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La centrale solare di Aïn Ben Mathar (Marocco).

Fukushima spinge Desertec

L'ondata di sfiducia nell'energia atomica che attraversa l'Europa favorisce i progetti di sviluppo delle fonti alternative, come l'enorme rete promossa in Nord Africa da un consorzio tedesco.

Pubblicato il 8 Giugno 2011 alle 15:08
ZDF Mediathek  | La centrale solare di Aïn Ben Mathar (Marocco).

Tra chi osserva con interesse le rivoluzioni arabe ci sono numerosi imprenditori e aziende tedesche. A partire dall’estate del 2009 molti di loro – gruppi finanziari come Deutsche Bank e industrie come E.on, Rwe o Siemens – hanno lanciato il consorzio Desertec per un progetto energetico particolarmente ambizioso: lo sfruttamento su grandissima scala dell’energia solare ed eolica nei deserti dell’Africa settentrionale per fornire ai paesi della regione, ma anche all’Europa, l’energia di cui avranno bisogno.

I numeri presentati in occasione del lancio dell’iniziativa sono enormi: si tratterebbe di coprire nel 2050 il fabbisogno di elettricità del vicino Oriente e del Nordafrica e assicurare almeno il 15 per cento di quello del vecchio continente. Il costo complessivo dell’investimento dovrebbe aggirarsi intorno ai 400 miliardi di euro, spalmati su quaranta anni.

Il consorzio Desertec Industrial Initiative (Dii), che ha sede a Monaco di Baviera ed è incaricato di creare entro la fine del 2012 le premesse tecniche, giuridiche ed economiche per concretizzare questo ambizioso piano, è tuttavia cauto e mette le mani avanti dicendo che secondo i suoi responsabili non si tratta di un grande progetto “da 400 miliardi”, ma di collegare tra loro numerosi progetti locali – una trentina circa. Per costruire una prima centrale solare da 500 megawatt è stato scelto il Marocco.

Dallo scoppio della rivoluzione tunisina una domanda continua a echeggiare: il Desertec, messo a punto all’epoca dei regimi dittatoriali di Tunisia ed Egitto, sarà rimesso in discussione dopo la primavera araba? Secondo Van Sol, l’olandese che dirige Dii, no. Il 4 marzo ha rilasciato una dichiarazione che il suo team presenta in ogni occasione come riferimento. Certo, i “cambiamenti politici in corso rischiano di comportare ritardi nella pianificazione delle prime installazioni”, ma non minacciano Desertec.

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Anzi: “La missione del Dii – la valorizzazione a lungo termine delle energie rinnovabili per le popolazioni locali ed esportabili verso l’Europa – non perderà di significato e resterà importante in qualsiasi scenario”, afferma Van Sol. “Fino al 2050 la popolazione nordafricana aumenterà considerevolmente e porterà con sé un aumento del fabbisogno energetico, mentre il lavoro e le prospettive economiche per le popolazioni giovani diverranno urgenti. Desertec significa anche sviluppo di nuove industrie in Africa settentrionale e in Medio Oriente, creazione di nuovi posti di lavoro, trasferimento delle tecnologie e del know-how”.

Fiducia nella primavera

Un segno incoraggiante per il consorzio è l’approvazione, data a metà aprile da quattro ministri tunisini, per il lancio di uno studio di fattibilità per grandi progetti sull’energia solare ed eolica. Desertec ha inoltre aperto un ufficio a Tunisi, diretto da un ex responsabile della Siemens. Altro segnale positivo è la fiducia che gli europei ripongono nel processo in corso in Egitto, al punto di aver deciso di organizzare al Cairo la grande conferenza annuale di Desertec prevista a novembre.

Senza che lo si affermi esplicitamente, due avvenimenti di rilievo non possono che confortare Desertec: l’appoggio finanziario che a Deauville il 26 e 27 maggio scorsi il G8 ha deciso di accordare ai paesi in via di democratizzazione, e l’addio al nucleare deciso dalla Germania, che non può che rafforzare il bisogno di ricorrere a energie rinnovabili. Piuttosto sgradito ai francesi, a eccezione di Saint-Gobain che appartiene al gruppo dei fondatori, Desertec piace invece moltissimo in Germania, a dimostrazione di quanto questo paese stia per distaccare gli altri paesi nel campo delle energie pulite.

Non è frequente vedere i verdi e Greenpeace appoggiare un progetto nel quale gruppi energetici come E.on e Rwe rivestono un ruolo importante. Il fatto poi che il commissario europeo per l’energia sia un tedesco, Günther Oettinger, gioca senz’altro anch’esso a favore del progetto. (traduzione di Anna Bissanti)

Spagna

L’eolico ha il vento in poppa

"Il paese europeo che sfrutta meglio il vento? Non è più la Germania, sorpassata a sorpresa dalla Spagna", afferma La Stampa. Madrid ricava attualmente il 21 percento della sua elettricità dagli impianti eolici, a fronte di un 19 percento fornito dalle centrali nucleari. Inoltre, aggiunge il quotidiano torinese, "le fonti rinnovabili, nel loro insieme, rappresentano la seconda fonte di elettricità del Paese, con una quota record del 32,2 percento". I 19mila parchi eolici forniscono energia a quai 13 milioni di famiglie, racconta al giornale il presidente dell'Asociación empresarial eolica, secondo il quale nel 2010 la Spagna ha esportato elettricità in Francia e può vantare un costo per Kw/ora tra i più bassi d'Europa, 38 euro contro i 47,5 della Francia. Le sovvenzioni pubbliche sono uno degli elementi chiave della diffusione dell'eolico, ma come ricorda La Stampa sono ancora inferiori a quelle stanziate da Berlino (77 euro contro 92 euro per MW/h nel 2010).

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