che il paese più ricco dell'Unione europea non sia riuscito a prevenire tutto questo?", si chiede Gazeta Wyborcza a proposito dell'epidemia causata dal batterio E.coli, la cui origine rimane ancora sconosciuta. Beh, la risposta è semplice. Il rinnovato Istituto Robert Koch di Berlino (dipendente dal ministero della salute) è l'istituzione di riferimento in Germania per quanto riguarda le malattie infettive, ma la protezione della salute dei cittadini dipende ancora dai governi dei Länder. E così, anche se gli esperti dell'Istituto sono stati i primi ad accorgersi che il batterio letale si diffonde tramite i vegetali crudi, il verdetto finale sull'argomento era competenza esclusiva dell'Istituto federale per la valutazione del rischio, con base a Berlino e dipendente dal ministero dell'agricoltura. L'Istituto federale può contare su "laboratori equipaggiati all'avanguardia", ma non può raccogliere campioni di cibi sospetti perché questa è una prerogativa dei Länder. "I laboratori, le istituzioni, lo stato e i ministri federali lavorano ognuno per se. È passato un mese e ancora non c'è nessuno al timone", si rammarica Thomas Oppermann, membro del partito di opposizione Spd. A causa del caos istituzionale gli esperti dell'Istituto Koch hanno potuto recarsi ad Amburgo soltanto due settimane dopo l'esplosione dell'epidemia, ed è inutile sottolineare come in una situazione del genere il tempo giochi un ruolo fondamentale. "Molti scienziati tedeschi sostengono che individuare l'origine dell'epidemia è ormai impossibile", sottolinea il quotidiano di Varsavia.

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